ESAME AVVOCATO 2012 SOLUZIONE TRACCIA N 2 DIRITTO PENALE

La condotta di Tizio può assumere rilevanza alla stregua delle fattispecie criminose volte a reprimere la cd. pornografia minorile.
Le fattispecie in astratto applicabili sembrano dunque essere quelle degli artt. 600 ter, terzo e quarto comma, e 600 quater, salvo verificare, in primo luogo, se effettivamente la condotta di Tizio sia tale da integrare gli elementi costitutivi di entrambe e, in secondo luogo, determinarne i reciproci rapporti: sin d’ora si deve infatti accennare al fatto che la seconda fattispecie ha natura residuale, in relazione alla clausola di riserva “determinata” in essa contenuta.
Quanto all’applicabilità dell’art. 600 ter, [di cui il candidato discuterà brevemente gli elementi costitutivi evidenziandone anche la natura di reato di pericolo concreto], è da rilevare che sembra possibile escludere una contestazione delle ipotesi più gravi: quelle di produzione ecc. perché non si hanno motivi per ritenere tizio coinvolto in esse, nonché soprattutto quella, più direttamente rilevante nel caso di specie, del terzo comma: ciò perché le condotte ivi descritte sono soltanto quelle poste in essere in favore di una pluralità indeterminata di persone, evocando una situazione di “diffusione tra il pubblico” che sembra smentita dalle caratteristiche del fatto esposto, che menziona un rapporto bilaterale tra soggetti che comunicano via mail: non risulta, ad esempio, che tale rapporto sia stato mediato dal funzionamento di strumenti automatici di diffusione quali il file sharing, che sicuramente avrebbe invece dotato la condotta di una potenzialità diffusiva rilevante alla stregua del comma terzo (in tal senso, sul file sharing, Cass. III, n. 44065/2011).
D’altra parte, questa interpretazione della lettera della disposizione del comma terzo è confermata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che con sent. 13/2000, Bove, hanno precisato che la fattispecie in questione ricorre soltanto quando la condotta incriminata sia posta in essere nell’ambito di una struttura che, pur rudimentale, sia finalizzata ed idonea alla diffusione del prodotto su vasta scala (impostazione ribadita da Cass. III, n. 11997/2011). Tale non potrebbe intendersi la mera creazione di una cartella sul programma del computer, né lo scambio di materiali nel contesto di un rapporto individuale tra due soggetti, sia pure eventualmente ripetuto nel tempo ma sempre in assenza di destinazione ad una pluralità indeterminata di soggetti [il candidato spenderà qualche rilievo su questo aspetto].
Esclusa l’applicabilità della fattispecie più grave, la condotta di Tizio sembra pur sempre da ricondurre, tuttavia, a quella dell’art. 600 ter, quarto comma, che punisce il fatto di chi offre o cede al altri il materiale pornografico, anche a titolo gratuito (così pure la sentenza da ultimo ricordata).
Sembra comunque da escludere l’ipotesi aggravata di cui all’ultimo comma dell’art. 600 ter, dato che dalla traccia risulta che sono state scambiate numerose immagini ma non si hanno dati per ritenere che si tratti di ingente quantità [qui il candidato si soffermerà sul concetto di “ingente” quantità , sottolineandone la natura di aggravante indefinita soggetta ad interpretazione stretta e comunque non riferibile alla mera numerosità delle immagini oggetto delle condotte di scambio].
Qualora si ritenga applicabile l’art. 600 ter, sembra potersi escludere l’applicazione dell’art. 600 quater, per effetto della relativa clausola di riserva.
Si potrebbe tuttavia temere una contestazione di entrambi i reati, se la condotta di cessione abbia ad oggetto solo una parte delle immagini, cosicché quelle detenute ma non cedute sarebbero oggetto di una detenzione autonomamente rilevante (ed aggravata, trattandosi di numerosissime immagini). Su questa base, la pluralità di contestazioni potrebbe aggirare la clausola di riserva, che sarebbe riferibile solo a condotte aventi un identico oggetto. In realtà questo timore è del tutto infondato, perché la norma, riferendosi al “materiale pornografico” come oggetto della condotta, rende irrilevanti le singole immagini quali oggetto di detenzione (tutte assieme sono materiale pornografico)e dunque la circostanza che alcune soltanto siano oggetto di cessione (essendo ceduto comunque materiale pornografico). in tal senso ben si può sostenere che la detenzione è antefatto non punibile della cessione in quanto tale sua natura è segnalata proprio dalla clausola di riserva.
Tuttavia, per mero tuziorismo si può provare ad argomentare anche in diverso modo. L’applicazione di entrambe le fattispecie potrebbe essere comunque esclusa in base ai principi dell’antefatto/postfatto non punibile o della progressione criminosa. Si tratta di categorie invero controverse, e tanto problematiche che parte autorevole della dottrina sottolinea ch’esse mancano di fondamento positivo. Il c.d. antefatto e il cd. postfatto non punibili si riferirebbero a quei reati che costituiscono, rispettivamente, la normale premessa o il normale sbocco di altri reati perché costituiscono normalmente il mezzo per commettere un reato più grave o lo scopo per il quale fu commesso un primo più grave reato (es., chi concorre nella falsificazione non è punibile per l’uso di atto falso). Su questa base, si potrebbe sostenere innanzi tutto che la detenzione costituisce antefatto non punibile del successivo scambio: rispetto alle condotte di diffusione, in altri termini, la mera detenzione – pur penalmente rilevante come titolo autonomo, in astratto – finisce con il rappresentare la condizione prodromica dell’approfondimento dell’offesa, rappresentato dalla cessione anche gratuita; dunque non è punibile. Tuttavia, a questa conclusione osterebbe, per un verso, il fatto che la detenzione è più grave dello scambio, per irragionevole che ciò possa apparire, data l’indeterminatezza del massimo edittale della pena pecuniaria; per altro verso, il fatto che rispetto alle immagini detenute e non scambiate verrebbe meno lo stesso reato di scambio, e dunque verrebbe meno la possibilità di parlare di antefatto non punibile.
Il concorso fra i reati va comunque escluso anche laddove si ritenga che la fattispecie dell’art. 609 quater sia più grave. Infatti, sarebbe la cessione, in tal caso, a costituire postfatto non punibile. Si potrebbe cioè sostenere che lo scambio costituisce postfatto non punibile della condotta di detenzione, se questa sia per l’appunto considerata più grave. Ma non sarebbe una strategia fondata né, soprattutto, opportuna. Per un verso, infatti, è difficile affermare che si tratti di postfatto perché lo scambio non è la “ordinaria” prosecuzione di una detenzione, che potrebbe infatti restare limitata alla sfera personale di colui che detiene le immagini. Per altro verso, la detenzione sarebbe punibile con pena più grave, sia pure limitatamente alla pena pecuniaria. Ed inoltre, la quantità di immagini detenute anche se non cedute sembra ingente, con la conseguente applicabilità dell’aggravante. Né questa potrebbe essere esclusa allegando l’inutilizzabilità della prova per violazione delle regole sull’agente provocatore, perché la nuova formulazione dell’articolo 9, l. 146/2006 opera un richiamo generale al complesso delle fattispecie del titolo XII capo III sez. I del codice, diversamente dalla disciplina precedente della l. 269/1998 che escludeva la detenzione dalla sottoposizione ad attività di agenti di copertura. E comunque, se anche l’agente provocatore non è legittimamente utilizzato rispetto al reato di mera detenzione, tuttavia la giurisprudenza è pacifica nel ritenere giustificato il sequestro probatorio disposto in relazione ad indagini concernenti anche la fattispecie del 600 ter, e utilizzabili come prova le relative risultanze, anche in presenza di atti di indagine illegittimi (Cass. III 45571/2010).
Potrebbe essere tuttavia utile, allo stesso fine di escludere l’applicazione congiunta delle fattispecie (e la sola fattispecie di scambio), la contigua ma diversa categoria della progressione criminosa, perché lo scambio costituisce pur sempre un approfondimento dell’offesa, rispetto alla mera detenzione e soprattutto anche alla mera detenzione delle immagini non scambiate. Com’è noto, per progressione criminosa infatti si intendono quelle ipotesi nelle quali si ha un passaggio contestuale da un reato meno grave ad uno più grave, per effetto di risoluzioni successive. Tale fenomeno, secondo parte della dottrina, ha in comune col concorso apparente di norme il fatto di presupporre reati in rapporto di specialità, e col concorso di reati le diverse, successive risoluzioni rispetto a reati in rapporto di eterogeneità). La ragione della non punibilità della cd. progressione criminosa starebbe nell’applicazione di un’analogia juris, cioè dell’applicazione del principio generale che sovrintende al concorso apparente di norme, quello della valutazione unica di un fatto con carattere di disvalore unitario (il principio del ne bis in idem cd. sostanziale) [su questo aspetto il candidato si dovrà diffondere un poco]
Ora, tra detenzione e scambio v’è in effetti specialità, perché la cessione presuppone implicitamente una pregressa detenzione. E la risoluzione successiva determina un aggravamento dell’offesa rispetto alla mera detenzione, apprezzabile dal punto di vista sostanziale anche se il trattamento sanzionatorio del legislatore è incongruo. Sussistendo i presupposti per affermare la progressione criminosa, si può sostenere la non punibilità di Tizio ex art. 600 quater.

