Cass. 06.02.2015 n. 2264 e Trib. Verona 16.02.2015 (sulla prededucibilità dei crediti del professionista)
Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la Sentenza n. 2264 resa dalla I sez. Civ. della Corte di Cassazione (relatrice Dott.ssa Magda Cristiano) e, a seguire, il decreto del Tribunale di Verona del 16.02.2015.
E’ la prima volta che pubblichiamo insieme due provvedimenti. E’ stato indispensabile farlo, però, perché gli stessi rappresentano una sorta di “stato dell’arte” del rango assegnato alle competenze maturate dai professionisti in occasione della presentazione di una procedura preconcorsuale.
La Sentenza della Corte di Cassazione ribadisce, infatti, il consolidato orientamento per il quale i crediti del professionista derivanti dall’attività di consulenza ed assistenza prestata al debitore, ammesso al concordato preventivo, per la redazione e per la presentazione della relativa domanda sono prededucibili nel successivo fallimento ai sensi del novellato art. 111, comma 2, L.F.
Mi pare che la Suprema Corte, con pregevole motivazione, abbia messo a tacere le ultime opinioni contrarie sul punto.
Diversa sorte, almeno a parere del Tribunale di Verona, hanno invece le competenze maturate per la presentazione di un accordo di omologazione dei debiti, figura che – come è noto – ha avuto scarsa diffusione nella pratica per alcune insormontabili difficoltà di attuazione.
A parere dei giudici veronesi, infatti, l’accordo ex art. 182 bis L.F. presenta caratteristiche prettamente privatistiche (che vengono peraltro analiticamente elencate), caratteristiche che lo pongono al di fuori dell’ambito concorsuale.
Inoltre, introducendo un’argomentazione che avrebbe meritato ben altro approfondimento, il Tribunale evidenzia altresì che l’accordo (pur omologato) non risulta aver apportato alcuna utilità alla massa dei creditori, essendo stato pronunciato il fallimento a distanza di poco tempo (anche se, a mio avviso, non così poco …) rispetto all’omologazione.
La fattispecie risulta quindi estranea alla previsione del citato art. 111, comma 2, L.F.
Buona lettura.
Simone Giugni
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Autorità: Cassazione civile sez. I
Data: 06/02/2015
n. 2264
Classificazioni: FALLIMENTO – Ripartizione dell’attivo – in genere
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – consigliere –
Ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 24772 – 2011 proposto da : V.G. (c.f. (omissis), in proprio, elettivamente domiciliato in ROMA, via , presso l’avvocato S.L., rappresentato e difeso da se medesimo e e dall’avvocato F.F., giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente –
contro
FALLIMENTO N. S.R.L., in persona del Curatore fallimentare dott. P. L., elettivamente domiciliato in ROMA, , presso l’avvocato M.L., rappresentato e difeso dall’avvocato M.R., giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE DI FERMO, depositato il 08/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/11/2014 dal Consigliere Dott. Mgda Cristiano;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato D. F., con delega, che si riporta; udito per il controricorrente, l’Avvocato M. R. che si riporta,
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C.A. che ha concluso per l’accoglimento del motivo terzo e quarto del ricorso, rigetto del motivo primo e del secondo.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avvocato V.G. prestò la propria opera professionale in favore della N s.r.l., in nome e per conto della quale presentò due domande di ammissione al concordato preventivo.
L’adito tribunale di fermo accolse la prima domanda, ma l’ammissione della società al concordato preventivo venne meno per il mancato raggiungimento delle maggioranze richieste dall’art. 1777 L. fall., comma 1.
La seconda domanda fu invece dichiarata inammissibile e il tribunale, contestualmente al decreto emesso ai sensi dell’art. 162 l. fall., dichiarò il fallimento della società.
L’avv. V. chiese l’ammissione dei crediti professionali vantati in relazione alla prima ed alla seconda procedura che quantificò, rispettivamente, in Euro 350.739,52, di cui domandò collocazione in prededuzione, ai sensi dell’art. 111, comma 2, l. fall., ed in Euro 204.563,94, di cui domandò collocazione privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis c.c., n. 2.
Il G. D. ammise il primo credito al privilegio per la minor somma di Euro 139.838,62, pari allo 0,7% del valore della pratica, e dichiarò assorbito in tale importo il compenso relativo alla seconda domanda di concordato.
