Trib. Venezia 24.04.2014 (sulla risoluzione del concordato preventivo)
Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio il decreto reso dalla Sezione Fallimentare del Tribunale di Venezia in data 24.04.2014.
E’ stato scelto, in particolare, perché tenta di dettare alcune linee guida su uno dei temi più dibattuti in questo periodo nelle sezioni fallimentari, ossia la risoluzione del concordato preventivo omologato.
Il Tribunale inizia ricordando che l’art. 186 L.F. riformato prevede che “Il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza”.
Dunque perché si possa parlare di risoluzione è necessario che si possa discutere di inadempimento.
Indici rivelatori dell’inadempimento, ossia della mancata effettuazione della prestazione dovuta da parte del debitore, potrebbero essere individuati nella mancata realizzazione dei risultati satisfattori, sapendo che quasi sempre siamo in presenza di concordati con cessione dei beni e la percentuale indicata per i chirografi non è prevista come vincolante.
Resta comunque incerto se l’inadempimento rilevi in sé, ossia a prescindere dal profilo dell’imputabilità per dolo o colpa, come sembrerebbe avallare il mancato richiamo dell’art. 1218 c.c. Per contro, mirando il concordato alla risoluzione della crisi e, quindi, alla definizione complessiva dei rapporti di debito facenti capo al proponente, anche il fatto esterno non imputabile che in concreto non permetta di raggiungere il fine indicato sarebbe pienamente valorizzabile ai fini dell’inadempimento (cfr. Cass. Civ., sez I, 7-6-2007, n. 13357).
A conclusione dell’ampia motivazione, il Collegio evidenzia comunque che un giudizio di tale complessità non possa essere reso se non in una fase avanzata della liquidazione, poiché “la possibilità di dar corso alla risoluzione del concordato quando emerga che essa sia venuto meno, anche per fatto sopravvenuto non imputabile, alla sua funzione, in quanto, secondo il prudente apprezzamento del giudice del merito, le somme ricavabili dalla liquidazione dei beni ceduti si rivelino sufficienti in base ad una ragionevole previsione soddisfare anche in minima parte i creditori chirografari e integralmente i privilegiati, presuppone un confronto fra l’andamento della liquidazione e l’impatto effettivo del fatto sopravvenuto e non una valutazione meramente congetturale”.
Buona lettura.
Simone Giugni
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TRIBUNALE ORDINARIO DI VENEZIA
SEZ. FALLIMENTARE
Riunito in camera di consiglio, composto da:
dott. Roberto Simone Presidente rel.
dott. Andrea Fidanzia Giudice
dott. Alessandro Girardi Giudice
Letta la relazione ex art. 185 L.F. presentata dal Commissario Giudiziale del concordato preventivo di De Costruzioni s.r.l. in liquidazione del data 25.11.2013 nonché le relazioni integrative del 4.12.2013 e del 7.1.2014 nonché la relazione di aggiornamento del 17.1.2014;
letta la memoria di costituzione di C. s.p.a.;
letta altresì la memoria di replica del 24.1.2014 di De Costruzioni s.r.l. in liquidazione ed in concordato preventivo, nonché quella di controdeduzioni di C. s.p.a. del 13.1.2014;
esaminate le memorie di replica depositata il 13.2.2014 da C. s.p.a.;
lette le memorie di costituzione di B. s.p.a. nonché quella di intervento di Te. s.r.l. e I. s.r.l.;
ha emesso il seguente
DECRETO
1) Con relazione del 25.11.2013 e successiva integrazione del 4.1.2013 il Commissario Giudiziale del concordato preventivo De Costruzioni. s.r.l. in liquidazione esponeva che il piano concordatario con riferimento ai rapporti tra la proponente e la società I.T. s.r.l. contemplava all’attivo il valore della quota di partecipazione di euro 77.405,62, un credito di euro 180.00 per prestazioni ed un credito di euro 282.815,17 per finanziamento del socio (totale euro 540.220,79).
