Trib. Siena 06.06.2014 (sui rapporti tra domanda di concordato preventivo e istruttoria prefallimentare)

Questa settimana pubblichiamo il decreto reso dal Collegio fallimentare del Tribunale di Siena in data 06.06.2014.

Il provvedimento è frutto di un pregevole sforzo volto alla coordinazione tra la procedura di concordato preventivo e l’istruttoria prefallimentare.

Dopo aver infatti ribadito l’orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione, secondo la quale tra concordato preventivo e fallimento non vi sono rapporti di prevenzione e che quindi spetta al giudice il coordinamento tra i due giudizi, il Tribunale di Siena ritiene che, nel caso in cui non si possa immediatamente ravvisare un manifesto abuso concordatario da parte del debitore, si possa “differire la valutazione in ordine all’esigenza di bilanciamento tra l’interesse dei creditori al fallimento e l’interesse del debitore ad accedere a soluzioni concordate della crisi al momento del deposito del piano e della documentazione di cui all’art. 161, commi 2 e 3, l.f., momento in cui sarà possibile accertare se la procedura di concordato possa essere dichiarata aperta o se il debitore debba essere dichiarato fallito”.

Buona lettura.

Simone Giugni

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IL TRIBUNALE DI SIENA

Sezione Fallimentare

Composto dai Signori magistrati:

Dott. Marianna Serrao                                                              Presidente rel. Est.

Dott. Giulia Capannoli                                                              Giudice

Dott. Stefano Caramellino                                                       Giudice

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Visto il ricorso per la dichiarazione di fallimento di _____________ S.r.l. (n. ___/2013);

Rilevato che la predetta società ha depositato domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 161 VI comma l.f. con riserva di presentazione della proposta, del piano e della documentazione e che il Tribunale ha concesso il termine con decreto comunicato il 30 maggio 2014, deve innanzitutto chiarirsi che non è possibile addivenire alla sospensione del procedimento prefallimentare.

Come da ultimo precisato da Cass. 12/18190 “il criterio della prevenzione che correlava le due procedure prima della modifica dell’art. 160 l.f. è stato eliminato e pertanto dal mutamento della formulazione letterale della norma sul punto discende necessariamente l’avvenuto superamento di quel principio che sul precedente dettato normativo trovava fondamento. Né può correttamente dirsi che il principio in questione possa essere altrimenti desunto in via interpretativa in ragione dei generali principi vigenti in materia; la sospensione è istituto eccezionale e pertanto può trovare applicazione soltanto quando la situazione sostanziale dedotta nel processo pregiudicante rappresenti in fatto costitutivo di quella dedotta nella causa pregiudicata; il vigente codice di rito esclude casi di sospensione discrezionale e non prevede casi di sospensione impropria o atecnica. Al contrario deve ritenersi che il rapporto tra concordato preventivo e fallimento si atteggi come un fenomeno di consequenzialità eventuale del fallimento all’esito negativo della procedura di concordato e di assorbimento dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento, che determina una mera esigenza di coordinamento tra i due procedimenti (Cass. 11/3059). Ne consegue che la facoltà per il debitore di proporre una procedura concorsuale alternativa al suo fallimento non rappresenta un fatto impeditivo della relativa dichiarazione ma una semplice esplicazione del diritto di difesa del debitore che non potrebbe comunque disporre unilateralmente e potestativamente dei tempi del procedimento fallimentare, venendo così a paralizzare le iniziative recuperatorie del curatore e incidere negativamente sul principio costituzionale della ragionevole durata del processo. La consequenzialità logica tra le due procedure non si traduce anche in una conseguenzialità procedimentale”.

Ciò premesso spetta al Tribunale valutare il rapporto tra le due procedure. Nella specie, non potendosi ravvisare un manifesto abuso dello strumento concordatario avendo la società debitrice fornito indicazioni sul piano che intende proporre tali da far considerare la richiesta non pretestuosa, il Collegio aderisce a quell’orientamento della giurisprudenza di merito che ritiene di differire la valutazione in ordine all’esigenza di bilanciamento tra l’interesse dei creditori al fallimento e l’interesse del debitore ad accedere a soluzioni concordate della crisi, al momento del deposito del piano e della documentazione di cui all’art. 161, commi 2 e 3, l.f., momento in cui sarà possibile accertare se la procedura di concordato possa essere dichiarata aperta o se il debitore debba essere dichiarato fallito.

Esclusa pertanto la sospensione e altresì l’improcedibilità dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento deve disporsi nuova comparizione delle parti in sede prefallimentare per un’udienza che tenga conto del termine assegnando alla società debitrice per la formulazione del piano.

Ritenuto infine che il Tribunale potrà abbreviare il termine concesso ove si palesino, anche per il tramite dell’informativa proveniente dal C.G. nominato, circostanze pregiudizievoli ai creditori.

P.Q.M.

Rinvia per l’ulteriore trattazione del ricorso pendente all’udienza del ______________________ ore __________ davanti al giudice delegato.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 6 giugno 2014.

Il Presidente Est.

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