Trib. Monza 02.07.2014 (sul giudizio di opposizione all’omologazione del c.p.)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio  il decreto reso dalla Sezione Fallimentare del Tribunale di Monza in data 02.07.2014.

Il provvedimento è stato scelto perché riassume in poche pagine le linee fondamentali della legittimazione a proporre opposizione all’omologazione del concordato preventivo e l’oggetto del giudizio.

Riportando, nell’ordine, i passi più importanti:

-          nell’area dei creditori ammessi al voto, l’opposizione è riconosciuta ai soli dissenzienti (della prima ora o divenuti tali a seguito delle mutate condizioni di fattibilità del piano), che la norma considera a pieno titolo legittimati;

-          legittimazione deve comunque essere riconosciuta anche da quelli che pur non avendo dissentito, per non aver preso parte all’adunanza fissata per il voto, o perché non convocati, o ancora perché non ammessi al voto, intendano contrastare l’omologazione, prospettando l’interesse diretto e attuale al giudizio, in riferimento al trattamento loro riservato (o non riservato) dalla proposta;

-          nel concordato preventivo, a differenza di quel che accade nel fallimento, non è prevista una fase di accertamento dei crediti e la partecipazione al concorso non presuppone una domanda giudiziale;

-          l’assenza di un accertamento del passivo con efficacia di giudicato endoconcorsuale fa sì che ogni questione sull’esistenza, entità e rango dei crediti debba essere risolta nell’ambito di un processo ordinario di cognizione;

-          la valutazione di fattibilità economica e/o di convenienza è oggetto del giudizio di omologa solo ed in quanto sia introdotta da un creditore mediante l’opposizione all’omologa;

-          il tribunale è privo del potere di valutare d’ufficio il merito della proposta, in quanto tale potere appartiene solo ai creditori così che solo in caso di dissidio tra i medesimi in ordine alla fattibilità, denunciabile attraverso l’opposizione all’omologazione, il tribunale, preposto per sua natura alla soluzione dei conflitti, può intervenire risolvendo il contrasto con una valutazione di merito in esito ad un giudizio, quale è quello di omologazione, in cui le parti contrapposte possono esercitare appieno il loro diritto di difesa.

Lasciandovi naturalmente al testo, mi permetto solo di esprimere qualche perplessità in ordine alla possibilità che, nell’ambito del giudizio di opposizione all’omologazione promosso dal creditore, sia consentito al Tribunale di valutare “la fattibilità economica e/o la convenienza del concordato”. Mi sembra, in particolare, che detta affermazione si ponga in netto contrasto con l’indirizzo preso dalla Corte di Cassazione con l’ormai celeberrima pronuncia a SS.UU. n. 1521 del 23.01.2013, che ha – come noto – limitato il sindacato del Giudice al profilo (pur fumoso) della “fattibilità giuridica” del concordato.

E’ vero che nel caso pratico esaminato dalla Cassazione nessun creditore aveva fatto opposizione, ma i principi espressi dalla Suprema Corte mi appaiono di generale applicabilità

Buona lettura.

Simone Giugni

*******

TRIBUNALE DI MONZA

Sezione Fallimentare

Riunito in Camera di Consiglio, nella persona dei seguenti Magistrati:

Dott. Alida Paluchowski                                                            Presidente

Dott. Mirko Buratti                                                                     Giudice

Dott. G.B. Nardecchia                                                               Giudice rel.

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Visto il ricorso per l’ammissione alla procedura di Concordato Preventivo ai sensi e per gli effetti dell’art. 160 e ss legge 16 marzo 1942 n. 267, come modificata dall’art. 2 della legge di conversione n. 80 2005, presentato in data 03.06.2013 da G.N., legale rappresentante di C S.r.l., (omissis).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nel definire l’ambito dei poteri del sindacato del tribunale nei tre diversi momenti di ammissibilità, revoca ed omologazione del concordato, hanno affermato un’identità di posizione da parte del giudice e pertanto l’utilizzabilità di un medesimo parametro valutativo nelle differenti fasi, in quanto, nell’analisi del rapporto tra controllo giurisdizionale in fase di ammissibilità, nel corso della procedura ed in sede di omologa, non si rinviene alcun effetto preclusivo, alcun limite al riesame di questioni già decise nella fase introduttiva, che possono essere liberamente riesaminate dal tribunale.

Con la conseguenza che sia nel corso della procedura che in sede di omologa il tribunale potrà riesaminare d’ufficio tutte le questioni già affrontate in sede di ammissibilità.