Vi è tuttavia un ulteriore elemento da considerare. Non è chiaro se il procedimento penale intentato nei confronti di tizio si riferisca allo scambio con un utente “vero”, a quello con l’agente provocatore, o ad entrambi. Nel primo caso, valgono le considerazioni sopra indicate. Se però fosse oggetto di imputazione lo scambio con l’agente provocatore, o anche con questi, v’è da chiedersi se, anche ammettendo, come sembra, che quest’ultimo abbia agito previa regolare autorizzazione ai sensi dell’art. 9, legge 146/2006, il fatto commesso dall’istigato non possa essere considerato come causato direttamente dall’attività di istigazione. Davanti alle giurisdizioni nazionali questa situazione non avrà nessuna rilevanza al fine di escludere la punibilità del provocato; tuttavia, potrebbe essere invocata ai fini della commisurazione della pena, dato che la condotta dell’agente provocatore o infiltrato non deve eccedere i limiti del mero controllo, osservazione, contenimento, ed avere ruolo indiretto e marginale rispetto alla realizzazione del fatto, diversamente, l’agente stesso diventa concorrente nel reato. Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che, nei casi in cui la condotta dell’agente provocatore abbia avuto concreta rilevanza causale nei confronti di quella del provocato, sono violati i principi del giusto processo (art. 6 CEDU), con la conseguenza che si potrebbe proporre ricorso per condanna dello Stato, con conseguenti statuizioni riparatorie a vantaggio di Tizio ove effettivamente condannato per il fatto commesso in occasione del contatto con l’agente provocatore.

[Va detto tuttavia che la traccia è fuorviante laddove afferma essere rilevanti le categorie di antefatto, postfatto e progressione criminosa. Lo svolgimento qui ipotizzato tiene conto del loro possibile uso, ma non è da ritenere congruo]