ESAME AVVOCATO 2014 – Traccia e soluzione Atto diritto civile

Nella notte del 12/5/2012 Caio decideva di partecipare ad 1 gara automobilistica clandestina e prima della partenza di Caio chiedeva a sempronio di accompagnarlo nella gara. Semprono accettava l’invito e saliva sull’autovettura condotta da Caio e di proprietà del medesimo. Nel corso della competizione Caio perdeva il controllo della sua vettura che si ribaltava, ed a causa delle ferite riportate nell’incidente sempronio decedeva. Dal verbale della polizia risultava che Sempronio aveva allacciato la cintura di sicurezza. Mevia e tizio, rispettivamente madre e fratello d sempronio formulavano rituale richiesta di risarcimento danni ai sensi dell art 145 cod delle assicurazioni private (dlgs 209/05) ricevuta dalla società alfa, compagnia assicuratrice dell auto di caio il 30/9/2012. Non essendo intervenuto alcun risarcimento, con atto d citazione notificato il 13/6/2013 Mevia e tizio convenivano in giudizio caio e la società alfa x sentirli condannare in solido tra d loro al risarcimento dei danni patiti a seguito della morte d sempronio. A sostegno della propria domanda Tizio e Mevia esponevano che sempronio non aveva posto in essere alcuna condotta idonea a causare o anche sl ad agevolare il sinistro poichè si era limitato a salire a bordo dell’autovettura di Caio per accompagnarlo.senza ingerirsi in alcun modo nella conduzione dell’auto. Evidenziavano inoltre che sempronio aveva adottato tutte le cautele necessarie allacciandosi la cintura di sicurezza. Gli attori chiedevano quindi che i convenuti venissero condannati in solidi tra loro al risarcimento dei danni derivanti dal sinistro, da attribuirsi alla esclusiva responsabilità di Caio. Assunte le vesti del legale del convenuto rediga il candidato l atto giudiziario ritenuto più idoneo alla tutela dei propri assistiti illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame.

PUBBLICHIAMO DUE POSSIBILI SOLUZIONI, stante l’incertezza sulla costituzione di una o due parti.  nostro avviso, entrambe le possibilità sono a ritenersi corrette.

COSTITUZIONE DI ENTRAMBE LE PARTI

TRIBUNALE DI …

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

Causa civile RG n° …, udienza del …, Giudice Dott. … (nome e cognome),

Nell’interesse di:

CAIO …, nato a …, il …, codice fiscale …, residente in …, alla via … n. …

ALFA …, in persona del legale rappresentante pro tempore …, iscritta alla Camera di Commercio di …, nella sezione ordinaria del registro delle imprese, in data …, n° …, REA n° …, codice fiscale …, partita IVA …,

elettivamente domiciliati in …, alla via … n° …, nello studio legale dell’Avv. …, del foro di …, codice fiscale **********, fax: ********; pec: ****@********, che li rappresenta e difende giusta mandato con procura in calce al presente atto

- Convenuti -

contro

TIZIO, nato a …, il …, codice fiscale …, residente in …, alla via … n. …,

MEVIA nata a…, il …, codice fiscale …, residente in …, alla via … n. …,

elettivamente domiciliati in …, alla via … n° …, nello studio legale del costituito procuratore, Avv. …, codice fiscale …, PEC … del foro di …,

- Attori -

 

presa conoscenza dell’atto di citazione notificato loro dagli attori in epigrafe con … il giorno 13 giugno 2013 (doc. 1), espongono quanto segue.

**** **** ****

 IN FATTO: 

-          la sera del giorno 11 maggio 2012, Caio … (nome e cognome) invitava Sempronio … (nome e cognome), figlio e fratello delle parti attrici, ad accompagnarlo ad una gara automobilistica clandestina e Sempronio accettava;

-          il giorno seguente, giunto con l’amico in … per assistere alla competizione illecita, Sempronio saliva, invitato dall’amico, sulla vettura del convenuto;

-          durante la corsa Caio perdeva il controllo dell’automobile, causandone il ribaltamento;

-          il violento urto provocava il decesso di Sempronio, che aveva regolarmente allacciato le cinture di sicurezza, come attestato dal verbale della Polizia (doc. 2), e adottato tutte le cautele del caso, senza contribuire o agevolare in alcun modo il sinistro per lui fatale, non essendosi ingerito nella conduzione della vettura;