Ne deriva che il tribunale, nel giudizio di omologazione, anche nel caso in cui non vengano proposte opposizioni, deve effettuare nuovamente un controllo di legittimità del concordato, relativo all’osservanza delle norme formali e sostanziali che regolano il procedimento, ed alla permanente sussistenza dei presupposti formali e sostanziali richiamati dagli artt. 160 e 161 l. fall.

Rilevato, in ordine alla legittimazione, che il ricorso per la presentazione della domanda di concordato è sottoscritto dal legale rappresentante e liquidatore della società a ciò autorizzato dall’assemblea della società e dei poteri attribuitigli dallo statuto.

Rilevato che tra le condizioni soggettive di ammissione risultano dal riformato tenore dell’art. 160 comma primo evidenziate solo la qualifica di imprenditore in capo al richiedente (e sul punto la C S.r.l. è impresa regolarmente iscritta anche al registro delle imprese ed effettivamente operante), è quindi senza dubbio un imprenditore commerciale e può essere oggetto della normativa fallimentare, ai sensi del novellato art. 1 l.f. stante l’esistenza nel 2012 di un attivo di euro 4.565.690, nonché di ricavi pari ad euro 8.293.558 così come emerge dalle produzioni dei bilanci effettuate.

Non vi è dubbio che la società sia in crisi da tempo e sia in stato di insolvenza cosicché solo il concordato proposto ai creditori è idoneo ad evitare il fallimento, risolvendo la situazione di crisi.

Trattandosi di concordato in continuità aziendale la società ha depositato tutta la documentazione di cui all’art. 161 e 186 bis secondo comma lett. A) l. fall. e le relazioni di cui agli artt. 161 e 186 bis l. fall., attestante quest’ultima la funzionalità della prosecuzione dell’attività al miglior soddisfacimento dei creditori, in quanto capace di generare cassa per euro 811.336 (pag. 49).

Rilevato che il piano, che è tra le condizioni oggettive richieste per l’ammissione alla procedura, prevede la continuazione dell’attività aziendale, sia pur attraverso la ristrutturazione dell’impresa, con dismissione di alcuni cespiti (macchinari ed impianti) non più funzionali, il cui realizzo non è stato inserito tra le poste dell’attivo, essendo assai incerto il valore liquidatorio.

La proposta prevedeva un attivo complessivo di euro 2.288.224 ed il pagamento dei creditori con le risorse finanziarie generate dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, la liquidità già esistente e la cessione o l’incasso dei crediti e si articolava secondo il seguente percorso:

1)pagamento integrale delle spese di procedura, delle spese dei professionisti della società, dei costi di gestione della società e di tutti i crediti prededucibili per un complessivo ammontare di euro 246.400;

2)pagamento integrale del passivo privilegiato per un complessivo importo di euro 960.424,00

3)pagamento del chirografo non suddiviso in classi ed ammontante ad euro 2.143.484,00 nella misura del 30,58% entro il 2016.

Previsione di un fondo rischi di euro 426.030,00.

Il decreto di ammissione da parte del tribunale è stato emesso il 12.02.2014, con la nomina del giudice delegato nella persona della dott.ssa C. Giovanetti, poi sostituita dal dott. G.B. Nardecchia, e del commissario giudiziale nella persona del rag. M. Colombo e la fissazione dell’adunanza dei creditori al 20 maggio 2014.

Nel corso dell’adunanza non si sono raggiunte la maggioranze e venti giorni sono sopraggiunti 16 voti adesivi espressi ed uno negativo per cui, considerando che la mancata espressione di voto comporta adesione alla proposta secondo il meccanismo del silenzio assenso, le maggioranze sono state ampiamente raggiunte in quanto gli aderenti effettivi e quelli presunti insieme determinano una maggioranza superiore al 99% degli ammessi al voto.

Introdotto il giudizio di omologa, E. ha proposto opposizione lamentando l’operata riduzione del credito vantato, pari complessivamente ad euro 1.517.811,46 per tributi e di interessi di mora, di cui euro 1.517.790,97 in via privilegiata ed euro 20, 49 in chirografo, importi tutti iscritti a ruolo dell’agenzia delle entrate a seguito degli avvisi di accertamento n. T9502C300603-2013 per l’anno d’imposta 200e e T9502C300603-2013 per l’anno d’imposta 2008, debito che veniva riportato nel passivo del prededucibile nella voce “fondo rischi ed oneri” limitatamente all’importo di euro 73.161,26.

