Cass. 25.09.2014 n. 14552 (sugli effetti della sentenza di omologazione del concordato preventivo sui crediti)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la sentenza n. 20298 resa dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione in data 26 giugno 2014 e pubblicata il 25 settembre 2014 (Giudice Relatore Dott. Guido Mercolino).

La sentenza pubblicata mi pare interessante perché affronta con chiarezza il tema degli effetti della sentenza di omologazione del concordato preventivo sui crediti e, in particolar modo, sulla loro esistenza, sul loro ammontare e sul loro rango.

Per i giudici della Suprema Corte, infatti, “la sentenza di omologazione del concordato preventivo, per le particolari caratteristiche della procedura che ad essa conduce, determina un vincolo definitivo in ordine alla riduzione quantitativa dei crediti, ma non comporta la formazione di un giudicato in ordine all’esistenza, all’entità ed al rango (privilegiato o chirografario) dei crediti ed agli altri diritti implicati nella procedura; essa, infatti, non presuppone un accertamento giurisdizionale dei crediti, ma una verifica amministrativa, avente carattere meramente delibativo e volta esclusivamente a consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta, e non esclude quindi la possibilità di promuovere successivamente un ordinario giudizio di cognizione nei confronti dell’impresa in concordato, al fine di far accertare il proprio credito ed il privilegio che eventualmente lo assiste (cfr. Cass., Sez. 1, 14 febbraio 2002, n. 2104; 22 settembre 2000, n. 12545; 17 giugno 1995, n. 6859)”.

Le eventuali rimostranze in ordine ai crediti appostati in procedura dovranno essere fatte valere in autonomo giudizio.

Buona lettura.

Simone Giugni

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Autorità: Cassazione civile sez. I

Data: 25/09/2014

Numero: 14552

Classificazioni: FALLIMENTO – Concordato preventivo – - omologazione

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CECCHERINI   Aldo                                                   – Presidente -

Dott. DI AMATO        Sergio                                                 – Consigliere -

Dott. DIDONE                        Antonio                                  – Consigliere -

Dott. DI VIRGIGLIO Rosa Maria                                        - Consigliere -

Dott. MERCOLINO    Guido                                             - rel. Consigliere -

Ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

I. S.P.A., rappresentata dall’Avv. ___________________, in virtù di procura per notaio Luca Amato del 25 settembre 2006, rep. n. 24821, in qualità di procuratrice dell’I.S. S.P.A., in virtù di procura per notaio Laura Cavallotti del 15 dicembre 2005, rep. n. 915, e della C. S.R.L., in virtù di procura per notaio Allen Labor del 23 ottobre 2006, elettivamente domiciliata in Roma, alla via L. Bissolati n. 76, presso l’avv. _________________, dal quale, unitamente all’avv. ________________ del foro di Treviso, è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente –

contro

CONCORDATO PREVENTIVO DELLA M. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore p.t. rag.                   D.S.E., elettivamente domiciliato in Roma, alla via                         , presso l’avv. __________________, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrente –

e

M. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

- intimata –

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 1325/06, pubblicata il 4 settembre 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26 giugno 2014 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. __________ per delega del difensore della ricorrente e l’avv. __________per delega del difensore della controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore Generale dott. SALVATO Luigi il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – L’I. G. C. S.p.a. convenne in giudizio il liquidatore del concordato preventivo della M. S.r.l. e la M. S.r.l. in liquidazione, chiedendo il pagamento della differenza tra l’importo assegnatole in sede di liquidazione concordataria e quello ad essa spettante in virtù del decreto ingiuntivo emesso il 16 gennaio 1998, con cui il presidente del Tribunale aveva ingiunto alla società convenuta il pagamento della somma di l: 455.641.235, a titolo di saldo debitore del conto corrente ad essa intestato presso il B.A. S.p.a..