Il Commissario Giudiziale successivamente all’omologa del concordato preventivo apprendeva dell’intervenuta emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in favore della C. Banca s.p.a. reso dal Tribunale di Trento per euro 6.167.701,16 nei confronti della società I.T. s.r.l. nonché di B Costruzioni s.r.l. per euro 5.500.000 in qualità di coobbligati in solido e di altri tre coobbligati in solido per euro 916.657,50, sempre quali fideiussori. Altro decreto ingiuntivo è stato emesso per euro 127.522,03 in favore di soc. coop., facente parte del pool di banche, sempre in relazione all’erogazione della somma di euro 5.500.000 per l’acquisto di un terreno sito in Comune di Venezia costituito in garanzia.
Considerato che l’esistenza della fideiussione de qua non vi era menzione nella proposta concordataria, ma solo una generica indicazione nella relazione dell’attestatore, e che i ogni caso l’eventuale incapienza dei beni immobili gravati da ipoteca, a fronte di una perdita di esercizio al 31.12.2012 della società partecipata per euro 82.978,73 (di qui la palesata intenzione di procedere ad un aumento del capitale sociale), porterebbe ad azzerare la posta attiva di euro 540.220,79 con conseguente annullamento di qualsiasi possibilità di soddisfacimento dei creditori chirografari (v. tabella riportata a pag. 7 della relazione del 25.11.2013).
A questo dato, fermo restando che si era scoperto che sin dal 30.6.2011 la società I.T. s.r.l. non corrispondeva gli interessi corrispettivi e che dal 21.12.2011 non pagava il capitale, dovrebbe aggiungersi l’eventuale maggior passivo a fronte della prestata fideiussione, tenuto conto della possibile contrazione del valore di vendita dell’immobile oggetto di ipoteca, pur rilevandosi un divario positivo fra il valore del bene ed il debito da fideiussione, con conseguente contrazione del fondo rischi chirografari previsti nel piano.
Nella stessa relazione il Commissario Giudiziale ha evidenziato un’ulteriore possibile contrazione del fondo chirografi nella misura di euro 712.940,28 per effetto di un debito nei confronti di E. s.r.l. già C.C. s.a.s. di & C. In particolare, in base ad un accordo del 12.5.2004 De M Costruzioni s.r.l. in liquidazione è ritenuta obbligata a sostenere gli oneri dell’avviso INPS per l’importo indicato, posto che la prima sarebbe tenuta ad effettuare un finanziamento alla s.r.l., di cui è socia al 100%, che a sua volta verrebbe utilizzato da quest’ultima per il rimborso del credito contributivo di E. s.r.l. Tale sopravvenienza per quanto priva di impatto sull’attivo, perché il valore della partecipazione in s.r.l. nel piano era stato azzerato, impatterebbe negativamente sul fondo chirografi portandolo da euro 2.216.330,35 ad euro 1.503.390,07.
2) La C. ha chiesta la dichiarazione di risoluzione e/o annullamento del concordato preventivo. A sostegno della propria domanda la banca ha evidenziato l’azzeramento del credito di 540.220,79 nei confronti della società I.T. s.r.l., l’incongruità del fondo rischi generico; l’annullamento del possibile riparto in favore dei creditori chirografari; l’incertezza in merito alla capienza del bene costituito in ipoteca a fronte del credito portato del decreto ingiuntivo in favore di C. Banca s.p.a. con conseguente impatto negativo sull’ammontare complessivo del passivo concordatario; il mancato conteggio di un ingente debito per euro 5.500.000 ai fini del computo della maggioranza in sede di voto.
In breve, la riduzione dell’attivo per euro 540.220,79 e l’aumento del passivo per euro 5.500.000, non indicato analiticamente nella proposta e non coperto dal fondo rischi, porterebbero a ritenere ingrata la fattispecie della risoluzione del concordato per grave inadempimento, peraltro colpevole, posto che si è in presenza di un radicale mutamento oggettivo dell’attivo e del passivo, senza alcuna possibilità di soddisfacimento del ceto chirografario.
In via dubitativa, pur consapevole del richiamo fatto dall’art. 186 L.F. all’art. 138 L.F. e, quindi, alle sole ipotesi di “dolosa esagerazione del passivo e/o sottrazione dell’attivo”, secondo la C. s.p.a. tra le ipotesi di annullamento, anche per ragioni sistematiche riconducibili all’art. 173 L.F., che contempla gli atti in frode fra i casi che legittimano la revoca dell’apertura, dovrebbe essere ricompresa anche quella dell’emersione di un consistente debito taciuto dalla società dotato di un rilevante impatto sulle percentuali promesse.