Il debitore in primo luogo ha eccepito la carenza di legittimazione di E. in quanto creditore dissenziente per la sola parte di credito chirografario, credito di importo irrilevante e comunque valutato nella proposta in conformità alla precisazione di credito inviata, dovendosi ritenere non ammissibile l’opposizione attinente al credito privilegiato non essendo concesso ai creditori privilegiati opporsi all’omologa, ove, come nel caso di specie,non siano ammessi al voto.

Ai sensi del novellato art. 80 l.fall., la legittimazione a partecipare in sede oppositiva al giudizio di omologazione è oramai riferibile solo a coloro che non hanno espressamente approvato la proposta.

E ciò in quanto i creditori ch non hanno esercitato il diritto di voto, pur avendone la facoltà, sono ritenuti consenzienti, ai sensi dell’art. 178 l.fall.

Ne deriva che, nell’area dei creditori ammessi al voto, l’opposizione è riconosciuta ai soli dissenzienti (della prima ora o divenuti tali a seguito delle mutate condizioni di fattibilità del piano), che la norma considera a pieno titolo legittimati.

Legittimazione che deve comunque essere riconosciuta anche da quelli che pur non avendo dissentito, per non aver preso parte all’adunanza fissata per il voto, o perché non convocati, o ancora perché non ammessi al voto, intendano contrastare l’omologazione, prospettando l’interesse diretto e attuale al giudizio, in riferimento al trattamento loro riservato (o non riservato) dalla proposta.

Creditori questi ultimi che devono essere inclusi nella categoria degli “interessati”, innegabilmente riconoscibile essendo l’interesse a partecipare al giudizio di omologazione di coloro che ritengono di trovare pregiudizio alla proprie ragioni nella omologazione del concordato e per i quali non sussiste l’ostacolo costituito dal voto favorevole in sede di adunanza o dal mancato esercizio di tale diritto.

Categoria nella quale rientra a pieno diritto E. spa dato che il suo credito privilegiato è stato valutato nella proposta ed incluso soltanto per una minima parte tra i crediti contestati la cui soddisfazione è garantita dall’appostazione di uno specifico fondo rischi.

Venendo al merito della questione va rammentato che nel concordato preventivo, a differenza di quel che accade nel fallimento, non è prevista una fase di accertamento dei crediti e la partecipazione al concorso non presuppone una domanda giudiziale.

L’assenza di un accertamento del passivo con efficacia di giudicato endoconcorsuale fa sì che ogni questione sull’esistenza, entità e rango dei crediti debba essere risolta nell’ambito di un processo ordinario di cognizione.

Nella vigenza della precedente disciplina si riteneva quindi, correttamente, che ove il creditore avesse proposto opposizione all’omologa contestando l’importo o il rango del credito (cosi come esso era stato considerato dal debitore e riportato nell’elenco formato dal giudice ai sensi dell’art. 176 l.fall.) tale accertamento, di natura delibativa e meramente incidentale, avesse il solo scopo di consentire al tribunale il corretto (ri)calcolo delle maggioranze (ex multis Cass. 21/04/2002).

La profonda modifica della disciplina del concordato preventivo non ha toccato tale fondamentale profilo, dato che ancora oggi nella procedura di concordato preventivo non è presente una fase appositamente dedicata alla verifica dei diritti dei creditori e dei terzi per cui non esiste un procedimento teso al riconoscimento dell’esistenza dell’ammontare del credito.

Quel che è mutato è il possibile orizzonte delle questioni demandate al tribunale una volta che incidentalmente abbia delibato (positivamente) sull’esistenza entità e rango di un credito contestato.

E ciò in quanto la valutazione di fattibilità economica e/o di convenienza è oggetto del giudizio di omologa solo ed in quanto sia introdotta da un creditore mediante l’opposizione all’omologa.

Il tribunale è privo del potere di valutare d’ufficio il merito della proposta, in quanto tale potere appartiene solo ai creditori così che solo in caso di dissidio tra i medesimi in ordine alla fattibilità, denunciabile attraverso l’opposizione all’omologazione, il tribunale, preposto per sua natura alla soluzione dei conflitti, può intervenire risolvendo il contrasto con una valutazione di merito in esito ad un giudizio, quale è quello di omologazione, in cui le parti contrapposte possono esercitare appieno il loro diritto di difesa [ C 23.6.2011 , n. 13817]

Il che è avvenuto nel caso di specie dato che E. si è opposta all’omologa assumendo l’illegittimità della riduzione del credito operata dal debitore ed avallata dagli organi della procedura e, di conseguenza, la non fattibilità del piano una volta considerato il credito erariale nel suo corretto ammontare.