Premesso di essersi resa cessionaria del predetto credito, espose che, a seguito dell’ammissione della M. alla procedura di concordato preventivo, disposta con decreto del dicembre 18 dicembre 1997, il liquidatore aveva contestato la regolarità di un pegno in  Buoni Ordinari del Tesoro costituito dalla medesima società a garanzia delle linee di credito accordatele, disconoscendo gli effetti del realizzo dei titoli e detraendo dall’importo riconosciuto ad essa attrice in sede di riparto la somma di L. 100.000.000, corrispondente al ricavato della vendita.

1.1. – Con sentenza del 19 agosto 2003, il Tribunale di Venezia rigettò la domanda, osservando che, in quanto successiva alla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, la realizzazione del pegno si poneva in contrasto con il divieto posto al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 168 ed escludendo che l’applicabilità di tale disposizione fosse preclusa dal giudicato formatosi in ordine al decreto ingiuntivo, in quanto quest’ultimo, pur avendo ad oggetto il credito residuo della Banca, non recava alcuna pronuncia in ordine alla legittimità dell’operazione.

2. – l’impugnazione proposta dall’Intesa Gestione Crediti è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza del 4 settembre 2006.

Premesso che il credito ceduto era stato integralmente nel piano di riparto formato in esecuzione del concordato omologato, sull’evidente presupposto dell’inopponibilità della realizzazione del pegno, la Corte ha ritenuto che la questione concernente l’applicabilità della L.Fall., art. 168, alle modalità del pegno stabilita dall’autonomia privata fosse coperta dal giudicato formatosi in ordine all’omologazione del concordato, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Precisato inoltre che il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente, ha affermato che, in quanto avente ad oggetto tutti i crediti in sofferenza, la cessione effettuata al B.A. in favore della C. S.p.a., in seguito denominata I.G.C., aveva riguardato l’intera posizione debitoria della M., ivi inclusi i fatti estintivi e modificativi verificatesi anteriormente alla cessione, con la conseguente opponibilità alla cessionaria anche della compensazione con la somma incassata dalla cedente attraverso la realizzazione del pegno. Per lo stesso motivo, ha confermato la legittimazione passiva dell’I.G.C. in ordine alla domanda riconvenzionale proposta dal liquidatore del concordato preventivo, aggiungendo che l’inefficacia della realizzazione del pegno era già stata eccepita in se4de di ripartizione concordataria per paralizzare la pretesa  avanzata dall’appellante in quella sede.

Ha ritenuto invece inammissibile, in quanto proposta per la prima volta in appello, la domanda di collocazione in via privilegiata di quella parte del credito che era assistita dalla prelazione, confermando infine che il pagamento della percentuale concordataria aveva determinato l’integrale soddisfazione del credito, che era esclusivamente quello indicato nella proposta omologata.

3. – Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione, per sette motivi, illustrati anche con memoria, l’I. S.p.a., in qualità di procuratrice dell’ I. S. S.p.a. (succeduta all’I.G.C. a seguito di fusione per incorporazione con atto per notaio Piergaetano Marchetti del 28 dicembre 2006, rep. n. 109563) e della C.F. S.r.l. (subentrata nel credito vantato dall’I.G.C. con atto di cessione del 6 dicembre 2005). Resiste con controricorso il liquidatore del concordato preventivo. La M. in liquidazione non ha svolto attività difensiva.

 

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 183 c.p.c.  comma 3 , sostenendo che, nell’affermare che l’inclusione dell’intero credito nel piano di riparto comportava la formazione del giudicato in ordine all’inefficacia della realizzazione del pegno, la Corte di merito ha posto a fondamento della decisione un questione che no  era stata sottoposta alle parti, ed in ordine alla quale, pertanto, essa ricorrente non era stata posta in grado di controdedurre.

1.1. – Il motivo è infondato.