Te s.r.l. e I. s.r.l. nel loro atto di intervento hanno aderito interamente alle conclusione svolte dalla C. s.p.a.
3) La difesa della De Costruzioni s.r.l. in liquidazione, premesso che dell’esistenza dei rischi correlati alla presenza di fideiussioni rilasciate dalla proponente era stata fatta menzione nella relazione dell’attestatore, tant’è che lo stesso Commissario Giudiziale nella sua relazione ex art. 172 L.F. aveva riferito delle maggiori passività discendenti da fideiussioni rilasciate nell’interesse di società partecipate e della congruità dello stanziamento di fondi, ha evidenziato che è possibile far luogo alla risoluzione del concordato preventivo solo al cospetto di un inadempimento grave avuto riguardo all’interesse dei creditori.
Inadempimento, quest’ultimo, correlabile solo alla mancata effettuazione di una prestazione da parte del debitore concordatario. Ciò presuppone xhe la prestazione dovuta, ed asseritamente non effettuata, sia esigibile.
Sennonchè, prevedendo la proposta concordataria il termine di esecuzione di tre anni, solo in questa dimensione temporale si potrà valutare l’adempimento, o no, alla proposta omologata.
Ad ogni modo, il decreto ingiuntivo reso in favore di C. Banca s.p.a. è stato opposto, sì da rendere incerto l’an ed il quantum del dovuto; non è possibile allo stato valutare l’impatto della sopravvenienza sull’ammontare del passivo concordatario, posto che il bene costituito in ipoteca risulta stimato per euro 7.200.000, valore poi rettificato dal perito del Commissario Giudiziale in euro 6.500.000. Per contro, l’ipotesi estrema ventilata dal Commissario Giudiziale dell’incapienza del bene per le note condizioni del mercato immobiliare resta al momento una mera congettura, non senza considerare la circostanza della presenza di un’offerta d’acquisto per una frazione dell’area, il cui valore unitario permetterebbe di raggiungere il valore di euro 8.300.000. Da ultimo, al fine di verificare l’impatto sul passivo concordatario si dovrebbe considerare anche quello delle azioni di regresso nei confronti del debitore principale e dei coobbligati in solido.
Quanto al debito nei confronti di s.a.s., ha proseguito la difesa di De Costruzioni s.r.l., si tratta di una posta ugualmente incerta destinata ad avere un impatto limitato stimabile nell’ordine dello 0,5%, ampiamente contrappuntata dai maggiori crediti verso terzi (v. il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti OM IG s.r.l. per un importo di euro 733.656,16 indicato nella proposta per euro 506,000,00 oltre Iva).
Nessun occultamento del passivo sarebbe imputabile alla proponente, posto che la messa in mora da parte della banca istante ex art. 638 c.p.c., come evidenziato dal commissario Giudiziale, era del 23.7.2013 e, quindi, di molti mesi successiva alla presentazione del ricorso ex art. 160 L.F., all’adunanza dei creditori ed alla costituzione del giudizio per l’omologa del concordato.
De Costruzioni s.r.l. in liquidazione, da ultimo, ha contestato la possibilità di inquadrare le circostanze valorizzate da C. s.p.a. fra le ipotesi di annullamento contemplate dall’art. 138 L.F. (la dolosa esagerazione del passivo o la sottrazione o dissimulazione rilevante dell’attivo) e richiamate dall’art. 186, u.c., L.F.
4) Preliminarmente deve dichiararsi ammissibile l’intervento svolto da Te. s.r.l. e I. s.r.l., posto che il presente procedimento di natura camerale non vede il formarsi di preclusioni processuali, all’infuori del naturale del debito contraddittorio già cadenzato dal collegio mediante la concessione dei termini per replica (della De M Costruzioni s.r.l. in liquidazione, stante l’avvenuta costituzione in udienza della società istante per la dichiarazione di risoluzione) e contraddizione. A ciò s’aggiunga il dato, pacificamente emerso nel corso dell’udienza di discussione, della natura meramente adesiva dell’intervento per la mancata deduzione di circostanze diverse da quelle dedotte da C. s.p.a., sì che lo svolto intervento non ha immutato i termini oggetto di esame da parte del tribunale.