-          i Signori Mevia e Tizio formulavano, nei confronti di Alfa, richiesta di risarcimento del danno ex art. 145, d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni private), con missiva del …, ricevuta dalla società in data 30 settembre 2012;

-          la società convenuta si opponeva alla predetta richiesta;

-          gli attori, con l’atto di citazione in epigrafe, convenivano in giudizio il Sig. Caio e la Società Alfa, chiedendone la condanna, in solido, al risarcimento del danno cagionato dalla morte di Sempronio. A fondamento della richiesta adducono, in particolare, che Sempronio aveva correttamente allacciato le cinture di sicurezza e che, essendosi limitato a salire sull’autovettura, non aveva tenuto alcuna condotta eziologicamente determinante.

Con la presenta comparsa, Caio ed Alfa si costituiscono in giudizio per contestare estensivamente tutte le domande proposte e tutte le eccezioni sollevate dalle parti attrici per i seguenti motivi in 

DIRITTO 

     L’infondatezza delle conclusioni formulate ex adverso consegue alla erronea qualificazione della condotta di Sempronio come del tutto incensurabile, sotto il profilo della causalità oggettiva (o materiale) e della colpa, nella produzione dell’evento lesivo. La volontaria esposizione al rischio con la partecipazione ad una attività penalmente illecita (art. 9-ter d. lgs. 30 aprile n. 285, Codice della strada) costituisce, infatti, antecedente causale del suo decesso, idoneo a vincere la presunzione di responsabilità esclusiva del conducente della vettura (art. 2054, comma 1°, c.c.) e, in ogni caso, un «fatto colposo» rilevante ex art. 1227, comma 1°, c.c., sul piano della causalità giuridica, ai fini di un’eventuale riduzione del danno risarcibile.

Come è ampiamente noto, infatti, l’accertamento della causalità materiale (an debeatur) è pregiudiziale alla stima del quantum debeatur (cd. causalità giuridica), che costituisce un momento successivo ed eventuale del giudizio di responsabilità civile (Cass. SS. UU. 11 gennaio 2008, n. 581), la cui superfluità nel caso de quo è di seguito illustrata. 

1 – La assenza del nesso di causalità materiale tra la condotta di Caio e il decesso di Sempronio

Al fine di dimostrare l’assenza di un nesso eziologico fra la condotta di Caio ed il decesso di Sempronio è necessario predeterminare i termini del giudizio causale che il Giudicante è chiamato a compiere, essendo ciò preliminare alla valutazione del grado di certezza della efficacia determinante delle condotte selezionate ai fini della produzione dell’evento dannoso. Si osserva sin d’ora che tale verifica, nel caso de quo, non pone alcuna problematica.

L’evento che assume, nei confronti di Sempronio, la qualifica di «dannoso» è costituito non già dal fatto globalmente considerato (il sinistro che ha coinvolto lui e il conducente), bensì dell’evento lesivo della sua integrità fisica, tanto grave da provocarne la morte e le cui conseguenze dannose non possono, quindi, essere addossate a Caio. L’asserita imputabilità del decesso solo ed esclusivamente al convenuto trascura, infatti, l’esigenza di rapportare la condotta di Sempronio all’evento del decesso, di cui costituisce, al contrario, l’essenziale antecedente causale.

Tale principio corrisponde all’ampio filone giurisprudenziale che qualifica la condotta del passeggero, non protettosi con le cinture di sicurezza, quale fatto colposo del danneggiato (fra le altre (Cass. 12 ottobre 2012, n. 17407), principio esteso da una recente pronuncia di legittimità ad un caso del tutto analogo alle vicende di causa (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698).

Il Supremo Collegio ha osservato che, per determinare l’evento fonte di danno, deve aversi riguardo non «solo all’incidente stradale in sé considerato», che si sarebbe verificato in ogni caso, «ma occorre considerare l’intera serie causale» per poi individuare, al suo interno, il fatto causativo del danno per cui il trasportato, salendo a bordo della vettura, «ha instaurato la causa».

Tale evento – prosegue la citata sentenza – «non si identifica con il segmento causale attinente al momento cinematico dei fatti ovvero all’incidente, la cui responsabilità è addebitabile esclusivamente al conducente, ma occorre prendere in considerazione come segmento terminale e quindi di perfezionamento del fatto storico, la “lesione del bene giudico tutelato” e quindi nel caso del trasportato la lesione della sua integrità fisica (da cui poi deriva il danno conseguenziale risarcibile)».