L’opposizione ex art. 98 l. fall., proposta dall’avv. V. contro il provvedimento è stata rigettata dal tribunale di Fermo con decreto dell’8.9.011. Il giudice del merito, dopo aver respinto l’eccezione svolta in rito dall’opponente, di difetto di legittimazione processuale del curatore costituitosi in giudizio senza richiedere l’autorizzazione del G.D., ha ritenuto generica la censura con la quale il V. aveva lamentato l’applicazione del coefficiente dello 0,7%, sul valore della pratica, di poco superiore ai minimi tarfiffari, aggiungendo che la decisione trovava giustificazione nell’esito negativo di entrambe le domande; ha quindi escluso che il credito potesse essere ammesso in prededuzione, rilevando che l’art. 182 quater, introdotto dal D.L. n. 48 del 2010, convertito dalla L. n. 122 del 2010, che era norma avente valore interpretativo, aveva chiarito che l’unico credito funzionale all’apertura della procedura di concordato, e perciò prededucibile nel successivo fallimento, era quello del professionista attestatore, sempre che il tribunale ne avesse riconosciuto la natura di credito di massa nel decreto di ammissione.
Il provvedimento è stato impugnato dall’avv. V. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui il Fallimento della N. ha resistito con controricorso.
La causa, per la quale era stata disposta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata chiamata una prima volta all’udienza camerale del 15 ottobre 2013 e quindi rimessa all’odierna udienza pubblica.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 31 l. fall., il ricorrente sostiene che il curatore, per potersi costituire regolarmente in giudizio, avrebbe dovuto munirisi dell’autorizzazione del giudice delegato del fallimento.
Il motivo è infondato, atteso che fra i giudizi di contestazione dei crediti, nei quali, a norma dell’art. 31, comma 2, l. fall., così come novellato dal D.Lgs. n 5 del 2006, il curatore può stare in giudizio senza l’autorizzazione del giudice delegato, rientrano tutti i giudizi di impugnazione dello stato passivo contemplati dall’art. 98 l. fall. (Cass. N. 7918/012).
2) Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione del provvedimento impugnato, che avrebbe drasticamente ridotto la misura del compenso in base ad argomentazioni lacunose.
Il motivo va dichiarato inammissibile, sia perché assolutamente generico, sia perché non rivolge alcuna critica all’assunto del tribunale secondo il quale la riduzione operata trovava giustificazione nell’esito negativo di entrambe le domande di concordato.
3) Con il terzo ed il quarto motivo, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, l’avv. V. lamenta che al credito non sia stata riconosciuta collocazione in prededuzione. Rileva, per un verso, che l’art. 182 quater l. fall., è norma inapplicabile al caso di specie, in quanto priva di valore interpretativo e introdotta in data successiva non solo alla domanda di ammissione ma anche al deposito del ricorso in opposizione;
contesta, per altr verso, in via generale, la correttezza della conclusione raggiunta dal tribunale.
I motivi sono fondati e devono essere accolti.
Il tribunale ha, del tutto erroneamente, fondato la propria decisione sulla pretesa valenza retroattiva di una norma (l’art. 182 quater, comma 4, della l. fall.) non applicabile ratione temporis al caso di specie e che comunque, proprio a causa delle innumerevoli questioni derivate dalla sua interpretazione ed applicazione, ha avuto vita breve nel nostro ordinamento, essendo stata introdotta dal D.L. n. 78 del 2010, art. 48, comma 1, covertito dalla L. n. 122 del 2010 /che l’aveva già in parte modificata) ed abrogata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 3, comma 1, lett. E bis, convertito dalla L. n. 134 del 2012.
Questa Corte, nel vigore di tale disposizione, aveva peraltro già rilevato come la sua introduzione non potesse essere assunta a sostegno di un’interpretazione immotivatamente restrittiva della disposizione generale dettata dall’art. 111, comma 2, l.fall., (tale da annullarne sostanzialmente la portata), in contrasto con la lettera della legge e con l’intenzione del legislatore, all’evidenza individuabile nell’esigenza di favorire il ricorso alle procedure concorsuali diverse da quelle fallimentare (Cass. N. 8533/013).
Ciò premesso, appare sufficiente rilevare che sulla questione dibattuta fra le parti è ormai consolidato l’orientamento di legittimità, che il collegio pienamente condivide, secondo cui i crediti del professionista derivanti dall’attività di consulenza e assistenza prestata al debitore, ammesso al concordato preventivo, per la redazione e la presentazione della relativa domanda sono prededucibili nel fallimento consecutivo, ai sensi del novellato art 111, comma 2 L. fall., che detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, ha introdotto un’eccezione al principio della par condicio ed ha esteso la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (Cass. nn. 8533/013, 1513/014, 8958/014), fra i quali il credito del professionista rientra de plano (Cass. nn. 5098/014, 19013/014), senza che debba verificarsi il “risultato” delle prestazioni (certamente strumentali all’accesso alla procedura minore) da questi svolte, ovvero la loro concreta utilità per la massa. La lettura dell’art. 1112, comma cit. offerta dal Fallimento controricorrente, secondo cui, ai fini dell’ammissione in prededuzione, la nozione di funzionalità implicherebbe comunque la valutazione dell’inerenza delle prestazioni alla necessità risanatorie dell’impresa ed all’esistenza di un vantaggio per i creditori, finirebbe con lo svuotare la norma di significato, atteso che la sopravvenuta dichiarazione di fallimento si dovrebbe necessariamente presumere la mancanza di utilità per la massa di attività svolte in funzione dell’ammissione al concordato preventivo e ricondurrebbe la fattispecie entro i medesimi ambiti interpretativi ed applicativi cui, proprio per l’assenza di un’espressa previsione regolatrice, sottostava nel vigore della precedente disciplina.
