Cass. 29.01.2015 n. 1726 (sulla “fattibilità” del concordato preventivo)
Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la Sentenza n. 1726 resa dalla I sez. Civ. della Corte di Cassazione (relatrice Dott.ssa Magda Cristiano) in data 29.01.2015.
Il Supremo collegio, sulla scia delle argomentazioni dettate dalla arcinota sentenza n. 1521/2013 delle Sezioni Unite, torna ad affrontare il tema della “fattibilità” del concordato preventivo.
La Sentenza pubblicata, resa peraltro in sede di impugnazione di un provvedimento della “nostra” Corte di Appello di Firenze, afferma innanzitutto che siamo in presenza di una domanda di concordato “decettiva”, e quindi inammissibile per carenza dei requisiti di legge, solo allorquando risultino omessi o falsamente rappresentati i dati sui quali si fondano:
- la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
- l’analisi e la stima delle attività offerte ai creditori;
- la formazione dell’elenco nominativo dei creditori.
Al contrario, è ammissibile il piano concordatario che offra un’esatta ricognizione di questi dati perché, in questo caso, i creditori dispongono di tutte le informazioni necessarie a verificare la reale convenienza della proposta e ad esprimere un consenso consapevole ed informato.
In secondo luogo la Corte ribadisce l’essenzialità del controllo giudiziale sulla “fattibilità giuridica” del piano concordatario, da intendersi come “compatibilità delle modalità di attuazione della proposta con le norme giuridiche viventi”.
La valutazione in questione costituisce una “imprescindibile condizione di ammissibilità del concordato, la cui mancanza, comportando l’impossibilità di dare esecuzione alla proposta, può e deve essere rilevata dal giudice d’ufficio – in ogni fase del procedimento – indipendentemente dalle preclusioni già verificatesi a carico delle parti”.
E’ quindi evidente lo sforzo della Corte di dare un contorno più definito ai concetti di “fattibilità economica” e di “fattibilità giuridica” della domanda di concordato, concetti che risultano per l’operatore pratico tanto importanti quanto – ahimè – di incerta definizione.
Non dubito che su questo punto vi saranno ulteriori evoluzioni giurisprudenziali, delle quali cercheremo di dar conto tempestivamente.
Buona lettura.
Simone Giugni
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RODORF Renato – Presidente -
Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere -
Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere -
Ha pronunciato la seguente
sentenza
sul ricorso 13286-2012 proposto da:
T.L. (c.f. (OMISSIS)), T.O. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, via (OMISSIS), presso l’avvocato T.G. (C/O STUDIO LEGALE DI G.), rappresentati e difesi dall’avvocato T.M., giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrenti -
contro
C.P. S.R.L. IN CONCORDATO PREVENTIVO (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, via (OMISSIS), presso l’avvocato S.E., che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
contro
F.M.,
- intimata -
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il 16/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2014 dal Consigliere MAGDA CRISTIANO;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato MARIO TAMBERI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi che ha concluso per l’accoglimento del quinto e sesto motivo, rigetto resto
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.P. s.r.l. presentò domanda di ammissione al concordato preventivo sulla base di una proposta che prevedeva la suddivisione dei creditori in due distinte classi, l’una comprendente i titolari di crediti prededucibili e privilegiati e l’altra i titolari di crediti chirografari. Nelle classe dei chirografari vennero inclusi i promissari acquirenti di appartamenti che la società aveva in corso di costituzione, ai quali fu riconosciuto il diritto alla restituzione delle somme versate in acconto sul prezzo della futura vendita degli immobili.
Il Tribunale di Grosseto, territorialmente competente, ammise la società al concordato.
La proposta, in parte modificata, ottenne poi l’approvazione di creditori che rappresentavano il 74,67& dei crediti ammessi al voto.
I creditori dissenzienti T.O. e L., che avevano venduto a C.P. il suolo edificatorio senza ottenere l’integrale pagamento del prezzo, avanzarono opposizione, che fu però respinta dal tribunale, il quale, con decreto del 22.7.011, omologò il concordato.
La Corte d’appello di Firenze, con decreto del 16.2.012, ha a sua volta respinto il reclamo proposto da T.L. ed O. contro il provvedimento di omologazione.
