Trib. Busto Arsizio 17.03.2015 (Sul trattamento dell’IVA nel concordato preventivo)
Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio l’interessante decreto del Tribunale di Busto Arsizio del 17.03.2015, accompagnato dalle autorevoli note del Collega Francesco Vignoli, Avvocato dello Stato in Milano, che sentitamente ringraziamo della preziosa e graditissima collaborazione.
Buona lettura.
Simone Giugni
La Cassazione civile, nelle sentenze nn. 22931 e 22932 del 2011 ha enunciato che “non avrebbe alcuna giustificazione logica e che quindi non [è] credibile che il legislatore abbia inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore assoggettarsi all’onere dell’integrale pagamento dell’IVA [...] optando per la transazione fiscale oppure avvalersi della possibilità di proporne un pagamento parziale decidendo per il concordato senza transazione e quindi rimanendo vincolato solo all’obbligo di pagare integralmente il debito nei limiti del valore dei beni sui quali grava la garanzia, peraltro spesso insussistenti come nel caso di imposta gravante sul valore della prestazione di servizi”.
Prosegue la Corte di legittimità esponendo che “ciò che convince dell’inderogabilità [dell’art. 182 ter l.fall.], qualunque sia l’opzione del creditore, è la natura della stessa in quanto non si tratta di norma processuale come tale connessa allo specifico procedimento di transazione fiscale, ma di norma sostanziale in quanto attiene al trattamento dei crediti nell’ambito dell’esecuzione concorsuale dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi”.
La sopraesposta giurisprudenza della Suprema Corte si è formata con specifico riferimento all’IVA – tributo considerato tra le risorse proprie dell’Unione Europea la cui gestione, essendo di interesse comunitario, è come tale sottoposta a vincoli – ma il discorso è pacificamente estendibile anche alle ritenute, poiché con la modifica introdotta dal d.l. 78/2010 si è effettuata una equiparazione giuridica con le ritenute operate e non versate.
Il summenzionato orientamento della Cassazione non è stato unanimemente recepito dalla giurisprudenza di merito. Ad esempio, i Tribunali di Como, Sondrio e Varese hanno ammesso la falcidia, ma la Corte d’Appello di Milano ha riformato, in sede di reclamo, le decisioni dei primi giudici, richiamandosi all’insegnamento della Suprema Corte (cfr. le pronunzie R.G.V.G. n. 664/13, depositata il 16.1.2014; R.G.V.G. n. 1/14, depositata il 17.4.2014, R.G.V.G. 523/2014 depositata il 20.11.2014).
La pronuncia del Tribunale di Busto Arsizio che si pubblica conferma l’abbandono, nella giurisprudenza di merito del distretto della Corte di Appello di Milano, dell’opzione contraria a quella adottata dalla Suprema Corte, richiamando il dettato normativo, che esclude la falcidia, in ossequio a un contegno dell’Amministrazione rispettoso dei canoni costituzionali di imparzialità e legalità.
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TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO
Seconda Sezione Civile
Il Tribunale, in persona dei Signori Magistrati:
Dott. Carmelo Leotta – Presidente -
Dott. Marco Lualdi – Giudice –
Dott.ssa Sabrina Passafiume – Giudice relatore -
Ha pronunciato il seguente
DECRETO
Nel procedimento per Concordato Preventivo numero del Registro Generale.
Con ricorso depositato in data 11.4.2014 I. s.r.l. società unipersonale in liquidazione (di seguito nominata Società, per brevità d’esposizione) società operante nel settore dell’edilizia proponeva domanda per l’ammissione alla procedura di Concordato Preventivo con riserva ex art. 161 co. 6 L.F..
In data 10.6.2014 la Società, entro il termine concesso dal Tribunale con decreto del 17.4.2014, depositava la proposta di concordato, il piano e la documentazione di cui all’art. 161 L.F.
La proposta prevedeva il pagamento integrale dei crediti prededucibili e delle spese di giustizia nonché dei crediti assistiti dal privilegio di cui all’art. 2751 bis n. 1 c.c. (dipendenti) e la suddivisione degli altri creditori in tre classi da soddisfare secondo le seguenti modalità: 1) Erario nella percentuale del 5%; 2) creditore chirografario E. s.r.l. da soddisfare al 5%; 3) altri creditori chirografari da soddisfare al 25%.
