ESAME AVVOCATO – Tracce e soluzioni parere civile
TRACCIA 1
tizio coniugato con due figli è deceduto ab intestato il 12.1.2015 lasciando un patrimonio costituito esclusivamente da un appartamento del valore di 90milaeuro situato in una località di montagna in cui con la famiglia era solito trascorrere vacanze estive.
poco prima di morire tizio aveva effettuato due valide donazioni in denaro, la prima di250mila euro in favore del figlio caio in data 5.1.2015 (con dispensa dalla collazione), la seconda di 60milaeuro in favore dell’amico sempronio in data 10.1.2015.
l’altro figlio medio, subito dopo l’apertura della successione si è trasferito nel predetto appartamento avendo trovato lavoro nelle vicinanze, in data 10.3.2015 si reca da un legale per un consulto ritenendo che i propri diritti siano stati lesi dalle donazioni di cui sopra.
assunte le vesti del legale di medio, il candidato illustri le questioni sottese al caso in esame ed individui le iniziative da assumere e gli strumenti di tutela esperibili.
TRACCIA 2
Tizio di professione commercialista viene contattato da un agente assicurativo della compagnia Alfa che gli propone di stipulare una polizza assicurativa x la responsabilità professionale contenente fra l’altro la clausola di copertura di tutte le richieste di risarcimento dei danni presentate x la prima volta all’assicurato nel periodo di assicurazione anche x fatti anteriori alla stipula. In epoca successiva alla stipula del contratto, Tizio riceve da Caio una domanda giudiziale di risarcimento dei danni derivanti da un presunto illecito professionale risalente ad epoca anteriore alla stipula stessa.
Tizio si costituisce in giudizio e, dopo aver contestato la fondatezza dell’avversa pretesa, chiede ed ottiene l’autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia Alfa. Il giudice di primo grado, ritenuta la sussistenza dell’illecito professionale, condanna Tizio al risarcimento del relativo danno e respinge la domanda di garanzia spiegata nei confronti di Alfa, affermando la nullità della clausola sopra richiamata in quanto contrastante con il principio generale secondo cui l’alea coperta dalla garanzia deve riguardare un evento futuro e incerto.
Tizio si reca dunque da un legale e, dopo aver esposto i fatti come sopra detti, precisa che al momento della stipula del contratto di assicurazione non era a conoscenza nè del presunto illecito contestatogli e dei relativi effetti dannosi, nè dell’intenzione del danneggiato di richiederne il risarcimento.
Il candidato, assunte le vesti di Tizio, rediga parere motivato nel quale, premessi brevi cenni sulle caratteristiche dei contratti aleatori, illustri le questioni sottese al caso in esame.
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Nel caso di specie occorre valutare la validità e l’efficacia della clausola “claims made”, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, in virtù della quale la Compagnia Alfa è obbligata a tenere indenne il commercialista Tizio dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula purché la richiesta di risarcimento del danno pervenga nel periodo di vigenza del contratto.
In particolare, successivamente alla conclusione del patto c.d. “a richiesta fatta”, Tizio ha ricevuto da Caio domanda giudiziale di risarcimento dei danni derivanti da un presunto illecito professionale risalente a un periodo anteriore alla stipula del contratto di assicurazione professionale. Tuttavia, chiamata in causa la Compagnia Alfa, il Tribunale ha respinto la domanda di garanzia spiegata nei confronti di quest’ultima, condannando al risarcimento dei danni il solo Tizio. Quest’ultimo intende considerare la possibilità di proporre appello avverso alla sentenza di primo grado.
In primo luogo, è opportuno sottolineare che il contratto stipulato da Tizio con l’Assicurazione Alfa rientra nel novero dei c.d. contratti aleatori, i quali si distinguono dai contratti commutativi che sono caratterizzati da certezza in ordine all’an e al quantum delle prestazioni o delle attribuzioni patrimoniali. Nei contratti commutativi sussiste soltanto l’alea c.d. normale del contratto, cioè la possibilità che una delle parti ottenga dall’esecuzione del contratto stesso un vantaggio economico superiore a quello dell’altra. Al contrario, nei contratti aleatori “in senso giuridico” è connaturale alla causa l’incertezza in ordine all’an e/o al quantum delle prestazioni (solitamente della prestazione di una sola delle parti contrattuali).
Nell’ambito dei contratti aleatori, occorre distinguere contratti intrinsecamente aleatori e contratti aleatori per volontà delle parti. Tra i primi possiamo annoverare l’assicurazione, la rendita vitalizia e il contratto di scommessa legalmente autorizzata, nonché la figura atipica del c.d. contratto di mantenimento (o vitalizio assistenziale), che la giurisprudenza distingue dal contratto tipico di rendita vitalizia sotto il profilo del contenuto complesso e infungibile delle prestazioni a carico dell’alienatario. I contratti aleatori per volontà delle parti sono, invece, quei contratti che, pur intrinsecamente commutativi, le parti decidono di rendere volontariamente aleatori, esercitando l’autonomia negoziale dell’art. 1322 cod. civ. Anche a questo proposito si conoscono figure tipiche, come ad esempio la vendita di cosa futura con riferimento alla c.d. emptio spei (art. 1472, comma 2, cod. civ.) e figure atipiche, come, ad esempio, l’appalto che le parti decidano di rendere aleatorio mediante la deroga all’art. 1664 cod. civ.
