Cass. 19.03.2015 n. 5524 (sui requisiti dell’advisor finanziario nell’accordo di ristrutturazione)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la sentenza n. 5524 resa dalla Sez. I Civile della Corte di Cassazione in data 19.03.2015 (relatrice Dott.ssa Magda Cristiano).

La stessa rappresenta, per quanto mi consta, uno dei pochi provvedimenti emessi dalla Suprema Corte in tema di accordo di ristrutturazione dei debiti ed affronta il tema dei requisiti professionali dell’advisor finanziario del debitore nella procedura.

La Corte distingue, negli accordi di ristrutturazione, tra l’advisor e l’attestatore richiamato nell’art. 182 bis L.f., figura quest’ultima che – anche in questo caso – deve avere le prescritte caratteristiche di indipendenza ed imparzialità e deve essere iscritto negli obbligatori albi professionali.

Viceversa la prestazione di una mera “consulenza professionale”, come quella resa dall’advisor finanziario a favore del debitore in vista della redazione e dell’omologazione dell’accordo, non presenta caratteristiche in alcun modo riconducibili all’attestazione e non necessita, pertanto, di previa iscrizione del professionista in albi professionali.

Buona lettura.

Simone Giugni

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALDO     CECCHERINI                                  – Presidente –

Dott. RENATO BERNABEI                                     – Consigliere –

Dott. ANTONIO DIDONE                                       – Consigliere –

Dott. MAGDA CRISTIANO                                     – Rel. Consigliere –

Dott. LOREDANA NAZZICONE                            – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 30369-2008 proposto da:

P.M. (C.F. omissis), elettivamente domiciliato in omissis, via omissis, presso l’avvocato P.T., rappresentato e difeso dagli avvocati P.P.,A.M., giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente –

contro

FALLIMENTO C. e B. S.N.C. e dei soci in proprio C.M. e B.C., in persona del Curatore Fallimentare avv. G.D.R., elettivamente domiciliato in omissis, via omissis, presso l’avvocato F.A., che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato R.P., giusta procura in calce al controricorso;

-          controricorrente –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE DI FORLI’, depositato il 30/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/01/2015 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato A.M. che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato B.R., con delega orale, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del sostituto Procuratore Generale Dott. L. C. che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Forlì, con decreto del 30.10.08, ha respinto l’opposizione ex art. 98 l. fall. Proposta dal rag. M.P. per ottenere l’ammissione allo stato passivo del Fallimento C. e B. s.n.c. del credito privilegiato di euro 70.000, vantato in corrispettivo dell’attività professionale espletata in favore della società poi fallita al fine della presentazione di un accordo per la ristrutturazione del debito.

Il tribunale, rilevato che lo stesso opponente aveva dedotto, nella domanda di ammissione, che la sua attività era consistita nel verificare il passivo della società, lo stato dei lavori che questa aveva in corso e nell’organizzare riunioni con potenziali acquirenti e creditori, per poi inoltrare a questi ultimi, insieme ad altri professionisti, una richiesta di adesione all’ammissione della procedura prevista all’art. 182 bis l. fall., ha affermato che tale attività era sostanzialmente volta, nel suo complesso, a predisporre un accordo di ristrutturazione dei debiti, che avrebbe dovuto giocoforza essere accompagnato da una relazione redatta da un professionista dotato dei requisiti richiesti dagli artt. 67, 3° comma, lettera d) e 28,1° comma lettera b) l. fall. Ed, essendo funzionale alla predisposizione di tale relazione, era condizionata all’iscrizione in un apposito albo professionale.

Ha pertanto ritenuto che, poiché il P. non era iscritto all’albo, il contratto d’opera dedotto in giudizio fosse radicalmente nullo, ai sensi dell’art. 2231 c.c., e che in conseguenza dovesse escludersi il diritto dell’opponente al pagamento della retribuzione.

Il provvedimento è stato impugnato da M. P. con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il Fallimento C. e B. s.n.c. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2236 c.c. e 182 bis l. fall., deduce che, come riconosciuto dallo stesso tribunale, l’incarico affidatogli ha avuto ad oggetto la sola attività propedeutica alla presentazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e contesta che l’attività in questione debba essere svolta da un professionista iscritto all’albo, atteso che solo chi deve predisporre la relazione necessita dell’iscrizione.