L’attivo concordatario, poiché il patrimonio sociale non presentava alcuna attività (pari a 0) si basava esclusivamente sulla finanza esterna, ovvero sull’apporto di liquidità (euro 56.000,00) da parte del socio unico sig. P.V., condizionato all’omologazione del concordato. In particolare il socio unico si impegnava a versare entro 60 giorni dall’omologazione la somma di 60.000,00 e in data 22.9.2014 la Banca P. s.p.a. rilasciava fideiussione a prima richiesta a garanzia dell’impegno assunto del P., condizionandola all’omologazione del concordato.
Il Commissario Giudiziale esprimeva parere favorevole nella relazione predisposta ai sensi dell’art. 172 L.F..
In data 14.10.2014 si teneva l’adunanza dei creditori nel corso del quale, su un totale di creditori ammessi al voto pari a euro 490.833,81, non venivano espressi voti.
Non avendo raggiunto le necessarie maggioranze la verifica dell’esito della votazione veniva rinviata a data successiva a quello dello spirare del termine dei 20 giorni di cui all’art. 170, ultimo comma, L.F.
In data 5.11.2014 si dava atto dell’approvazione della proposta stante il raggiungimento delle prescritte maggioranze. Invero, esprimeva voto contrario unicamente l’A.E. (credito ammesso al voto pari a euro 170.276,83) e detto voto rappresentava la percentuale del 34,691% degli aventi diritto.
Il Tribunale fissava dunque con decreto in data 7.11.2014 l’udienza camerale per l’omologazione del concordato e la Società provvedeva ritualmente a costituirsi nel giudizio di omologazione fornendo prova dell’intervenuta notifica del decreto al Commissario Giudiziale e al creditore dissenziente.
Il commissario giudiziale depositava parere ex art. 180 LF favorevole all’omologazione e l’Agenzia delle Entrate, creditore dissenziente, con atto depositato in data 23.1.2015 proponeva opposizione all’omologazione del concordato preventivo proposto da I. s.r.l. unipersonale.
Tanto premesso, osserva il Collegio che l’opposizione si fonda sull’assunto secondo il quale il credito per IVA e ritenute non può essere falcidiato. In particolare, assume l’A.E. che “in violazione del disposto dell’art. 182 ter L.F., il piano concordatario prevede la falcidia dell’IVA e delle ritenute operate e non versate e che l’intero credito erariale, privilegiato ai sensi degli artt. 2778 n.7, 2778 n.18, 2778 n. 19, 2778 n.20, è stato inserito nella classe che ne prevede il soddisfacimento nella sola misura del 5%, misura nella quale il piano di concordato prevede il soddisfacimento di un creditore chirografario, mentre per altri creditori chirografari è previsto il soddisfacimento nella misura del 25%, circostanza quest’ultima che comporta l’iniquo declassamento al chirografo di credito aventi rango privilegiato”.
La società ha preliminarmente eccepito la carenza d’interesse dell’A.E. ad opporsi all’omologazione in considerazione del fatto che “qualora I. fallisse con una liquidazione di attivo pari a zero, anche l’IVA pagata dal fallimento sarà nulla mentre, qualora questo concordato venisse omologato con intervento di finanza terza”, parte di questa verrebbe destinata al pagamento parziale del debito IVA.
L’eccezione è infondata in quanto l’interesse a proporre opposizione, contrariamente a quanto dedotto dalla Società debitrice, non può disconoscersi in capo all’A.E. che esercita la propria attività istituzionale nel rispetto del principio di legalità, atteso che quest’ultima, a sostegno dell’opposizione all’omologazione, ha allegato il mancato soddisfacimento integrale del credito IVA e del credito per ritenute operate e non versate, vale a dire la violazione di una norma imperativa, questione quest’ultima che, peraltro, attenendo alla fattibilità giuridica della proposta, rientra nel sindacato demandato al Tribunale.
