Cass. 06.08.2015 n. 16554 (sulla portata del principio di non contestazione nel procedimento di verifica dello stato passivo)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio  la sentenza n. 16554 pubblicata dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione in data 6 agosto 2015 e (Giudice Relatore Dott. Francesco Antonio Genovese).

Per quanto mi consta, è la prima pronuncia della Suprema Corte che affronta espressamente il problema dell’applicabilità del principio di non contestazione all’interno del procedimento di verifica dello stato passivo.

Il ricorrente sosteneva infatti che, in assenza di espresse contestazioni da parte del Curatore o dei creditori intervenuti, il Tribunale – proprio applicando il citato principio di non contestazione, avrebbe dovuto ammettere il credito.

Il Supremo Collegio è di parere diverso. Dopo aver infatti riconfermato che nel nuovo diritto fallimentare il Curatore è principalmente una “parte”, i giudici affermano però che non per questo il Giudice Delegato è tenuto, in forza di quel principio, ad ammettere il credito come richiesto dal suo titolare solo perché il Curatore abbia mantenuto un comportamento non attivo.

Invero il principio di non contestazione, che costituisce solo una tecnica di semplificazione nella formazione della prova dei fatti allegati dalle parti, non può prevalere rispetto ai risultati dell’istruzione probatoria, positivamente esperiti ed acquisiti, specie quando questi abbiano valenza contraria alle risultanze virtuali ipotizzabili in base al primo.

Compete quindi al GD (ed al Tribunale fallimentare in generale) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni e di applicare i principi di verificazione dei fatti e delle prove.

A mio avviso la posizione della corte è non solo corretta da un punto di vista giuridico ma, anche, sotto un’ottica squisitamente pratica.

Già qualche anno fa, infatti, mi ero pubblicamente schierato contro un orientamento favorevole all’applicazione “rigida” del principio di non contestazione, soprattutto in un giudizio come quello di verificazione dello stato passivo nel quale il Curatore non ha spesso il tempo di approfondire tempestivamente ogni singola posizione e nel quale la supplenza del G.D. è quanto mai opportuna.

Buona lettura.

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                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                        SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA    Salvatore                       -  Presidente   -
Dott. GENOVESE    Francesco Antonio          -  rel. Consigliere  -
Dott. SCALDAFERRI Andrea                          -  Consigliere  -
Dott. DE CHIARA   Carlo                           -  Consigliere  -
Dott. NAZZICONE   Loredana                        -  Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:
                     sentenza
sul ricorso 13129-2008 proposto da:
         T.F.,  nella  qualità di  titolare  dell'omonima  impresa
individuale (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in  _________,
______________________________, presso l'avvocato _____________,  che
lo  rappresenta  e  difende unitamente agli avvocati  ______________,
_______________, giusta procura a margine del ricorso;
                                                       - ricorrente -
                               contro
FALLIMENTO_____________________;
                                                         - intimati -
avverso   il   decreto  del  TRIBUNALE  di  BOLZANO,  depositato   il
08/04/2008;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
30/06/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
AUGUSTINIS  Umberto  che  ha  concluso  per  l'inammissibilità   del
ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Bolzano, con decreto dell’8 aprile 2008, ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento ________________________ agenzia (d’ora innanzi solo Fallimento _____________), proposto dalla ditta individuale T.F., la quale aveva chiesto – senza successo – l’ammissione del proprio credito, pari ad Euro 144.036,18, per competenze relative ad un contratto di sub-trasporto, in quanto – a seguito del furto di un carico di medicinali e di calzature, affidato alla società fallita – aveva subito un’azione giudiziaria promossa dalla committente e dalle sue compagnie assicuratrici, per il conseguimento del risarcimento del danno quantificato come sopra, e la relativa causa era pendente davanti al Tribunale di Bolzano.

2. Secondo il Tribunale, invece, l’opposizione era infondata.

2.1. Infatti, il creditore avrebbe proposto istanza di ammissione tardiva allo stato passivo, ai sensi della L. Fall., art. 101, con ricorso del 18 settembre 2007, allegando una “scarna” documentazione a suo sostegno (un fax d’incarico, una lettera di trasporto indicativa della merce, la denuncia di furto, gli atti di citazione delle compagnie assicuratrici, il computo unilaterale di capitale ed interessi sulle somme pretese dalle compagnie di assicurazione).