Il Codice Civile fa riferimento alla categoria dei contratti aleatori allo scopo di escludere l’applicabilità ad essi di taluni istituti propri dei contratti commutativi: si pensi agli artt. 1448, co. 4 e 1469, co. 1, vale a dire ai rimedi della rescissione per lesione e della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Non sono pertanto utilizzabili i rimedi attinenti ai vizi genetici o funzionali di una causa che, soltanto in quanto contrassegnata dalla commutatività, deve essere salvaguardata nell’aspetto relativo al tendeziale equilibrio economico delle prestazioni (c.d. principio dell’equivalenza delle prestazioni).
Premesso siffatto quadro normativo, occorre osservare che Tizio ha stipulato una clausola “claims made” con l’Assicurazione Alfa. Si tratta di un patto che subordina la copertura assicurativa al fatto che, come accaduto nel caso di specie, la domanda di risarcimento sia avvenuta nel periodo di vigenza del contratto. Non rileva, dunque, il momento in cui Tizio ha commesso il presunto illecito professionale, bensì quello della richiesta di risarcimento (c.d. claim).
In altri termini, le clausole “claims made” determinano uno spostamento del rischio dall’evento di danno alla richiesta risarcitoria, garantendo l’assicurato per eventuali fatti dannosi verificatisi prima della conclusione del contratto. Esse derogano alla disciplina codicistica in tema di contratto di assicurazione, posto che l’art. 1917, co. 1, cod. civ. dispone che nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore deve “tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto”. Tale norma, tuttavia – ai sensi dell’art. 1932 cod. civ. – non può essere derogata “se non in senso più favorevole all’assicurato”.
Come osservato dalla giurisprudenza di legittimità, siffatte clausole sono da ritenersi valide, posto che l’elemento del rischio – la cui inesistenza determinerebbe la nullità del contratto di assicurazione ex art. 1895 cod. civ. – non è posto in discussione. Invero, nei contratti a regime “claims made” il rischio esiste, sebbene si atteggi in modo diverso rispetto al tradizionale contratto di assicurazione. Infatti, “l’alea non concerne i comportamenti nella loro materialità, ma la consapevolezza da parte dell’assicurato del loro carattere colposo e della loro idoneità ad arrecare danno a terzi e nel fatto che non qualunque comportamento colposo induce il danneggiato a proporre domanda di risarcimento dei danni” (Cass., sez. Sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3622). Pertanto, nell’ipotesi in cui la domanda avvenga in corso di contratto e sia riferita a comportamenti anteriori alla stipulazione, “la clausola “claims made” è favorevole per l’assicurato, sicché non viene in considerazione il divieto di deroghe alla disciplina ordinaria di cui all’art. 1932 c.c.” (ibidem).
Ancor più recentemente la Suprema Corte ha ribadito che il patto c.d. a richiesta fatta “costituisce un contratto atipico, generalmente lecito ex art. 1322 cod. civ.” (Cass., sez. III, 13 febbraio 2015, n. 2872), in quanto l’art. 1932 c.c. consente di derogare all’art. 1917 cod. civ. (che non ha natura imperativa, bensì dispositiva) in senso più favorevole all’assicurato. Pertanto, siffatta clausola “inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile è valida ed efficace” (ibidem), essendo invece demandato al giudice di merito il compito di valutare la sua eventuale vessatorietà (questione che, tuttavia, non viene in rilievo nell’ipotesi in esame).
Applicando i predetti principi al caso di specie, deve ritenersi errata la decisione del giudice di prime cure, il quale ha condannato Tizio al risarcimento dei danni in favore di Caio, respingendo la domanda di garanzia spiegata dal primo nei confronti di Alfa. Infatti, alla luce di quanto sopra esposto e dell’interpretazione accolta dalla giurisprudenza di legittimità, infondatamente il Tribunale ha affermato la nullità del patto claims made perché contrastante con il principio secondo cui l’alea coperta dalla garanzia deve riguardare un evento futuro e incerto. In verità, si è dimostrato che la predetta clausola non può ritenersi nulla, posto che essa addirittura determina il rischio assicurativo e lo riferisce a tutte le richieste risarcitorie presentate per la prima volta all’assicurato nel periodo di assicurazione, anche per fatti anteriori alla stipula. Dunque, il contratto rimane aleatorio e la clausola è pienamente valida ed efficace.
Da ultimo, vale la pena di sottolineare che Tizio ha precisato di non essere a conoscenza – al momento della stipula del contratto assicurativo – del presunto illecito contestato e dei relativi effetti dannosi, né tanto meno dell’intenzione del danneggiato di richiedere il risarcimento dei danni. Si tratta di circostanze irrilevanti ai fini della nullità del contratto assicurativo e, al più, rilevanti ai sensi dell’art. 1892; in base a quest’ultima norma, le eventuali dichiarazioni inesatte o le reticenze del contraente non sono causa di nullità del contratto, bensì rilevano ai fini della sua annullabilità “quando si verifichino cumulativamente tre condizioni: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave; c) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore” (Cass., Sez. III, 22 marzo 2013, n. 7273). Ad ogni modo, l’annullamento del contratto ex art. 1892 non sarebbe invocabile d’ufficio, ma soltanto su espressa domanda della Compagnia assicuratrice. Siffatta richiesta nel caso di specie non risulta essere stata avanzata.
In conclusione, quale legale di Tizio, si suggerisce di proporre appello avverso la sentenza del Tribunale, domandandone l’integrale riforma e, nell’ipotesi in cui il Collegio reputi sussistente il presunto illecito professionale contestato da Caio, chiedendo l’accoglimento della domanda di garanzia spiegata nei confronti di Alfa, poiché il contratto assicurativo con quest’ultima stipulato risulta pienamente valido ed efficace, posto che non rileva il momento in cui Tizio ha commesso il presunto illecito professionale, bensì quello di richiesta risarcitoria, che risulta avanzata nel periodo di vigenza del contratto.