     Ebbene, Sempronio non sarebbe deceduto se, a monte, si fosse astenuto dal salire sulla automobile, che sapeva sarebbe stata impiegata per la corsa clandestina, quindi «in violazione di norme comportamentali comunemente adottate dalla coscienza sociale oltre che di precise regole del codice stradale» (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698).

Il grado di certezza che sorregge la rilevanza eziologica di tale condotta, financo secondo il più rigido criterio della teoria condizionalistica, è tanto evidente da non richiedere ulteriori argomentazioni.

Per le ragioni sovra esposte, l’efficienza causale del comportamento tenuto dal trasportato ha l’ulteriore effetto di precludere agli attori il ricorso alla presunzione di responsabilità esclusiva del conducente (art. 2054, comma 1° c.c.), posta a tutela di chi, come il trasportato, normalmente subisce un danno per il solo fatto di essersi affidato ad altri nell’esercizio di un’attività socialmente utile, che provoca, con statistica certezza, eventi lesivi.

Nessun risarcimento, quindi, è dovuto ai Signori Mevia e Tizio dai convenuti.

2 – La causalità giuridica. La colpa del danneggiato 

Tanto precisato in merito alla rilevanza eziologica della condotta del danneggiato rispetto al tragico evento della sua morte, è di palmare evidenza come questa superi considerevolmente i limiti del cd. rischio consentito, che tale può ritenersi – come osservato da autorevole dottrina – solo se la condotta che lo concretizza sia scevra da colpa.

Rileva, in merito, la disciplina di cui all’art. 1227 c.c., secondo cui – come è noto – «se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza».

La norma de qua delimita, assieme agli articoli 1223 e 1225 c.c., l’ambito e l’entità dei danni risarcibili, che siano cagionati dall’inadempimento di un’obbligazione o da un fatto illecito (ex art. 2056 c.c.), disponendo la riduzione del quantum debeatur, secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze derivatene, allorquando il comportamento colposo del creditore abbia concorso alla produzione del danno (primo comma) e l’esclusione del risarcimento dei danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza (secondo comma).

Il fondamento della rilevanza del concorso colposo del danneggiato è costituto, più che dal principio di autoresponsabilità, dal principio di causalità materiale, per cui al danneggiante non può far carico della parte di danno indipendente dalla sua condotta e, a latere, dal principio di solidarietà (art. 2 Cost.), che in ambito extracontrattuale non solo orienta le «scelte di politica sociale di allocazione del rischio in determinati settori […] su una categoria di soggetti istituzionalmente deputata a sostenere tale rischio», ma obbliga i consociati a prevedere e «valutare le conseguenze dei propri atti […] al fine di realizzare una finalità comune di prevenzione» (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698).

In tale contesto la colpa richiamata dall’art. 1227, comma 1°, c.c. non funge da criterio di imputazione del fatto, dal momento che il danno autocagionato non può considerarsi antigiuridico (Cass. SS. UU. 27 giugno 2002, n. 9346), bensì come requisito legale della rilevanza causale del comportamento del danneggiato (Cass. SS. UU. 21 novembre 2011, n. 24406). Ne segue – come affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite – che il comportamento omissivo del danneggiato rilevante ex art. 1227, comma 1°, c.c. è tanto l’omissione contraria ad una norma di legge, da cui derivi un obbligo giuridico di attivarsi, quanto la più generica inosservanza delle regole di diligenza e correttezza.

L’irrilevanza ex adverso sostenuta, tanto sul piano del nesso di causalità (di cui si è già argomentata l’infondatezza), quanto sul piano soggettivo della assenza di colpa, che deriverebbe dall’aver allacciato le cinture di sicurezza, oblitera completamente la natura illecita e fortemente pericolosa per la propria incolumità fisica della condotta di chi, come Sempronio, ha liberamente scelto di partecipare ad una corsa automobilista clandestina, in palese spregio degli ordinari canoni di diligenza e prudenza.