2.2. Secondo il Tribunale tale compendio documentale sarebbe insufficiente a fondare la prova dell’ai e del quantum del credito.

2.2.1. Dalla disamina del verbale di denuncia, ad esempio, non sarebbe stato possibile verificare la sussistenza ed il grado della colpa del trasportatore nonché la sua diligenza nell’esecuzione del contratto.

2.2.2. Né sarebbe certo il quantum del danno risarcibile, non avendo il preteso creditore fornito alcun elemento per la sua determinazione in caso di perdita della merce, ai sensi dell’art. 1696 c.c., attraverso l’indicazione dei prezzi correnti.

3. Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione il signor T.F., con quattro motivi.

4. La curatela non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo mezzo di impugnazione (violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99, commi 5 e 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la ricorrente ha posto a questa Corte il seguente quesito di diritto:

“Voglia la E.C. dichiarare che, nel procedimento di opposizione allo stato passivo, ai sensi della L. Fall., art. 99 (applicabile alle procedure concorsuali già pendenti al 31 dicembre 2007), il Tribunale è tenuto ad ammettere il credito allo stato passivo, qualora né il Curatore né altri creditori intervenuti abbiano contestato la domanda del creditore escluso nella fase di verifica”.

1.1.Anzitutto il Tribunale avrebbe ignorato il disposto della L. Fall., art. 99, comma 10, che (nel testo applicabile ratione temporis) dispone: “il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti”. Tale previsione sarebbe il corollario della disposizione recata dalla L. Fall., art. 99, comma 5, secondo cui “La parte nei confronti della quale la domanda è proposta deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti”.

1.2. Secondo la ricorrente, nel procedimento camerale a cognizione piena che si apre con l’opposizione allo stato passivo, in applicazione del principio di non contestazione, la non ammissione del credito – alla quale si oppone – potrebbe esser mantenuta solo nel caso in cui il curatore avesse tempestivamente eccepito i motivi di sua esclusione e fornito i mezzi di prova a loro sostegno.

1.3. Nel caso esaminato, invece, il curatore non si sarebbe costituito nel giudizio di opposizione allo stato passivo e, perciò, in ossequio al menzionato principio immanente all’ordinamento del processo civile, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l’esistenza del credito non contestato, ammettendolo puramente e semplicemente allo stato passivo del fallimento.

2. Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99, comma 5, e degli artt. 17 e 18 CMR – ovvero convenzione trasporto internazionale merci su strada firmata a Ginevra il 19 maggio 1956 e resa esecutiva in Italia con L. 6 dicembre 1961, n. 1621 -, nonchè artt. 1218 e 1693 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente ha posto a questa Corte il seguente quesito di diritto:

“Voglia la E.C. dichiarare che, nel procedimento di opposizione allo stato passivo, ai sensi della L. Fall., art. 99 (applicabile alle procedure concorsuali già pendenti al 31 dicembre 2007), il Tribunale, in assenza di deduzioni del Curatore (o di altre parti) che escludano la presunzione della responsabilità ex recepto del vettore per la perdita delle merci (art. 11 CMR e 1693 c.c.), debba ammettere il credito del mittente derivante dal diritto al risarcimento dei danni subiti per la perdita delle merci affidate al vettore per il trasporto”.

2.1. La ditta ricorrente ha osservato che il Tribunale avrebbe errato applicando, ad un trasporto internazionale regolato dalla CMR, resa esecutiva in Italia con la L. n. 1621 del 1961, la disciplina codicistica nazionale.

2.2. In base a tale normativa, al caso esaminato, si applicherebbe la responsabilità ex recepto del vettore nel contratto di trasporto internazionale, dove si dispone, in maniera del tutto analoga a quanto fa la previsione interna (l’art. 1693 c.c.): sia nella disciplina internazionale, che in quella codicistica, l’onere della prova liberatoria sarebbe a carico del vettore che potrebbe essere vinta solo dalla allegazione specifica e dalla dimostrazione della derivazione del danno da un evento positivamente identificato (rif. a Cass. 24209 del 2006 e altre conff.).