In quanto destinato a fissare la regola del caso concreto, il giudicato può essere infatti annoverato tra gli elementi normativi astratti, partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, il cui accertamento non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma è assimilabile, per la sua intrinseca natura e  per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giuridiche (cfr. Cass., Sez. 1, 23 dicembre 2010, n. 26041; 24 maggio 2007, n. 12157; Cass., Sez. 3, 16 maggio 2006, n. 11356). Il rilievo d’ufficio della relativa preclusione da pertanto luogo ad una questione di diritto, che, ove non sia preceduta dalla sua segnalazione alle parti, al fine di consentire su di essa l’apertura della discussione, non determina la nullità della sentenza, ma si risolve in un mero error juris in judicando, la cui denuncia in sede di legittimità comporta la cassazione della sentenza soltanto nel caso in cui tale errore si sia in concreto consumato (cfr. Cass., Sez. Un., 30 settembre 2009, n. 20935; Cass., Sez. 3, 12 aprile 2013, n. 8936; 23 agosto 2011, n. 17495).

2. – Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in via subordinata, la violazione o la falsa applicazione della L. Fall., artt. 175, 176 e 181, affermando che la sentenza di omologazione del concordato preventivo non comporta la formazione di un giudicato in ordine all’esistenza, all’ammontare ed al rango dei crediti azionati, né, a maggior ragione, in ordine all’opponibilità della realizzazione dei pegni, il cui accertamento comporterebbe una statuizione sull’efficacia di fatti modificativi del credito.

Non essendo infatti prevista, in tale procedura, una verifica in ordine all’esistenza ed alla natura delle obbligazioni concorsuali, neppure ad effetti endoprocedimentali, il relativo accertamento può aver luogo mediante un ordinario giudizio di cognizione, la cui instaurazione non è preclusa dall’ammissione provvisoria del credito ad opera del giudice delegato , la quale è finalizzata soltanto al calcolo delle maggioranze.

2.1. – Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha infatti ritenuto che l’esame della questione riguardante l’opponibilità del pegno costituito a garanzia del credito derivante dal saldo debitore del conto corrente fosse precluso dal giudicato implicito formatosi per effetto dell’inclusione dell’intero credito vantato dal B.A. nel piano di riparto formato a seguito dell’omologazione del concordato. Tale affermazione si pone in contrasto con l’orientamento consolidato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la sentenza di omologazione del concordato preventivo, per le particolari caratteristiche della procedura che ad essa conduce, determina un vincolo definitivo in ordine alla riduzione quantitativa dei crediti, ma non comporta la formazione di un giudicato in ordine all’esistenza, all’entità ed al rango (privilegiato o chirografario) dei crediti ed agli altri diritti implicati nella procedura; essa, infatti, non presuppone un accertamento giurisdizionale dei crediti, ma una verifica amministrativa, avente carattere meramente delibativo e volta esclusivamente a consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta, e non esclude quindi la possibilità di promuovere successivamente un ordinario giudizio di cognizione nei confronti dell’impresa in concordato, al fine di far accertare il proprio credito ed il privilegio che eventualmente lo assiste (cfr. Cass., Sez. 1, 14 febbraio 2002, n. 2104; 22 settembre 2000, n. 12545; 17 giugno 1995, n. 6859). Se è vero, pertanto, che nella specie l’inclusione nel piano di riparto dell’intero credito vantato dalla società cedente nei confronti dell’impresa ammessa al concordato, detratto l’importo ricavato dalla vendita del pegno, implicava logicamente l’inopponibilità della realizzazione della garanzia alla procedura, è anche vero però che tale operazione, vincolante ai fini dell’esecuzione del concordato, non precludeva l’accertamento dell’entità del credito vantato dalla cessionaria dinnanzi al giudice competente in via ordinaria.

3. – Prioritario, rispetto all’esame del terzo motivo d’impugnazione, è poi quello del quarto motivo, con cui la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 81 e 100 cod. proc. civ., sostenendo che, nel riconoscere la sua legittimazione a contraddire in ordine alla domanda di accertamento dell’inesistenza, dell’invalidità o dell’inefficacia del pegno, proposta in via riconvenzionale dal liquidatore, la sentenza impugnata non ha considerato che tale domanda non aveva ad oggetto l’accertamento di un fatto impeditivo della pretesa azionata in via principale, ma un rapporto connesso, nel quale essa ricorrente non era mai subentrata, in quanto già estinto al momento del trasferimento del credito.