Il giovane, perfettamente consapevole della illiceità della competizione e della sua elevata pericolosità, per tutti coloro che, partecipanti o semplici trasportati, vi prendano parte, ha tenuto un comportamento negligente ed imprudente, accettando un rischio sensibilmente superiore ai rischi ordinariamente connessi alla circolazione stradale e tenendo, in virtù di tale accettazione, una condotta rilevante come antecedente causale dell’evento lesivo, idonea a ridurre il danno risarcibile ex art. 1227, comma 1°, c.c., in quanto gravemente colposa. Infatti, La scelta (fatale) di Sempronio di assistere alla competizione, non già come mero spettatore visivo, ma sedendo al fianco del conducente, nel posto del navigatore o co-pilota, laddove importa accettazione di un rischio «anormale», «anomalo», «non necessitato e neppure giustificato» (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698), supera notevolmente la generica imprudenza per connotarsi financo come temeraria.

Secondo la costante giurisprudenza del Supremo Collegio, tale «colpevole assunzione del rischio», fondato su «una deliberata e consapevole partecipazione alla condotta colposa» (Cass. 22 maggio 2006, n. 11947) integra il concorso colposo di cui all’art. 1227, comma 1°, c.c. (Cass. 13 maggio 2011, n. 10526; Cass. 11 marzo 1994, n. 4993; Cass. 20 marzo 1982, n. 1982).

Ne segue che, nella denegata e non creduta ipotesi in cui il Giudicante ritenga di disattendere le su illustrate argomentazioni, non potrà esimersi dal valutare la condotta di Sempronio in sede di quantificazione del danno risarcibile dai convenuti e, perciò, dal ridurre proporzionalmente il dovuto. È pacifico, infatti, come il trasportato abbia violato ogni più elementare regola di precauzione nel salire a bordo del veicolo, quindi le domande formulate ex adverso sono infondate, quantomeno nella parte in cui trascurano il concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento, cosicché la riparazione dei danni che ne sono derivati non può gravare unicamente sul convenuto.

**** **** ****

Tutto ciò premesso, Caio e Alfa, come sopra rappresentati, domiciliati e difesi, formulano le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis,

-          accertata l’esclusiva responsabilità di Sempronio nel cagionare la propria morte, respingere le domande delle parti attrici, in quanto infondate, per i motivi sovra estesi, in fatto e in diritto;

-          in subordine, nella ritenuta ipotesi di concorso colposo del danneggiato, ridurre l’importo che sarà liquidato in proporzione all’accertata responsabilità del sig. Sempronio.

Con favore di esborsi e compensi, oltre spese generali, IVA e CPA, come per legge.

**** **** ****

In via istruttoria:

In caso di ammissione di prova testimoniale dedotta dalle parti attrici, si chiede prova contraria sui capitoli formulati da controparte.

Si indicano quali testi i Signori:

-          … (nome, cognome e residenza del primo teste);

-          … (come sopra per eventuali ulteriori testi).

Con riserva di indicare ulteriori produzioni ed istanze istruttorie nei termini di cui all’art. 183 c.p.c., si offrono in comunicazione, con deposito in cancelleria, i seguenti documenti:

1)      originale dell’atto di citazione ritualmente notificato;

2)      relazione dell’incidente stradale del Corpo di Polizia di …, prot. n. …;

3)       […].

Salvis juribus

 

Con ossequio

Avv. … (sottoscrizione del difensore)

**** **** ****

 Procure alle liti (art. 83 c.p.c.)

Caio, … (nome e cognome), nato a … il …, residente in …, alla via … n. …, codice fiscale …, conferisce all’Avv. … del foro di …, codice fiscale **********, fax: ********; pec: ****@********, delega a rappresentarlo e difenderlo in ogni stato e grado, anche esecutivo, di questo procedimento, con ogni più ampio potere di legge, ivi compresa la facoltà di proporre domanda riconvenzionale, chiamare in causa terzi, rinunciare ed accettare rinunce agli atti ed alla azione, di nominare sostituiti, transigere e conciliare, compiere ogni qualsiasi atto, giudiziale e stragiudiziale, utile all’adempimento del mandato conferitogli, eleggendo domicilio presso lo studio del medesimo in …, alla via …, n°  ….

Dichiaro di avere ricevuto le informazioni di cui all’art. 13 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e presta il consenso al trattamento dei dati personali, anche sensibili, da parte del difensore nominato, del personale del suo studio e dei loro collaboratori di cui si avvarrà.