Nel merito l’opposizione è infondata.

L’appostazione di un fondo rischi di euro 73.161,26  a garanzia del soddisfacimento del credito erariale appare corretta e prudenziale in quanto la cifra corrisponde alla somma degli importi determinati da due sentenze della commissione tributaria provinciale che hanno accolto sia pur parzialmente le contestazioni di C.

Nonostante le sentenze sfavorevoli l’Agenzia delle Entrate ha iscritto a ruolo gli importi conseguenti all’avviso di accertamento cassati dalle CTP.

Nella relazione del commissario giudiziale appare evidente come le sentenze del CTP si fondono su un solido ragionamento giuridico in relazione all’errata applicazione del regime del reverge charge e che quindi, come accertato dai giudici tributari, in entrambi i casi non vi sia stata sostanziale evasione di IVA.

Con la conseguenza che appare più probabile che non che tali decisioni vengono confermate in appello davanti alla CTR e che, di contro, appare illegittima la pretesa di E. di un’appostazione del fondo rischi di una somma pari agli importi conseguenti all’avviso di accertamento cassati dalle CTP.

Accertato che la somma appostata a garanzia della soddisfazione del credito erariale è corretta deve esprimersi un giudizio positivo in ordine alla fattibilità del concordato proposto da C.

Sia di quella giuridica, in quanto non vi sono dubbi sull’effettiva idoneità della proposta ad assicurare il soddisfacimento della causa della procedura da intendersi come il diritto del debitore di regolare la propria crisi nei termini indicati nella proposta e nel piano e come diritto dei creditori ad ottenere “una sia pur minimale consistenza del credito” vantato “in tempi di realizzazione ragionevolmente contenuti”, che di quella economica, scrutinabile a seguito dell’opposizione di E.

Giudizio di fattibilità economica che dovrà essere effettuato senza tener conto del maggior credito richiesto da E.

L’andamento economico della società evidenzia come il piano industriale e finanziario con cui attuare la proposta concordataria ha avuto corretta esecuzione nel periodo successivo al deposito della domanda prosegue regolarmente con una tempistica media di incasso a 90 giorni, come previsto nel piano.

Da ultimo va considerato che la società è attualmente in grado di finanziarsi con mezzi propri il che evita il maturare di interessi passivi con gli istituti di credito.

Dall’insieme dei tanti esaminati dal commissario emergerebbe quindi la concreta possibilità che la continuazione dell’attività aziendale possa generare sino alla fine del 2016 (termine di adempimento della proposta per il pagamento dei creditori chirografari) risorse disponibili per l’esecuzione del concordato pari ad euro 1.194.622,00, somma maggiore di quella preventivata, pari ad euro 811.336,00.

In definitiva appare più probabile che non che la proposta possa essere adempiuta nelle percentuali e nei termini di soddisfazione previsti.

Il parere del Pubblico Ministero presente nella persona della dott.ssa Di Tullio è positivo.

Il decreto che omologa o rigetta il concordato, in assenza di opposizioni, non deve statuire sulle spese del giudizio, qualora, come nel caso di specie siano state proposte opposizioni la regolamentazione delle spese avverrà, secondo i principi generali

Visto l’art. 180, 182 l.f.

P.Q.M.

OMOLOGA

La procedura di Concordato preventivo della C. srl, CF xxxxxxxxxxx, con sede in P. M., via R. n. xx, rappresentata e difesa ai fini della procedura all’avv. F. Boffi ed A. Piccolini, elettivamente domiciliata in Lentate Sul Seveso, via Garibaldi n. 26;

DISPONE

(omissis)

 

Condanna E. spa a rimborsare a C. srl le spese del giudizio che liquida in complessivi euro 5.000,00 oltre oneri di legge.

Si comunichi al registro delle imprese per la iscrizione a cura della cancelleria ex art. 17 l.f., nonché alla ricorrente, al commissario giudiziale ed al PM..

Così deciso in Camera di Consiglio della terza sezione civile del Tribunale di Monza il 2.07.2014.

 

Il Giudice rel. Est.                                                                                                                          Il Presidente

Dott. G.B. Nardecchia                                                                                                                 Dott. Alida Paluchowski

Scrivi una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *