Cassazione civile, sez. I 09 maggio 2013, n. 11014 (sul controllo del Tribunale sulla fattibilità del piano di concordato)

Cassazione civile, sez. I 09 maggio 2013, n. 11014 – Pres. Rordorf – Est. Mercolino.

Concordato preventivo – Deliberazione ed omologazione – In genere - Controllo demandato al tribunale – Oggetto – Controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato – Contenuto – Verifica dell’idoneità della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta – Ammissibilità – Accertamento della convenienza della proposta – Esclusione – Causa concreta del piano – Rilevanza.

In tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità – che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato preventivo – non è limitato alla completezza, alla congruità logica e alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro. Con particolare riguardo al concordato preventivo con cessione di beni, il controllo di legittimità consiste nella verifica dell’idoneità della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta. (massima ufficiale)

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

 

 

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso presentato da

FALLIMENTO della _________________________, in persona del Curatore pro tempore Dott. _________________, elettivamente domiciliato in Roma, alla via ______________, presso l’Avv. ________________________, unitamente all’Avv. _________________ ed all’Avv. ________________, dai quali è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso

ricorrente

contro

__________________, in persona del liquidatore p.t. _____________, elettivamente domiciliata in Roma, alla via _________________, presso l’Avv. _________________, dal quale, unitamente agli Avv. _________________ e _______________ del foro di __________, è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al controricorso

contro ricorrente e ricorrente incidentale

e

__________________

intimata

avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 390/09, pubblicata il 3 aprile 2009.

Udita la relazione nella causa svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio 2013 dal Consigliere Dott.

Uditi i difensori delle parti

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. __________, il quale ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità o il rigetto del ricorso principale, e per l’accoglimento del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. Con sentenza del 23 marzo 2009, la Corte di Appello di Firenze ha accolto il reclamo proposto da _____________ avverso la sentenza emessa il 23 ottobre 2008, con cui il Tribunale di Lucca aveva rigettato la domanda di ammissione al concordato preventivo proposta dalla società reclamante e ne aveva dichiarato il fallimento.

A fondamento della decisione, ha ritenuto che l’ottimismo delle previsioni di vendita degli immobili formulate dalla proposta concordataria e nella relazione allegata, pur ponendosi in contrasto con la grave crisi economica in atto, con il crescente immobilismo del mercato immobiliare e con la posizione geografica dei beni, incidesse sulla fattibilità del concordato in termini non già di certezza ma di mera probabilità, comunque inferiore ai rischi ai quali i creditori sarebbero rimasti esposti per effetto della dichiarazione di fallimento.

In proposito, pur riconoscendo che la delibazione in ordine alla fattibilità del concordato non si riduce ad un’operazione di mero segretariato giudiziale, ma impone un giudizio di merito, ha precisato che tale requisito dev’essere inteso in termini probabilistici, osservando che, fino a quando non risulti con certezza l’inattuabilità del piano, il diniego dell’ammissione al concordato si traduce in un ingiustificato rischio di danno sia per il debitore che per i creditori, ai quali restano precluse la possibilità di esprimere il loro giudizio in ordine alla proposta e quella di prestare la loro collaborazione alla riuscita del piano.

Avverso la predetta sentenza il curatore del fallimento propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. La ________________ resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo, al quale il curatore resiste con controricorso. La ______________ non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che la Corte d’Appello ha attribuito una portata ambivalente al concetto di fattibilità della proposta concordataria, in quanto, dopo averne sottolineato il carattere probabilistico, ha subordinato il diniego dell’ammissione alla procedura ad un giudizio di certezza in ordine all’inattuabilità del piano. Essa, infatti, pur condividendo la prognosi infausta formulata dal Giudice di primo grado, è approdata ad un giudizio di sostanziale ammissione al concordato.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che la Corte di Appello si è limitata a disquisizioni meramente formali in ordine al concetto di fattibilità del concordato, astenendosi dal valutare in concreto il contenuto della proposta. Essa ha omesso di verificare le possibilità di attuazione del piano sulla base delle risorse presenti nel patrimonio aziendale e di quelle realizzabili attraverso eventuali attività liquidatorie, trascurando, in particolare, la circostanza che una quota dell’attivo è rappresentata dagli assets immobiliari, la cui liquidazione, in quanto non ancorata a dati obiettivi, testimonia di per sé l’inattuabilità del piano.

Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. Civ., osservando che la Corte di Appello, pur avendo sollevato obiezioni in ordine alla fattibilità e finanche alla serietà della proposta concordataria, si è astenuta dal formulare un proprio giudizio alternativo in ordine all’ammissibilità della stessa, in tal modo omettendo qualsiasi pronuncia sulla domanda avanzata con il ricorso.

Premesso infatti che il d. lgs. 12 settembre 2007 n. 169 ha precisato l’ambito dei poteri di controllo spettanti al tribunale nella fase di ammissione alla procedura, chiarendo che gli stessi non sono limitati alla verifica della completezza e regolarità della documentazione prodotta, ma si estendono alla veridicità dei dati esposti ed alla fattibilità del piano, qualificabili come condizioni dell’azione, sostiene che, nella relativa valutazione, il giudice di merito non è vincolato dalla relazione di cui all’art. 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ma deve accertare l’idoneità della proposta concordataria a realizzare gli obiettivi di cui all’art. 160 legge fall. attraverso strumenti astrattamente adeguati e giuridicamente leciti, in modo da porre i creditori, ai quali spetta la valutazione in ordine alla convenienza della proposta, in condizione di votare in modo informato sulla stessa.

Le predette censure devono essere esaminate congiuntamente, avendo ad oggetto la comune problematica relativa all’individuazione dell’ambito del controllo demandato al tribunale in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo.

In ordine a tale questione, ritenuta di particolare importanza, le Sezioni Unite di questa Corte, con una recente pronuncia, hanno affermato, ai sensi dell’art. 363 cod. proc. civ., il principio di diritto secondo cui il controllo demandato al giudice, tanto ai fini dell’ammissione alla procedura quanto ai fini dell’omologazione e della revoca, non è limitato alla completezza ed alla congruità logica della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla compatibilità delle relative modalità di attuazione con norme inderogabili e con la causa concreta dell’accordo, avente come finalità il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore ed il riconoscimento in favore dei creditori di una sia pur minimale consistenza del credito vantato in tempi di realizzazione ragionevolmente contenuti. I margini di tale sindacato non possono essere stabiliti in via generale ed astratta, dovendosi invece tenere conto delle modalità proposte dal debitore per la composizione della propria esposizione debitoria. Con particolare riguardo al concordato preventivo con cessione dei beni, è stato precisato che il controllo in questione dev’essere effettuata verificando l’idoneità della documentazione prodotta a corrispondere alla funzione, che le è propria, di fornire elementi di giudizio dei creditori, ai quali è rimessa ogni valutazione in ordine alla percentuale di soddisfacimento dei crediti offerta dal debitore, restando sottratto al tribunale il giudizio in ordine al merito ed alla convenienza della proposta. Rientra nell’ambito di detto sindacato una delibazione in ordine alla correttezza delle argomentazioni svolte e delle motivazioni addotte dal professionista a sostegno del giudizio di fattibilità del piano, nonché in ordine alla coerenza complessiva delle conclusioni finali prospettate, all’impossibilità giuridica di dare esecuzione alla proposta di concordato o all’inidoneità prima facie della proposta a soddisfare in qualche misura i crediti rappresentati, nel rispetto dei termini di adempimento previsti (cfr. Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521).

Tali principi debbono ritenersi sostanzialmente rispettati dalla sentenza impugnata, in cui la Corte di Appello ha espressamente riconosciuto che la delibazione del tribunale circa la sussistenza del requisito di fattibilità non si riduce ad un’operazione di mero segretariato giudiziale, ma implica un giudizio di merito in ordine all’intrinseca serietà logica della proposta concordataria, ed ha pertanto proceduto ad una valutazione della possibilità di attuazione della stessa, sotto il profilo della concreta realizzabilità delle previsioni di vendita degli immobili e delle connesse prospettive di soddisfacimento dei creditori, poste a confronto on i rischi ai quali questi ultimi sarebbero rimasti esposti in caso di fallimento.

Il ricorrente contesta le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, evidenziando la contraddizione a suo avviso insita nell’iter argomentativo seguito dalla Corte territoriale, la quale, pur intendendo astrattamente il requisito della fattibilità come mera probabilità di attuazione della proposta, in concreto ha fatto dipendere l’accoglimento del reclamo dalla mancanza di certezza in ordine all’irrealizzabilità del piano. La differenza tra il senso attribuito alla norma giuridica e l’accertamento dei fatti, che costituiscono rispettivamente la premessa maggiore e quella minore del sillogismo sviluppato dal giudice di merito, rende peraltro configurabile non già il vizio di motivazione, il quale incide sulla ricostruzione della fattispecie concreta e consiste nell’illogicità o contraddittorietà del ragionamento seguito nella valutazione delle risultanze processuali, ma la falsa applicazione di legge, ravvisabile nel caso in cui la norma, correttamente interpretata, sia stata mal applicata ai fatti accertati (cfr. Cass., Sez. III, 24 ottobre 2007, n. 22348; 7 maggio 2007, n. 10295; 26 settembre 2005, n. 18782). Nel caso in esame, d’altronde, neppure tale vizio può ritenersi sussistente, risultando evidente che l’esclusione dell’irrealizzabilità è di per sé sufficiente, sotto il profilo logico, a collocare l’attuazione del piano nell’arco delle probabilità astrattamente attingibili dal giudizio di fattibilità, la cui valutazione in concreto costituisce proprio l’oggetto dell’apprezzamento demandato al giudice di merito.

All’esito di tale giudizio, la Corte di Appello non ha affatto omesso di pronunciarsi in ordine alla domanda proposta in primo grado, avendo formulato, in ordine alle prospettive di realizzazione della proposta, una prognosi esattamente contraria a quella emergente dalla sentenza di primo grado, sulla base di una valutazione ponderata dei rischi e dei vantaggi connessi alla liquidazione concorsuale dei beni aziendali. Il ricorrente censura tale apprezzamento, lamentando il mancato approfondimento del contenuto della proposta, e segnatamente l’omessa considerazione dell’incertezza dei dati posti a fondamento della stima degli immobili, ma si astiene dall’indicare specificamente gli elementi a suo avviso trascurati o non adeguatamente valutati dalla sentenza impugnata, limitandosi ad evidenziare il divario tra il passivo dell’impresa, l’attivo liquidabile ed il valore di stima degli assets immobiliari, che non assume di per sé una portata decisiva ai fini del giudizio di fattibilità del concordato. In tal modo, egli dimostra di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione del vizio di motivazione, una rivisitazione del giudizio di merito, non consentita a questa Corte, alla quale non è conferito il potere di riesaminare l’intera vicenda processuale, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove e scegliere, tra le risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. V, 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. Sez. lav., 18 marzo 2011, n. 6288; Cass., Sez. III, 9 agosto 2007, n. 17477)

Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la contro ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112, 353 e 354 cod. prov. civ. e dell’art. 163 della legge fall., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, dopo aver revocato la dichiarazione di fallimento, ha omesso di dichiarare aperta la procedura di concordato preventivo e di emettere i provvedimenti conseguenti. Sostiene infatti che, ferma restando la competenza del tribunale in ordine agli adempimenti successivi alla procedura, la Corte d’Appello non avrebbe potuto rimettere allo stesso la pronuncia in ordine all’ammissibilità della proposta, non essendo la fattispecie riconducibile agli artt. 353 e 354 cit., in quali, nell’individuare le ipotesi di rimessione della causa al giudice di primo grado, dettano disposizioni di carattere eccezionale.

Il motivo è infondato.

L’accoglimento del reclamo avverso la dichiarazione di fallimento emessa, ai sensi dell’art. 162, secondo comma, delle legge fall., sul presupposto dell’inammissibilità della proposta di concordato preventivo impone alla corte d’appello di rimettere gli atti al tribunale perché dichiari aperta la procedura, ai sensi dell’art. 163, nominando i relativi organi e dettando i conseguenti provvedimenti: trova infatti applicazione, in via analogica, l’art. 22 della legge fall., che, in caso di accoglimento del reclamo avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, impone di rimettere gli atti al tribunale ai fini della dichiarazione di fallimento, in tal modo implicitamente escludendo il potere della corte d’appello di dichiarare senz’altro aperta la procedura concorsuale.

Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno pertanto entrambi respinti e le spese processuali vanno dichiarate interamente compensate tra le parti costituite, avuto riguardo alla reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile.

 

 

 

 

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