Posto che l’A.E. contesta la violazione di una norma imperativa di legge e non la convenienza della proposta, poi non è applicabile, contrariamente a quanto affermato dalla I. s.r.l., l’art. 180 IV comma L.F. a mente del quale “se sono state opposizioni… nell’ipotesi di cui al secondo periodo del primo comma dell’art. 177 se un creditore appartenente a una classe dissenziente ovvero, nell’ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentavano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la convenienza della proposta, il Tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”.
Venendo al merito dell’opposizione, occorre soffermarsi sull’ammissibilità della proposta in relazione alla previsione del pagamento parziale dell’IVA e stabilire se essa si ponga o meno in contrasto con quanto stabilito dall’art. 182 ter, 1° comma L.F., come modificato dall’art. 32, 5° comma lett a) d.l. 185/2008 convertito, con modificazioni nella l. 2/2009.
La Suprema Corte di Cassazione, con le sentenze gemelle n. 22931/2011 e n. 22932/2011 pur riconoscendo al debitore la facoltà in caso di concordato preventivo il cui passivo sia costituito anche da debiti per ritenute non versate e IVA- di non ricorre obbligatoriamente allo strumento processuale disciplinata dall’art. 182-ter l.f., ha ritenuto che detta norma abbia natura sostanziale e che sia applicabile alla procedura concordataria indipendentemente dall’accesso o meno del debitore alla procedura di deposito della transazione fiscale ex art. 182-ter, commi 2 – 4, l.f.
La norma in questione, invero prevede espressamente che la falcidia non è applicabile a “tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea” e, in particolare, “all’imposta sul valore aggiunto e alle ritenute non versate”, relativamente alle quali “ la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”. La Suprema Corte pur riconoscendo che il consenso dell’Amministrazione Finanziaria non deve ritenersi indispensabile per l’omologazione del concordato ha affermato che “non avrebbe alcuna giustificazione (…) che il legislatore abbia inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore assoggettarsi all’onere dell’integrale pagamento dell’IVA (…), optando per la transazione fiscale oppure avvalersi della possibilità di proporre un pagamento parziale decidendo per il concordato senza transazione”.
Dalla disparità di trattamento del credito IVA/ritenute che deriverebbe dalla facoltà dell’imprenditore di assoggettarsi o meno a una norma che gli imporrebbe di antergare il debito IVA e ritenute non versate, la Suprema Corte ha tratto la conseguenza che la norma contenuta nell’art. 182-ter comma 1 l.f. costituisce norma sostanziale, applicabile a qualunque soluzione concordataria, sia che contempli l’adozione dello strumento processuale della transazione fiscale, sia che ne prescinda.
Questo Tribunale, conformemente ad altre pronunce di merito (cfr., tra le altre, Corte d’Appello di Genova del 27.7.2013, Trib. Cosenza 29.5.2013), con decreto del 7.10.2013, discostandosi per ragioni ivi ampiamente illustrate da quanto affermato dalla Suprema Corte con le citate pronunce del 2011, ha affermato che “ premesso che il ricorso alla transazione fiscale da parte del debitore è facoltativo e che l’art. 160 L.F. ammette la possibilità di pagare soltanto in percentuale i crediti privilegiati di qualsiasi natura, il debitore che non ritenga conveniente l’utilizzo della transazione fiscale potrà sempre proporre il soddisfacimento parziale dei debiti tributari e contributivi incapienti.
In tal caso, non troverà applicazione l’articolo 182 ter L.F., ma il principio generale di cui al citato articolo 160, il quale, in determinate condizioni, consente la falcidia IVA di tutti i crediti privilegiati”.
Orbene, il principio espresso dalla Cassazione civile con le sentenze del 2011 ha trovato conferma nella successiva pronuncia n. 44283 del 31.10.2013 della Suprema Corte (cfr. Cass. Penale 31.10.2013 n. 44283 secondo la quale “costituisce diritto vivente il principio… secondo cui “In tema di omologazione del concordato preventivo con transazione fiscale, secondo l’istituto di cui all’art. 182 ter L.F., anche per le procedure cui non sia applicabile “ratione temporis” l’art. 32 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito nella legge 28 gennaio 2009, n.2), che ha modificato il primo comma dell’art. 182 ter l.f., prevedendo espressamente che la proposta, quanto all’IVA, può configurare solo la dilazione del pagamento, sussiste l’intangibilità del predetto debito d’imposta.