3.1. – Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha infatti ritenuto che la cessione in blocco dei crediti in sofferenza effettuata dal B.A. in favore della C., avendo riguardato, tra l’altro, la complessiva posizione creditoria del cedente nei confronti della società ammessa al concordato preventivo, avesse incluso anche i fatti estintivi o modificativi dell’obbligazione verificatesi in epoca anteriore alla cessione, ivi compresa la compensazione operata dal cedente tra il saldo debitore del conto corrente e la somma ricavata dalla vendita del pegno, la cui inopponibilità alla procedura poteva pertanto essere fatta valere nei confronti della cessionaria.

Tale affermazione non tiene tuttavia conto della circostanza, fatta valere dalla ricorrente già nel giudizio di primo grado, che la realizzazione della garanzia e la connessa operazione di compensazione avevano avuto luogo in epoca anteriore alla cessione del credito: ove effettivamente provata, tale circostanza avrebbe imposto di ritenere che all’epoca della cessione il credito risultasse parzialmente estinto, con la conseguenza che la cessionaria non poteva averlo acquistato per intero, ma soltanto nei limiti dell’importo residuo, senza peraltro subentrare nella titolarità del pegno, anch’esso da considerarsi ormai estinto al momento della cessione. In contrario, non può assumere rilievo la riconducibilità della cessione al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58 non risultando dalla sentenza impugnata che il trasferimento, ancorché avente ad oggetto il complesso dei crediti in sofferenza della cedente, senza alcuna specificazione o distinzione in ordine ai singoli rapporti ceduti, si estendesse anche a quelli già estinti, in tal modo comportando il sub ingresso della cessionaria in tutte le posizioni soggettive derivanti dal pregresso esercizio dell’ attività bancaria della cedente. In quest’ottica, l’inopponibilità alla procedura della realizzazione del pegno, in quanto posta in essere in epoca successiva alla proposizione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non avrebbe potuto essere fatta valere nei confronti della società cessionaria, la quale risultava estranea ai rapporti precedentemente intercorsi tra il cedente e la debitrice ceduta, in quanto subentrata esclusivamente nella parte del credito residuata all’operazione di compensazione.

Inconferente, al riguardo, è l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla Corte di merito, secondo cui per effetto della cessione del credito il debitore ceduto diviene obbligato verso il cessionario negli stessi termini in cui lo era nei confronti del cedente, con la conseguenza che può opporgli tutte le eccezioni opponibili a quest’ultimo, sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione od anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto (cfr. Cass., Sez. 3, 17 gennaio 2001, n. 575; Cass., Sez. 2, 6 agosto 1999, n. 8485). In quanto avente ad oggetto l’importo risultante dalla compensazione tra il saldo del debitore del conto corrente e il ricavato della vendita del pegno, il credito fatto valere dalla ricorrente già scontava l’effetto del fatto estintivo eccepito dalla debitrice, la cui inopponibilità alla procedura non poteva pertanto essere fatta valere nei confronti di quest’ultima, dovendo invece essere dedotta nei confronti del cedente.

4. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbiti gli altri motivi, con cui la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto ad essa opponibile l’inefficacia della realizzazione del pegno ed inammissibili le censure riflettenti l’immotivata dichiarazione d’invalidità ed inefficacia della garanzia, nonché nella parte in cui ha omesso di tener conto dell’efficacia pro solvendo della cessione prevista dalla proposta concordataria e del carattere non satisfattivo dell’importo assegnatole nel progetto di ripartizione.

5. – La causa va conseguentemente rinviata alla Corte d’Appello di Venezia, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il quarto motivo, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, anche per la liquidazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2014

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