La corte territoriale ha rilevato che, come ammesso dagli stessi reclamanti, il concordato sarebbe stato approvato dalla maggioranza dei creditori anche senza il voto favorevole dei promissari acquirenti; che, in ogni caso, almeno sei di costoro avevano manifestato la volontà di recedere dal preliminare ed avevano richiesto la restituzione delle somme anticipate; che, d’altro canto, il diritto di credito di ad ottenere il trasferimento della proprietà degli immobili di coloro che avevano optato per il mantenimento del contratto, ancorché non quantificabile in termini pecuniari, era stato correttamente valutato, ai sensi dell’art. 59 l. fall, in misura corrispondente all’acconto corrisposto sul prezzo della futura vendita, che, infine, era inammissibile la censura con la quale i T. avevano per la prima volta dedotto nella memoria di replica depositata in sede di reclamo, e perciò tardivamente, che il piano concordatario (che prevedeva l’acquisizione delle liquidità necessarie al soddisfacimento degli obblighi assunti con la proposta attraverso il completamento degli appartamenti in costruzione e la loro vendita a terzi, ivi compresi i promissari acquirenti) non era giuridicamente fattibile, in quanto il Tribunale di Grosseto aveva accolto la domanda di risoluzione della compravendita del suolo da essi avanzata contro C.P:, con la conseguenza che la società, non essendo proprietaria del terreno, non avrebbe potuto procedere al trasferimento in proprietà degli immobili.
Il provvedimento è stato impugnato da T.O. e L. con ricorso straordinario per cassazione affidato a sei motivi, cui C.P. s.r.l. ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Va preliminarmente rilevato che i ricorrenti hanno depositato, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., decreto della Corte d’appello di Firenze del 4.4.014 che ha dichiarato risolto il concordato per inadempimento della proponente. Non risulta, tuttavia che la decisione – suscettibile di impugnazione con ricorso per cassazione – sia divenuta definitiva. Permane dunque l’interesse delle parti alla definizione del presente giudizio.
2) sempre in via preliminare deve essere respinta l’eccezione svolta da C.P. di improcedibilità/inammissibilità del ricorso per nullità della sua notifica, eseguita dal procuratore dei ricorrenti a mezzo del servizio postale, ai sensi della L. n. 53 del 1994, ma senza il rispetto delle forme previste dall’ari 11della legge medesima. La costituzione della società controricorrente è valsa, infatti, a sanare la nullità della notificazione eseguita nei confronti, avendo l’atto raggiunto lo scopo al quale era destinato (art. 156 c.p.c., comma 39.
I ricorrenti hanno poi provveduto al rituale rinnovo della notifica nei confronti del commissario giudiziale, litisconsorte necessario nel giudizio, entro il termine loro assegnato da questa Corte, a norma dell’art. 291 c.p.c., con ordinanza interlocutoria dell’11.12.013.
3)Con i primi due motivi di ricorso, che sono fra loro strettamente connessi e possono essere congiuntamente esaminati, T.O. e L. lamentano, sotto il profilo del vizio di omessa motivazione, che la corte territoriale si sia limitata a dare atto che il concordato sarebbe stato approvato dalla maggioranza dei creditori anche senza il voto dei promissari acquirenti, senza però considerare che la votazione era invalida in quanto la volontà manifestata dai creditori si era formata in base ad una falsa rappresentazione della realtà economica del proponente. Precisano a tal proposito che l’esclusione dei promissari acquirenti dal novero dei creditori avrebbe comportato un minor ammontare della massa passiva e che pertanto il concordato avrebbe potuto assicurare riparti maggiori e più consistenti, ovvero non essere votato dagli altri creditori, che avrebbero potuto ritenere più conveniente il fallimento, I motivi non meritano accoglimento.
Ciò vale a connotare la natura decettiva della domanda di concordato (ed a determinare, pertanto, l’inammissibilità per difetto dei requisiti di cui all’art. 161 comma 1, lett a) e b), I. fall .) è, infatti, l’omessa o la falsa rappresentazione dei dati aziendali sui quali si fondano la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, l’analisi e la stima delle attività e la formazione dell’elenco nominativo dei creditori da presentare unitamente al ricorso. Per converso, nessuna valenza decettiva può configurarsi qualora il piano concordatario presenti un’esatta ricognizione di tali dati, che sia comprensiva della completa ricostruzione dei rapporti negoziali dai quali scaturiscono le posizione creditorie, ivi comprese quelle che sono state, in ipotesi erroneamente individuate come tali: in tal caso, infatti la proposta contiene tutte le informazioni necessarie affinché gli altri creditori che ne sono destinatari possono verificarne la correttezza e l’effettiva convenienza ed esprimere una consapevole e regolare accettazione della stessa.