 

… (sottoscrizione di Caio)

 

Per autentica

Avv. … (sottoscrizione del difensore)

 **** **** ****

 … (nome e cognome), legale rappresentante pro tempore della società Alfa, … (denominazione), codice fiscale …, partita IVA …, , conferisce all’Avv. … del foro di …, codice fiscale …, eleggendo domicilio nel suo studio in …, alla via …, n°  …, delega a rappresentarlo e difenderlo in ogni stato e grado, anche esecutivo, di questo procedimento, con ogni più ampio potere di legge, ivi compresa la facoltà di proporre domanda riconvenzionale, chiamare in causa terzi, rinunciare ed accettare rinunce agli atti ed alla azione, di nominare sostituiti, transigere e conciliare, compiere ogni qualsiasi atto, giudiziale e stragiudiziale, utile all’adempimento del mandato conferitogli, eleggendo domicilio presso lo studio del medesimo in …, alla via …, n°  …..

Dichiara di avere ricevuto le informazioni di cui all’art. 13 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e presta il consenso al trattamento dei dati personali, anche sensibili, da parte del difensore nominato, del personale del suo studio e dei loro collaboratori di cui si avvarrà.

 

… (sottoscrizione del legale rappresentante di Alfa)

 

Per autentica

Avv. … (sottoscrizione del difensore)

 

COSTITUZIONE DI SOLO CAIO

TRIBUNALE DI …

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

 Causa civile RG n° …, udienza del …, Giudice Dott. … (nome e cognome),

Nell’interesse di:

CAIO, nato a …, il …, codice fiscale …, residente in …, alla via … n. …, elettivamente domiciliato in …, alla via … n° …, nello studio legale dell’Avv. … (nome e cognome), del foro di …, codice fiscale **********, fax: ********; pec: ****@********, che lo rappresenta e difende giusta mandato con procura in calce al presente atto;

- Convenuto -

contro

 TIZIO, nato a …, il …, codice fiscale …, residente in …, alla via … n. …,

MEVIA nata a…, il …, codice fiscale …, residente in …, alla via … n. …,

elettivamente domiciliati in …, alla via … n° …, nello studio legale del costituito procuratore, Avv. … (nome e cognome) , codice fiscale …,  PEC …, del foro di …,

- Attori -

e nei confronti di

ALFA … (denominazione), in persona del legale rappresentante pro tempore … (nome e cognome), iscritta alla Camera di Commercio di …, nella sezione ordinaria del registro delle imprese, in data …, n° …, REA n° …, codice fiscale …, partita IVA …

presa conoscenza dell’atto di citazione notificatogli dagli attori in epigrafe con … il giorno 13 giugno 2013 (doc. 1), espone quanto segue.

 

**** **** ****

 IN FATTO:

-          la sera del giorno 11 maggio 2012, Caio … (nome e cognome) invitava Sempronio … (nome e cognome), figlio e fratello delle parti attrici, ad accompagnarlo ad una gara automobilistica clandestina e Sempronio accettava;

-          il giorno seguente, giunto con l’amico in … per assistere alla competizione illecita, Sempronio saliva, invitato dall’amico, sulla vettura del convenuto;

-          durante la corsa Caio perdeva il controllo dell’automobile, causandone il ribaltamento;

-          il violento urto provocava il decesso di Sempronio, che aveva regolarmente allacciato le cinture di sicurezza, come attestato dal verbale della Polizia (doc. 2), e adottato tutte le cautele del caso, senza contribuire o agevolare in alcun modo il sinistro per lui fatale, non essendosi ingerito nella conduzione della vettura;

-          i Signori Mevia e Tizio formulavano, nei confronti di Alfa, richiesta di risarcimento del danno ex art. 145, d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni private), con missiva del …, ricevuta dalla società in data 30 settembre 2012;

-          la società convenuta si opponeva alla predetta richiesta;

-          gli attori, con l’atto di citazione in epigrafe, convenivano in giudizio il Sig. Caio e la Società Alfa, chiedendone la condanna, in solido, al risarcimento del danno cagionato dalla morte di Sempronio. A fondamento della richiesta adducono, in particolare, che Sempronio aveva correttamente allacciato le cinture di sicurezza e che, essendosi limitato a salire sull’autovettura, non aveva tenuto alcuna condotta eziologicamente determinante.

Con la presenta comparsa, Caio si costituisce in giudizio per contestare estensivamente tutte le domande proposte e tutte le eccezioni sollevate dalle parti attrici per i seguenti motivi in

DIRITTO 

     L’infondatezza delle conclusioni formulate ex adverso consegue alla erronea qualificazione della condotta di Sempronio come del tutto incensurabile, sotto il profilo della causalità oggettiva (o materiale) e della colpa, nella produzione dell’evento lesivo. La volontaria esposizione al rischio con la partecipazione ad una attività penalmente illecita (art. 9-ter d. lgs. 30 aprile n. 285, Codice della strada) costituisce, infatti, antecedente causale del suo decesso, idoneo a vincere la presunzione di responsabilità esclusiva del conducente della vettura (art. 2054, comma 1°, c.c.) e, in ogni caso, un «fatto colposo» rilevante ex art. 1227, comma 1°, c.c., sul piano della causalità giuridica, ai fini di un’eventuale riduzione del danno risarcibile.

Come è ampiamente noto, infatti, l’accertamento della causalità materiale (an debeatur) è pregiudiziale alla stima del quantum debeatur (cd. causalità giuridica), che costituisce un momento successivo ed eventuale del giudizio di responsabilità civile (Cass. SS. UU. 11 gennaio 2008, n. 581), la cui superfluità nel caso de quo è di seguito illustrata.

 

1 – Causalità materiale. Assenza di un nesso eziologico tra la condotta di Caio e il decesso di Sempronio

Al fine di dimostrare l’assenza di un nesso eziologico fra la condotta di Caio ed il decesso di Sempronio è necessario predeterminare i termini del giudizio causale che il Giudicante è chiamato a compiere, essendo ciò preliminare alla valutazione del grado di certezza della efficacia determinante delle condotte selezionate ai fini della produzione dell’evento dannoso. Si osserva sin d’ora che tale verifica, nel caso de quo, non pone alcuna problematica.

L’evento che assume, nei confronti di Sempronio, la qualifica di «dannoso» è costituito non già dal fatto globalmente considerato (il sinistro che ha coinvolto lui e il conducente), bensì dell’evento lesivo della sua integrità fisica, tanto grave da provocarne la morte e le cui conseguenze dannose non possono, quindi, essere addossate a Caio. L’asserita imputabilità del decesso solo ed esclusivamente al convenuto trascura, infatti, l’esigenza di rapportare la condotta di Sempronio all’evento del decesso, di cui costituisce, al contrario, l’essenziale antecedente causale.

Tale principio corrisponde all’ampio filone giurisprudenziale che qualifica la condotta del passeggero, non protettosi con le cinture di sicurezza, quale fatto colposo del danneggiato (fra le altre (Cass. 12 ottobre 2012, n. 17407), principio esteso da una recente pronuncia di legittimità ad un caso del tutto analogo alle vicende di causa (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698).

Il Supremo Collegio ha osservato che, per determinare l’evento fonte di danno, deve aversi riguardo non «solo all’incidente stradale in sé considerato», che si sarebbe verificato in ogni caso, «ma occorre considerare l’intera serie causale» per poi individuare, al suo interno, il fatto causativo del danno per cui il trasportato, salendo a bordo della vettura, «ha instaurato la causa».

Tale evento – prosegue la citata sentenza – «non si identifica con il segmento causale attinente al momento cinematico dei fatti ovvero all’incidente, la cui responsabilità è addebitabile esclusivamente al conducente, ma occorre prendere in considerazione come segmento terminale e quindi di perfezionamento del fatto storico, la “lesione del bene giudico tutelato” e quindi nel caso del trasportato la lesione della sua integrità fisica (da cui poi deriva il danno conseguenziale risarcibile)».

     Ebbene, Sempronio non sarebbe deceduto se, a monte, si fosse astenuto dal salire sulla automobile, che sapeva sarebbe stata impiegata per la corsa clandestina, quindi «in violazione di norme comportamentali comunemente adottate dalla coscienza sociale oltre che di precise regole del codice stradale» (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698).

Il grado di certezza che sorregge la rilevanza eziologica di tale condotta, financo secondo il più rigido criterio della teoria condizionalistica, è tanto evidente da non richiedere ulteriori argomentazioni.

Per le ragioni sovra esposte, l’efficienza causale del comportamento tenuto dal trasportato ha l’ulteriore effetto di precludere agli attori il ricorso alla presunzione di responsabilità esclusiva del conducente (art. 2054, comma 1° c.c.), posta a tutela di chi, come il trasportato, normalmente subisce un danno per il solo fatto di essersi affidato ad altri nell’esercizio di un’attività socialmente utile, che provoca, con statistica certezza, eventi lesivi.