Nel merito, come già evidenziato, le domande di risoluzione e/o annullamento svolte da C. s.p.a. ruotano in ordine alle stesse circostanze sopravvenute, ancorché alcuni presupposti fossero insorti già in epoca antecedente.
In breve, l’azzeramento del credito asseritamente vantato nei confronti della società I.T. s.r.l. e l’impatto sul passivo della sopravvenienza costituita dal decreto ingiuntivo emesso in favore di C. Banca per 5.500.000, unitamente all’impatto originato dal debito nei confronti della s.a.s. sull’ammontare del fondo rischi chirografari, finirebbe per vanificare la stessa possibilità di soddisfazione nella percentuale, pur modesta, dei creditori chirografari.
L’art. 186 L.F. riformato prevede che “Il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza”. Nel richiamare la nozione di importanza dell’inadempimento contenuta nell’art. 1455 c.c. il legislatore positivizza un ulteriore profilo della contrattualizzazione a tappe forzate del concordato preventivo, marcando la necessità di una valutazione comparata tra inadempimento del debitore e interesse contrapposto del soggetto istante, salvo poi verificare se la frustrazione dell’interesse indotto dall’inadempimento debba essere riguardato solo dalla prospettiva del singolo creditore o anche dell’intera massa. Sta di fatto che, perché si possa far luogo al tipo di valutazione in esame è necessario che di inadempimento si possa trattare. Si potrà discutere ancora se l’inadempimento rilevi in sé, ossia a prescindere dal profilo dell’imputabilità per dolo o colpa, come sembrerebbe avallare il mancato richiamo dell’art. 1218 c.c. Norma che in sede di obbligazioni contrattuali serve a fissare il livello di esigibilità (adeguatezza della prestazione) nei confronti del debitore a fronte di un misurabile approntamento di investimenti tali da giustificare l’addebito di un fatto esterno sopravvenuto prevedibile ed evitabile, così suscettibile di adeguata prevenzione, a fronte della limitazione di responsabilità ex art. 1225 c.c. ai danni prevedibili in vista di un’allocazione efficiente delle risorse. Per contro, mirando il concordato alla risoluzione della crisi e, quindi, alla definizione complessiva dei rapporti di debito facenti capo al proponente, anche il fatto esterno non imputabile che in concreto non permetta di raggiungere il fine indicato sarebbe pienamente valorizzabile ai fini dell’inadempimento (cfr. Cass. Civ., sez I, 7-6-2007, n. 13357).
Si tratta per vero di un tema molto opinabile e fortemente dibattuto che ha portato una parte della dottrina a ritenere che la nozione di “scarsa importanza” potrebbe fungere da grimaldello per innestare nel procedimento una ulteriore iniezione di principi contrattualistici e fra questi anche quello della necessità di accertare che l’inadempimento sia imputabile al debitore.
Ad ogni modo, prima ancora di poter effettuare la valutazione in ordine alla rilevanza/gravità è necessario essere al cospetto di un inadempimento, ossia della mancata effettuazione della prestazione dovuta da parte del debitore. In questa prospettiva, potrebbero venire in rilievo la mancata realizzazione dei risultati satisfattori, sapendo che la percentuale indicata per i chirografi non è stata indicata come vincolante e che comunque detta percentuale non è vincolante e rientra nel potere del Tribunale il controllo sulla fattibilità economico-pratica, compreso quello sulla correttezza della indicazione della misura del soddisfacimento percentuale offerta dal debitore ai creditori (cfr. Cass. civ., sez. un., 23-012013, n. 1521), ovvero il mancato rispetto dei termini di pagamento. Infatti, nella proposta di concordato si fa riferimento ad una prevedibile esecuzione in tre anni (v. pag. 39 del piano nonché pag. 33 della relazione ex art. 172 L.F. del commissario Giudiziale).