Ne consegue che, per un verso, non può essere condiviso l’assunto dei ricorrenti, secondo cui il dedotto deficit informativo deriverebbe dalla mera inclusione fra passività concordatarie di crediti dei promissari acquirenti in realtà insussistenti e, per l’altro, che la mancata, specifica illustrazione dei fatti rappresentati nella proposta a fondamento della predetta, contestata inclusione, impedisce a questa Corte di verificare se la volontà manifestata dalla maggioranza degli altri creditori costituisca o meno espressione di un consenso informato.
3) Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 59 l. fall., i ricorrenti contestano che i promissari acquirenti potessero essere inclusi, al contempo, fra i creditori di C.P. in relazione agli acconti versati e fra i debitori in relazione al residuo prezzo da pagare alla stipula del definitivo. Deducono, in particolare, che, in difetto di declaratoria di risoluzione dei contratti preliminari, gli acconti configuravano legittime entrate della società non soggette a restituzione e che, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, il diritto alla consegna ed al trasferimento degli appartamenti promessi in vendita non poteva essere valutato in misura pari agli acconti, ma doveva essere commisurato al maggior valore degli immobili; con la conseguenza che l’onere concordatario sarebbe risultato
più gravoso e che la convenienza e la fattibilità economica del piano avrebbero dovuto essere verificate sotto tale diversa prospettiva. Il motivo va dichiarato inammissibile.
Va intanto considerato che la censura in esso illustrata, con la quale sostanzialmente si rimproverava al giudice di merito di non aver tenuto conto dell’effettiva (e maggiore9 entità del passivo concordatario, si pone in palese contraddizione con quelle appena sopra esaminate e respinte, in cui è stata dedotta l’ingiustificata sopravvalutazione dei debiti della proponente.
I ricorrenti, inoltre, non chiariscono se in sede di reclamo essi avessero prospettato le ragioni di doglianza in esame allo specifico fine di contestare la fattibilità economica del piano o se (come sembra emergere dalla lettura del provvedimento impugnato) si fossero limitati a lamentare l’errata valutazione dell’ammontare dell’attivo e del passivo concordatario: in tale secondo caso, la censura risulterebbe sicuramente inammissibile nella parte in cui si introduce per la prima volta in giudizio un nuovo tema di indagine, comportante accertamenti in fatto preclusi nella presente sede di legittimità, mentre resterebbe da domandarsi se ricorra un interesse attuale e concreto dei T. a riproporre meramente e semplicemente una serie di questioni che, di per se stesse, non avrebbero potuto incidere sull’omologazione del concordato, che sarebbe stato approvato anche senza il voto favorevole dei promissari acquirenti.
Ciò che maggiormente rileva, tuttavia, è che il motivo, al pari di quelli che lo precedono, difetta della precisa indicazione tanto dei fatti rappresentati nella proposta quanto degli specifici dati (prezzo degli appartamenti promessi in vendita, entità degli acconti versati dai promissari acquirenti, ammontare del residuo debito di costoro appostato fra l’attivo da realizzare) necessari a verificare sia l’effettiva ricorrenza dell’error in iudicando denunciato sia la sua decisività in ordine al giudizio di fattibilità economica del concordato.
4) Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano che la corte del merito abbia omesso di pronunciare sulla questione concernente la fattibilità giuridica del concordato, ritenendone erroneamente precluso l’esame solo perché era stata tardivamente sollevata.
Il motivo è fondato.
Come è stato chiarito da questa Corte con la sentenza a SS.UU. n. 1521/013, in ogni fase del procedimento di omologazione spetta al giudice il controllo di legalità della proposta e dunque, fra l’altro, l’accertamento della compatibilità delle sue modalità di attuazione con le norme giuridiche vigenti, nel quale si estrinseca la nozione di “fattibilità giuridica” del piano. La fattibilità giuridica costituisce pertanto imprescindibile condizione di ammissibilità del concordato, la cui mancanza, comportando l’impossibilità di dare esecuzione alla proposta, può e deve essere rilevata dal giudice d’ufficio indipendentemente dalle eventuali preclusioni a carico delle parti.
L’accoglimento del motivo comporta la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio del procedimento alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che verificherà la ricorrenza della predetta condizione di fattibilità e regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
Restano assorbiti il quinto ed il sesto motivo di ricorso, con i quali i ricorrenti lamentano di essere stati condannati al pagamento delle spese in favore del Commissario giudiziale.
P.Q.M.
La Corte rigetta i tre motivi del ricorso, accoglie il quarto e dichiara assorbiti gli altri due motivi; cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2015