Nessun risarcimento, quindi, è dovuto ai Signori Mevia e Tizio da Caio.

2 – La causalità giuridica. La colpa del danneggiato 

Tanto precisato in merito alla rilevanza eziologica della condotta del danneggiato rispetto al tragico evento della sua morte, è di palmare evidenza come questa superi considerevolmente i limiti del cd. rischio consentito, che tale può ritenersi – come osservato da autorevole dottrina – solo se la condotta che lo concretizza sia scevra da colpa.

Rileva, in merito, la disciplina di cui all’art. 1227 c.c., secondo cui – come è noto – «se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza».

La norma de qua delimita, assieme agli articoli 1223 e 1225 c.c., l’ambito e l’entità dei danni risarcibili, che siano cagionati dall’inadempimento di un’obbligazione o da un fatto illecito (ex art. 2056 c.c.), disponendo la riduzione del quantum debeatur, secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze derivatene, allorquando il comportamento colposo del creditore abbia concorso alla produzione del danno (primo comma) e l’esclusione del risarcimento dei danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza (secondo comma).

Il fondamento della rilevanza del concorso colposo del danneggiato è costituto, più che dal principio di autoresponsabilità, dal principio di causalità materiale, per cui al danneggiante non può far carico della parte di danno indipendente dalla sua condotta e, a latere, dal principio di solidarietà (art. 2 Cost.), che in ambito extracontrattuale non solo orienta le «scelte di politica sociale di allocazione del rischio in determinati settori […] su una categoria di soggetti istituzionalmente deputata a sostenere tale rischio», ma obbliga i consociati a prevedere e «valutare le conseguenze dei propri atti […] al fine di realizzare una finalità comune di prevenzione» (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698).

In tale contesto la colpa richiamata dall’art. 1227, comma 1°, c.c. non funge da criterio di imputazione del fatto, dal momento che il danno autocagionato non può considerarsi antigiuridico (Cass. SS. UU. 27 giugno 2002, n. 9346), bensì come requisito legale della rilevanza causale del comportamento del danneggiato (Cass. SS. UU. 21 novembre 2011, n. 24406). Ne segue – come affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite – che il comportamento omissivo del danneggiato rilevante ex art. 1227, comma 1°, c.c. è tanto l’omissione contraria ad una norma di legge, da cui derivi un obbligo giuridico di attivarsi, quanto la più generica inosservanza delle regole di diligenza e correttezza.

L’irrilevanza ex adverso sostenuta, tanto sul piano del nesso di causalità (di cui si è già argomentata l’infondatezza), quanto sul piano soggettivo della assenza di colpa, che deriverebbe dall’aver allacciato le cinture di sicurezza, oblitera completamente la natura illecita e fortemente pericolosa per la propria incolumità fisica della condotta di chi, come Sempronio, ha liberamente scelto di partecipare ad una corsa automobilista clandestina, in palese spregio degli ordinari canoni di diligenza e prudenza.

Il giovane, perfettamente consapevole della illiceità della competizione e della sua elevata pericolosità, per tutti coloro che, partecipanti o semplici trasportati, vi prendano parte, ha tenuto un comportamento negligente ed imprudente, accettando un rischio sensibilmente superiore ai rischi ordinariamente connessi alla circolazione stradale e tenendo, in virtù di tale accettazione, una condotta rilevante come antecedente causale dell’evento lesivo, idonea a ridurre il danno risarcibile ex art. 1227, comma 1°, c.c., in quanto gravemente colposa. Infatti, La scelta (fatale) di Sempronio di assistere alla competizione, non già come mero spettatore visivo, ma sedendo al fianco del conducente, nel posto del navigatore o co-pilota, laddove importa accettazione di un rischio «anormale», «anomalo», «non necessitato e neppure giustificato» (Cass. 26 maggio 2014, n. 11698), supera notevolmente la generica imprudenza per connotarsi financo come temeraria.

Secondo la costante giurisprudenza del Supremo Collegio, tale «colpevole assunzione del rischio», fondato su «una deliberata e consapevole partecipazione alla condotta colposa» (Cass. 22 maggio 2006, n. 11947) integra il concorso colposo di cui all’art. 1227, comma 1°, c.c. (Cass. 13 maggio 2011, n. 10526; Cass. 11 marzo 1994, n. 4993; Cass. 20 marzo 1982, n. 1982).