2.3. Nella specie, il ricorrente avrebbe mostrato che la perdita del carico era avvenuta dopo la consegna di esso alla Moritz e, pertanto, non avendo il curatore – per conto della Moritz – allegato o provato quelle circostanze che avrebbero escluso o limitato la responsabilità per la perdita, s’imponeva il riconoscimento del credito che, in mancanza di deduzioni e prove contrarie, non avrebbe potuto essere escluso.

3. Con il terzo mezzo (violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 52 e 92 e ss, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente ha posto a questa Corte il seguente quesito di diritto:

“Voglia la E.C. dichiarare che, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il Tribunale deve accertare l’esistenza del credito nei confronti del fallito ed i suoi presupposti in base agli elementi forniti dalle parti ed in applicazione dei principi forniti dalle parti ed in applicazione dei principi espressi dalla L. Fall., art. 99, indipendentemente dal fatto che sia pendente altro giudizio avente il medesimo oggetto”.

3.1. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe errato nell’escludere il proprio credito, in considerazione del fatto che era in corso un altro giudizio avente il medesimo oggetto.

4. Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99, comma 5, e dell’art. 23, comma 1, CMR – ovvero convenzione trasporto internazionale merci su strada firmata a Ginevra il 19 maggio 1956 e resa esecutiva in Italia con L. 6 dicembre 1961, n. 1621 -, nonchè art. 1696 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente ha posto a questa Corte il seguente quesito di diritto:

“Voglia la E.C. dichiarare che le fatture relative alla merce affidata al vettore per il trasporto sono elemento idoneo a determinare il valore della stessa nel tempo e nel luogo in cui il vettore l’ha ricevuta e che quindi l’ammontare del risarcimento dovuto dal vettore in caso di perdita del carico è pari agli importi risultanti dalle fatture oltre interessi e rivalutazione”.

4.1. Il ricorrente lamenta la mancata considerazione dei documenti depositati, ovverosia della lettera di vettura, con indicazione della merce presa in carico dal vettore (doc. 2 del fasc. allegato all’istanza di ammissione al passivo), e delle fatture relative alla merce persa (docc. nn. 1, 2 e 3 del fasc. depositato con l’opposizione al passivo).

5. Il primo mezzo di ricorso è infondato, e al relativo quesito di diritto occorre rispondere negativamente.

5.1. Infatti, se è ormai assodato che nel nuovo diritto fallimentare il curatore è principalmente una parte, come emerge anche dall’esame della L. Fall., artt. 95 e ss, e che nel contraddittorio con il creditore istante egli s’imbatte -come tutte le parti – nell’operatività del principio di non contestazione, con riguardo alla formazione della prova delle pretese creditorie, tuttavia non per questo il giudice delegato è tenuto, in forza di quel principio, ad ammettere il credito come richiesto dal suo titolare sol perchè il curatore abbia mantenuto un comportamento non attivo, sia nella fase sommaria che in quella contenziosa, e ciò sia sulla base della possibilità – data al giudice – di far valere eccezioni ufficiose in considerazione dei principi in materia di verificazione dei fatti e delle prove, da parte dello stesso.

5.2. Invero, il principio di non contestazione, che costituisce solo una tecnica di semplificazione di formazione della prova dei fatti allegati dalle parti, non può prevalere rispetto ai risultati dell’istruzione probatoria, positivamente esperiti od acquisiti, specie quando questi abbiano valenza contraria alle risultanze virtuali ipotizzabili in base al primo.

5.3. Nel caso di specie, il Tribunale in sede di opposizione, in linea generale, ha rilevato che la “documentazione prodotta dall’opponente appare del tutto insufficiente per affermare sia nell’an che nel quantum la sussistenza di un diritto a titolo risarcitorio”, poi diffondendosi nell’esame dei singoli documenti, ed è pervenuto – infine – alla conferma del giudizio dato dal GD circa la qualità non certa del credito fatto valere (p. 3 del decreto, ultimo rigo).