All’accoglimento degli ultimi due motivi del ricorso consegue la cassazione del decreto impugnato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto questa Corte può decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. comma 2, e riconoscere collocazione in prededuzione al credito del ricorrente.
Le spese del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso ed accoglie il terzo ed il quarto motivo; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, ammette in prededuzione allo stato passivo del Fallimento della N. s.r.l. il credito dell’avv. V.G. di Euro 139.838,62 oltre accessori condanna il Fallimento al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito, che liquida in complessivi Euro 7.000, di cui Euro 1.000 per esborsi, Euro 1.500 per diritti ed Euro 4.500 per onorari, e di questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.200 di cui 200 per esborsi, oltre, per entrambi i giudizi, rimborso forfettario ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2015.
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DECRETO CONT FALL. 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il tribunale civile e penale di Verona
Sezione 2^ civile
Composta dai seguenti Magistrati:
DOTT. FRANCESCO FONTANA PRESIDENTE REL.
DOTT. MASSIMO COLTRO GIUDICE
DOTT. FEDERICO BRESSAN GIUDICE
Ha pronunciato il seguente
DECRETO
OGGETTO: OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO
nella causa civile promossa con ricorso in opposizione ex art. 98 L.F.
depositato in cancelleria il 06.03.2014
DA
nato a il C.F.
nato a il C.F.
nato a il C.F.
congiuntamente ed in proprio, elettivamente domiciliati presso il proprio studio legale in Verona
OPPONENTI
CONTRO
FALLIMENTO S.P.A., con sede legale in Verona (VR), via in persona del curatore fallimentare dott. S.P., elettivamente domiciliato in Verona presso lo studio dell’Avv.to A.R., che lo rappresenta e difende, come da mandato in calce alla memoria difensiva di costituzione.
OPPOSTO
CONCLUSIONI
PARTE OPPONENTE:
CHIEDE che il credito degli avv.ti venga ammesso al passivo del Fallimento in prededuzione per essere inerenti e funzionali l’accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis L.F. accolto con provvedimento di omologa Codesto Tribunale in data 16/03/2012, in misura pari a quella già ammessa.
Con riserva di ulteriormente dedurre e istruire.
Con vittoria di spese e competenze del giudizio.
PARTE OPPOSTA:
- nel merito: respingersi l’opposizione allo stato passivo proposta dall’avv.
Competenze e spese di procedimento rifusi, oltre 4%, C.A.P. e I.V.A..
IL TRIBUNALE DI VERONA
Composto dai seguenti magistrati:
1) dott. Francesco Fontana Presidente rel.
2) dott. Massimo Coltro Giudice
3) dott. Federico Bressan Giudice
a scioglimento della riserva;
rilevato che il credito dei professionisti, per l’attività resa per la predisposizione dell’accordo di ristrutturazione del debito di cui all’art. 182 bis LF, è stato ammesso in via privilegiata e non – come richiesto dagli istanti – in prededuzione;
ritenuto che la fattispecie in esame (art. 182 bis LF) presenta caratteristiche prettamente privatistiche, come tale estranea alla procedure concorsuali in genere;
rilevato infatti – a conferma della superiore conclusione – che non è prevista una fase di ammissione dei crediti, non vi sono organi pubblici destinati alla gestione del procedimento, non si applica il principio maggioritario (stante la non vincolatività dell’accordo raggiunto nei confronti dei creditori dissenzienti o estranei), non vige il principio della “par condicio creditorum”, non sussiste luogo deputato alla discussione ed approvazione della proposta (quale l’assemblea dei creditori);
rilevato oltretutto che l’accordo (pur omologato) non risulta avere apportato alcuna utilità per la massa dei creditori, essendo comunque stato pronunciato il fallimento a distanza di poco tempo rispetto all’omologa dell’accordo (26.7.2013 – 16.3.2012, rispettivamente);
ritenuta quindi l’estraneità della fattispecie concreta alla previsione di cui all’art. 111 comma II° LF;
ritenuta la infondatezza della proposta opposizione;
P. Q. M.
A) rigetta il ricorso in opposizione ex art. 98 LF;
B) condanna gli opponenti – in via tra loro solidale – alla refusione delle spese del procedimento, spese liquidate in euro 1.500,00 oltre accessori se dovuti.
Verona, 26 gennaio 2015 IL PRESIDENTE EST.
Depositato in data 16 febbraio 2015.