Ne segue che, nella denegata e non creduta ipotesi in cui il Giudicante ritenga di disattendere le su illustrate argomentazioni, non potrà esimersi dal valutare la condotta di Sempronio in sede di quantificazione del danno risarcibile dai convenuti e, perciò, dal ridurre proporzionalmente il dovuto. È pacifico, infatti, come il trasportato abbia violato ogni più elementare regola di precauzione nel salire a bordo del veicolo, quindi le domande formulate ex adverso sono infondate, quantomeno nella parte in cui trascurano il concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento, cosicché la riparazione dei danni che ne sono derivati non può gravare unicamente sul convenuto.

Si rileva, infine, che Caio ha concluso con la società Alfa contratto di assicurazione della responsabilità civile da circolazione stradale relativamente alla vettura coinvolta nel sinistro (doc. 3) e, pertanto, nella denegata ipotesi di ritenuta responsabilità di questo convenuto, la Compagnia di Assicurazioni dovrà essere condannata a manlevare integralmente Caio per tutti gli importi che egli sia eventualmente tenuto a corrispondere alle parti attrici.

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Tutto ciò premesso, Caio, come sopra rappresentato, domiciliato e difeso, formula le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis,

In via principale

-          accertata l’esclusiva responsabilità di Sempronio nel cagionare la propria morte, respingere le domande delle parti attrici, in quanto infondate, per i motivi sovra estesi, in fatto e in diritto;

In subordine, nella ritenuta ipotesi di concorso colposo del danneggiato:

-          ridurre l’importo che sarà liquidato in proporzione all’accertata responsabilità del sig. Sempronio;

-          in via riconvenzionale, dichiarare tenuta e condannare la compagnia assicuratrice Alfa a manlevare integralmente Caio nei limiti delle somme che egli sarà eventualmente tenuto a corrispondere alle parti attrici.

Con favore di esborsi e compensi, oltre spese generali, IVA e CPA, come per legge.

 

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Ai sensi dell’art. 14, comma 3°, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, si dichiara che il valore della presente causa è indeterminabile, quindi l’importo dovuto ai fini del contributo unificato è di Euro 340,00 (trecentoquaranta, 00).

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In via istruttoria:

In caso di ammissione di prova testimoniale dedotta dalle parti attrici, si chiede prova contraria sui capitoli formulati da controparte.

Si indicano quali testi i Signori:

-          … (nome, cognome e residenza del primo teste);

-          … (come sopra per eventuali ulteriori testi).

Con riserva di indicare ulteriori produzioni ed istanze istruttorie nei termini di cui all’art. 183 c.p.c., si offrono in comunicazione, con deposito in cancelleria, i seguenti documenti:

1)      originale dell’atto di citazione ritualmente notificato;

2)      relazione dell’incidente stradale del Corpo di Polizia di …, prot. n. …;

3)      copia del contratto di assicurazione della responsabilità civile da circolazione stradale relativa alla vettura di Caio;

4)      […].

Salvis juribus

Con ossequio

Avv. … (sottoscrizione del difensore)

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Procure alle liti (art. 83 c.p.c.)

 Caio, … (nome e cognome), nato a … il …, residente in …, alla via … n. …, codice fiscale …, conferisce all’Avv. … del foro di …, codice fiscale **********, fax: ********; pec: ****@********, delega a rappresentarlo e difenderlo in ogni stato e grado, anche esecutivo, di questo procedimento, con ogni più ampio potere di legge, ivi compresa la facoltà di proporre domanda riconvenzionale, chiamare in causa terzi, rinunciare ed accettare rinunce agli atti ed alla azione, di nominare sostituiti, transigere e conciliare, compiere ogni qualsiasi atto, giudiziale e stragiudiziale, utile all’adempimento del mandato conferitogli, eleggendo domicilio presso lo studio del medesimo in …, alla via …, n°  ….

Dichiaro di avere ricevuto le informazioni di cui all’art. 13 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e presta il consenso al trattamento dei dati personali, anche sensibili, da parte del difensore nominato, del personale del suo studio e dei loro collaboratori di cui si avvarrà.

… (sottoscrizione di Caio)

Per autentica

Avv. … (sottoscrizione del difensore)