5.4. Si deve perciò concludere dando al primo quesito una risposta negativa, in base al principio di diritto secondo cui:

in tema di verificazione del passivo, il principio di non contestazione, che pure ha rilievo rispetto alla disciplina previgente, non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo quando esso, per avventura, non sia stato contestato dal curatore (o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica), competendo al GD (e al Tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni e di applicare i principi in tema di verificazione dei fatti e delle prove, specie quando la verificazione del credito s’incentra non già su informazioni probatorie elementari, precise e circoscritte, così rendendo chiaro il loro accertamento, ma riguardi un complesso di fatti, tra di loro concatenati, la cui conferma si presenti articolata e complessa, non unidirezionale, e perciò bisognosa di prova in tutti i suoi segmenti e passaggi dimostrativi (come nella specie, in riferimento al comportamento tenuto dal trasportatore di un carico di beni, già assicurati, poi oggetto di furto e della necessaria valutazione a fini risarcitori).

6. Il secondo ed il quarto mezzo di ricorso (e correlati quesiti di diritto), vanno trattati congiuntamente, in quanto attengono al complesso della ratio decidendi che ha portato all’esclusione del credito in quanto non risulterebbe provato né l’an né il quantum del credito vantato.

6.1. Infatti, il ricorrente chiede di riformare la decisione di prime cure applicando (con il secondo motivo) la regola giuridica relativa alla responsabilità del vettore e, con il terzo, quella della prova dell’entità del danno, per mezzo dei documenti allegati (particolarmente delle fatture).

6.2. I due mezzi, che reclamano un’attenta applicazione dei principi giuridici in materia di trasporto delle merci, anche in sede di verificazione dello stato passivo, dove la loro operatività non è certo esclusa quando – come proprio in forza di essi – la prova si presenti alquanto semplificata, sono fondati e di essi va fatta applicazione a cura dei giudici di merito, secondo quanto di seguito affermato, in base alla consolidata giurisprudenza di legittimità, e precisamente:

-in ordine alla sussistenza del credito, in quanto – in difetto di specifica contestazione da parte del curatore o degli altri creditori – l’onere della prova liberatoria incombe sul vettore (o sub-vettore) in ossequio al principio (Sez. 3, Sentenza n. 17398 del 2007) secondo cui Al fine di escludere la responsabilità “ex recepto” del vettore non è sufficiente la prova della perdita del carico a causa di una rapina, se il fatto è avvenuto con modalità tali da evidenziare l’omessa adozione di cautele idonee ad evitarlo, essendo necessario accertare che i fatti, ancorché riconducibili ad un reato perpetrato con violenza e minaccia sulla persona, si siano svolti con modalità talmente atipiche ed abnormi da doversi ritenere del tutto imprevedibili ed inevitabili anche mediante l’assunzione di misure di prevenzione adeguate. (Nella fattispecie la rapina era avvenuta in ora notturna, in area di sosta isolata, dopo poco tempo dall’inizio del viaggio a causa della stanchezza e del sonno sopravvenuto all’autista, partito in condizioni fisiche inadeguate e senza l’ausilio di un secondo; la S.C., sulla scorta dell’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, in tal caso, aveva escluso la responsabilità del vettore);

-in ordine all’entità del credito, in quanto (Sez. 3, Sentenza n. 4696 del 1976), ai sensi dell’art. 1696 cod. civ., per stabilire il danno conseguente alla perdita o all’avaria delle cose trasportate, il giudice del merito può legittimamente fare riferimento alle risultanze della fattura emessa dal mittente (venditore) nei confronti del destinatario (acquirente), poichè corrisponde ad una presunzione semplice che nei normali rapporti fra imprenditori commerciali venga praticato il prezzo di mercato, quando si tratti di merci che hanno una quotazione risultante da mercuriali o quanto meno da contrattazioni largamente generalizzate.

6.3. Con riferimento ai principi esposti, la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi 2 e 4 e la causa rinviata per un rinnovato esame della documentazione portata a sostegno della domanda, anche considerando la mancata contestazione da parte del curatore e dei creditori, della documentazione offerta dalla ricorrente.

7. Il terzo mezzo è assorbito dalle considerazioni appena svolte.

8.In conclusione il ricorso, è fondato con riguardo ai motivi 2 e 4% assorbito il 3 e respinto il 1: la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Bolzano, che deciderà in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo e respinto il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Bolzano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 1 sezione civile della Corte di Cassazione, il 30 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2015

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