Il motivo è fondato.

Il tribunale ha dato atto, nel provvedimento impugnato, che il P. aveva ricevuto l’incarico di valutare le situazioni patrimoniali e finanziarie della s.n.c. C. e B. e dei suoi soci e di elaborare una strategia che permettesse di evitare il fallimento e, nel contempo di reperire risorse per il completamento di progetti immobiliari in corso ed ha rilevato come, in astratto, un simile incarico, consistente in una prestazione di consulenza aziendale, non avrebbe richiesto l’iscrizione ad un particolare albo professionale; ha tuttavia ritenuto che, nella specie, l’iscrizione all’albo fosse necessaria perché l’attività in concreto espletata dal P. era diretta alla presentazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ed era quindi “funzionale” alla redazione della relazione accompagnatoria di cui all’art. 182 bis l. fall. (analoga a quella richiesta dal 3° comma dell’art. 161 nel caso di deposito di una domanda di concordato).

La conclusione raggiunta non è però condivisibile, atteso che non solo è pacifico che il P. non ha né redatto né sottoscritto la relazione, ma che, secondo quanto accertato dallo stesso giudice del merito, neppure era stato incaricato di redigerla all’esito dell’espletamento dell’attività che gli era stata demandata.

Nel ritenere che l’attività in questione fosse “funzionale” alla predisposizione della relazione il tribunale ha perciò compiuto un evidente salto logico: il lavoro svolto da chi abbia ricevuto l’incarico di verificare, attraverso la raccolta, l’analisi e l’elaborazione dei dati economici aziendali, se ricorrano le condizioni per proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti e di provvedere, eventualmente, alla sua concreta stesura, è infatti finalizzato (ed in tal senso “funzionale”) al perseguimento dell’obiettivo dell’imprenditore, che è quello di raggiungere l’accordo e di vederlo omologato, e non certo alla redazione della relazione accompagnatoria, che costituisce soltanto indispensabile corredo documentale della domanda di omologazione.

Va escluso, sotto altro profilo (ove mai il tribunale avesse in tal senso utilizzato l’aggettivo “funzionale”), che l’attività propedeutica alla predisposizione dell’accordo debba essere svolta dall’attestatore: una tale opzione interpretativa – non ricavabile dal comb. disp. degli artt. 182 bis e 67, 3° comma, lettera d) l. fall. Nel testo applicabile ratione temporis al caso di specie – risulta priva di fondamento alla luce dell’attuale formulazione dell’art. 67 cit. (novellato dall’art. 33 della l. n. 134/012), il quale, nello stabilire che il professionista designato dal debitore per attestare la veridicità dei dati aziendali deve essere indipendente (subito dopo specificando quali sono gli imprescindibili elementi che connotano l’indipendenza) depone in senso esattamente contrario, ovvero per la separazione dei due incarichi, fra loro non cumulabili, posto che l’uno (genericamente definibile di consulenza per l’accesso alla procedura) è necessariamente antecedente all’altro e comporta il coinvolgimento del consulente nell’adozione delle scelte strategiche ritenute opportune al raggiungimento dell’obiettivo perseguito dall’imprenditore e risulta pertanto incompatibile con la posizione di terzietà richiesta a chi deve asseverare i dati aziendali ed effettuare un giudizio prognostico di attuabilità dell’accordo.

Ne consegue che, non essendovi alcuna norma che preveda che l’attività di consulenza concretamente posta in essere dal P. – diretta alla predisposizione dell’accordo ed alla presentazione della domanda di omologazione – debba essere svolta da un soggetto iscritto ad un apposito albo professionale, alla fattispecie in esame non poteva applicarsi l’art. 2231 c.c.

L’accoglimento  del motivo comporta la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio della causa al Tribunale di Forlì, in diversa composizione, che regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

Resta assorbito il secondo motivo del ricorso, con il quale il P. ha impugnato il provvedimento sotto il profilo del vizio di motivazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo;

cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Forlì, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Roma, 7 gennaio 2015.

Il cons est.                                                                                                       Il Presidente

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2015.

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