Le entrate derivanti dall’applicazione di un aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, agli imponibili relativi a detto tributo, costituiscono infatti, risorse proprie iscritte nel bilancio dell’Unione europea, con la conseguenza che il relativo credito, il quale attiene comunque a tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, non può essere oggetto di accordo per un pagamento parziale neppure ai sensi dell’art. 182 ter nella versione introdotta dal d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.”)
L’accesso alla procedura di concordato preventivo è atto di autonomia privata, d’iniziativa del debitore, che mira a sfociare nel cd. patto concordatario con i creditori. Si tratta, quindi, di una scelta tutta interna alla volontà del debitore, che, come tale, non può portare ad elidere gli obblighi giuridici, specie quelli aventi rilievo pubblicistico, quali l’obbligo del versamento dell’IVA, la cui omissione è sanzionata penalmente. Al debitore che chiede l’accesso alla procedura di concordato preventivo, sono, infatti, offerte varie soluzioni, quali la transazione fiscale o la redazione di un piano che, presentato tempestivamente ed in presenza di risorse che permettono il pagamento dei creditori di grado poziore, consenta il pagamento integrale dell’iva. (La Corte di Cassazione ha riformato la decisione con la quale il Tribunale di Napoli, ritenendo l’insussistenza del rato di omesso versamento dell’Iva per essere la società stata ammessa alla procedura di concordato preventivo in data antecedente alla scadenza del pagamento, ha annullato il decreto di sequestro preventivo per equivalente sui beni del legale rappresentante indagato per il reato di omesso versamento dell’iva cui all’art. 10 del d.lgs n. 74 del 2000) nonché nella sentenza n. 14447/2014. L’orientamento del Giudice di legittimità appare pertanto essersi consolidato ed è peraltro stato integralmente recepito dalla Corte d’Appello di Milano con il decreto in data 30.10.2014 depositato il 20.11.2014 (prodotto in giudizio dall’A.E.). Va altresì rilevato che con sentenza n. 225/2014 la Corte Costituzionale, investita dalla questione di legittimità costituzionale degli artt. 160 e 182 ter L.F. in relazione agli artt. 97 e 3 Cost., ha ritenuto la questione manifestatamente infondata sul rilievo che la normativa anzidetta si è imposta alla luce della necessità “di non contravvenire alla normativa europea che vieta allo Stato membro di disporre una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva al diritto di procedere ad accertamento e verifica” in relazione al tributo IVA in quanto risorsa propria dell’Unione Europea, con la conseguenza che, pacifica la compatibilità comunitaria della normativa impugnata e la peculiarità della disciplina in materia IVA, non sono ravvisabili “profili di intrinseca irragionevolezza nella disciplina dettata dagli artt. 160 e 182 ter della legge fallimentare, la quale…regolamenta diversamente il credito erariale IVA riservando ad esso un trattamento necessariamente differenziato non solo rispetto ai crediti privilegiati in generale, ma anche nei confronti degli altri crediti tributari assistiti da privilegio”
Pertanto, ritiene questo Tribunale, in ossequio anche alla funzione di nomofilachia spettante al Giudice di legittimità, di uniformarsi all’opzione interpretativa cui è pervenuta la Suprema Corte con le pronunce del 2011 e del 2014 (e Cassazione pensale con la sentenza n. 44283/2013) sopra illustrate, così modificando l’orientamento espresso nel decreto 7.10.2013.
Ne consegue l’accoglimento dell’opposizione e il rigetto dell’istanza di omologazione.
La delicatezza delle questioni trattate e il contrasto in sede di giurisprudenza di merito sulla questione della falcidiabilità dell’IVA nel concordato costituiscono giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale di Busto Arsizio in composizione collegiale, così provvede
1) Respinge l’istanza di omologazione del concordato;
a) Compensa le spese di lite.
Così deciso in Busto Arsizio il 13.3.2015
Il Giudice estensore Il Presidente
Dott.ssa Sabrina Passafiume Dott. Carmelo Leotta
Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2015.