Sennonché, a procedura di liquidazione appena avviata ed in assenza di sicure e comprovate evidenze a proposito dell’impatto delle prospettate sopravvenienze non è possibile assumere l’esistenza di un inadempimento presupponente l’emersione di più di una criticità, tenuto conto della possibilità di incremento dell’attivo per effetto della più alta riscossione dei crediti oggetto di svalutazione . Se la difesa della De s.r.l. in liquidazione eccede nella valorizzazione del credito verso s.r.l., perché non tiene conto che questo è stato in parte ceduto alla controllata D. s.r.l. per euro 315,460,04 /ma il dato è correttamente riportato a pag. 22 del piano, come ribadito dal Commissario Giudiziale nella relazione di aggiornamento del 17.2.2014), nondimeno vi è un saldo attivo ulteriore rappresentato dal maggior importo liquidato dalla D.L.
E’ pur vero che alla risoluzione del concordato si può dar corso quando emerga che esso sia venuto meno, anche per fatto sopravvenuto non imputabile, alla sua funzione, in quanto, secondo il prudente apprezzamento del giudice del merito, le somme ricavabili dalla liquidazione dei beni ceduti si rilevino insufficienti, in base ad una ragionevole previsione, a soddisfare, anche in minima parte, i creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati (cfr. Cass. 20-06-2011, n. 13446). Sta di fatto che una tale valutazione, che costituisce il pendant di quella in punto fattibilità giuridica in fase di omologa (precisata da ultimo in termini di manifesta ed evidente impossibilità del piano a raggiungere gli obiettivi fissati, relegando al campo della fattibilità economica ogni aspetto di carattere prognostico, cfr. Cass. 6.12.2013, n. 24970), presuppone un confronto fra l’andamento della liquidazione e l’impatto effettivo e non meramente congetturale dell’incapienza del bene costituito in garanzia, il cui valore di stima prudenziale preso a riferimento dal Commissario Giudiziale appare allo stato in grado di far fronte all’intero ammontare del credito portato dal decreto ingiuntivo emesso in favore di C. Banca s.p.a., non senza considerare il minor importo del debito a carico della De Costruzioni s.r.l. in liquidazione e delle possibili azioni di regresso fra condebitori in solido.
Quanto al debito nei confronti di C s.a.s. l’impatto è limitato ad una contrazione del fondo rischi da euro 2.216.330,35 ad euro 1.503.390,07, sì che il rilievo della sopravvenienza deve essere raccordato a quello del concreto atteggiarsi del debito fideiussorio.
Da ultimo, mette conto evidenziare come in questa sede non sia possibile rimettere in discussione la fattibilità economica del piano, esclusivamente affidata alla valutazione dei creditori in sede di procedimento di votazione, occorrendo verificare a monte la completezza del bagaglio informativo al fine di poter esercitare il proprio dissenso informato, attesa l’attuale curvatura dell’art. 178 L.F. innervata da un paternalismo libertario. Aspetti, questi ultimi, quelli in punto di fattibilità economica, non contestati in sede di omologa del concordato preventivo.
Del pari deve essere rigettata la domanda di annullamento, peraltro avanzata in modo dubitativo dalla stessa C. s.p.a., ben consapevole dei limiti dell’art. 138 L.F. richiamato dall’art. 186, quinto comma, L.F. Infatti, l’annullamento del concordato può essere pronunciato in ipotesi di dolosa esagerazione del passivo, ovvero di sottrazione o dissimulazione di una parte rilevante dell’attivo idonei a falsare la rappresentazione in ordine alla convenienza della proposta nell’ambito del procedimento di formazione del volere dei creditori con il limite sopra accennato. Sennonchè, nessuna delle sopravvenienze evidenziate dall’istante costituisce un’esagerazione del passivo da parte della proponente, semmai al contrario in un suo sottodimensionamento, o in una sottrazione o dissimulazione dell’attivo.
Le domande proposte dalla C. s.p.a., pertanto, devono essere rigettate.
Le spese del procedimento, attesa la particolare complessità delle questioni trattate, possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale così dispone:
1) rigetta le domande formulate dalla C. s.p.a.
2) compensa le spese di lite.
Si comunichi
Venezia 20.2.2014
Il Presidente rel.
Depositato in Cancelleria in data 24.04.2014