Trib. Padova 16.07.2015 (sulla fase esecutiva del concordato in continuità)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio il decreto reso dalla prima sezione civile del Tribunale di Padova in data 16.07.2015.

Il provvedimento contiene un’attenta disamina dei poteri del Tribunale fallimentare nella fase esecutiva del concordato in continuità e, nel contempo, degli strumenti a tutela del terzo contraente con la società beneficiaria dell’omologazione.

Nell’ipotesi si individuano infatti, in base all’orientamento seguito da parte della giurisprudenza, due interessi in parte confliggenti: quello della società, tornata in bonis, e quello degli altri operatori del mercato, interessati a conoscere il soggetto con il quale intrattengono rapporti.

Si ritiene in particolare che, una volta omologato il concordato in continuità, la società nuovamente in bonis debba essere “restituita” all’organo gestorio, senza che al Tribunale permangano poteri autorizzatori.

I compiti dell’autorità giudiziaria in questa fase sono strettamente collegati agli obblighi informativi che la società deve rispettare, aggiornando costantemente il Commissario Giudiziale (e quindi il Tribunale) sulla corretta esecuzione del piano.

Contrattare con una società in concordato, pertanto, non comporta di per sé alcuno specifico rischio.

Il terzo contraente, infatti, ha a disposizione:

-          la pubblicità garantita dalla pubblicazione nel registro delle imprese della pendenza della procedura di concordato;

-          le informazioni contenute nel decreto di omologazione, anch’esso pubblicato nel registro delle imprese;

-          le informazioni che possono essere richieste al commissario Giudiziale in ordine alla tenuta del piano;

-          le risultanze dei bilanci pubblicati, dai quali deve risultare il nuovo equilibrio finanziario (venendo meno l’esenzione ex art. 182 sexies L. F.).

Personalmente avrei qualche dubbio sulla possibilità che il Commissario Giudiziale possa aggirare così facilmente gli obblighi di riservatezza cui è professionalmente tenuto. Tuttavia è sicuramente di apprezzare il tentativo di “restituire alla normalità” la società che abbia risanato la propria crisi aziendale, segno evidente del “favor” di cui gode in quest’ultimo periodo il concordato preventivo in continuità aziendale.

Buona lettura.

Simone Giugni

*******

 TRIBUNALE DI PADOVA

Prima sezione civile

Il Tribunale, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:

dott. Maria Antonia Maiolino                                 Presidente relatore

dott. Manuela Elburgo                                            Giudice

dott. Caterina Zambotto                                         Giudice

sentita la relazione del Giudice Relatore;

-          letta l’istanza 30.06.2015 con cui la società O.M. s.p.a. chiede il Tribunale “voglia accertare a mezzo di apposito provvedimento la chiusura della procedura di concordato preventivo”;

-          premesso che la società, che ha presentato un concordato preventivo in continuità, omologato  dal Tribunale con provvedimento ormai definitivo, evidenzia come presso il registro delle imprese risulti ancora annotata la pendenza della procedura di concordato preventivo:

-          ciò, prosegue l’istante, complica in maniera significativa la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, al cui successo la società affida la corretta esecuzione del piano concordato e quindi la soddisfazione dei propri creditori;

-          rilevato che l’articolo 181 l.f. stabilisce espressamente che la procedura di concordato preventivo si chiuda con l’omologa del concordato medesimo: la lettura della norma pare giustificare la richiesta della proponente;

-          rilevato peraltro che è presente in dottrina un orientamento contrario, che riconosce nel caso di specie due interessi, in parte confliggenti: da un lato quello della società, che ha visto regolarmente riconosciuta detta circostanza quando opera nel mercato; dall’altro, quella degli altri operatori del mercato ad essere consapevoli di operare con una società che si trova nella fase esecutiva del proprio piano di concordato e quindi sotto il controllo degli organi di procedura;

-          ritenuto che la questione vada affrontata e decisa da una parte chiarendo che l’accoglimento dell’istanza porterebbe solo alla pronuncia di un provvedimento che dà atto della chiusura del concordato, senza che ne derivi l’eliminazione del registro delle imprese di qualsiasi traccia della procedura: pur dopo la chiusura rimane l’annotazione in visura di tutte le fasi del concordato preventivo cui la società ha avuto accesso; dall’altra parte si impone la definizione dell’esatto ambito dei poteri del Tribunale in fase di esecuzione del concordato in continuità;

-          ritenuto in particolare che, una volta omologato il concordato in continuità, la società nuovamente in bonis sia “restituita” all’organo gestorio, che deve quindi operare nel rispetto del piano: con la conseguenza che gli atti ordinari o straordinari che rispettino il piano non necessitino di alcuna autorizzazione del Tribunale, mentre gli atti che si discostino da piano non sono suscettibili di autorizzazione proprio in quanto contrari alla proposta approvata dai creditori: il Tribunale quindi nella fase esecutiva non è munito di poteri autorizzativi;

-          ritenuto pertanto che la questione dei poteri del Tribunale nella fase esecutiva vada ricondotta agli obblighi informativi che la società deve rispettare, nel senso che la stessa deve aggiornare il commissario giudiziale e quindi il Tribunale in ordine all’esecuzione del piano e in particolare al rispetto dello stesso ovvero agli scostamenti dello stesso, ciò allo scopo di consentire eventualmente al commissario di alllertare i creditori in ipotesi di significative violazioni al piano, affinchè possano valutare se attivare il procedimento di risoluzione del concordato;

-          ritenuto pertanto che il Tribunale non abbia il potere di intervenire direttamente nella fase esecutiva, imponendo agli amministratori della società una determinata attività ovvero vietandola: il suo potere si limita al controllo tramite il commissario giudiziale dell’attività gestoria svolta dagli amministratori;

-          ritenuto che, così ricostruito il limitato ambito dei poteri del Tribunale, deve concludersi che il terzo operatore del mercato che venga in contatto con la società in fase esecutiva di concordato non corre alcuno specifico rischio: nel senso che il fatto che la società stia eseguendo il concordato non configura circostanza idonea ad “invalidare” gli atti gestori quand’anche difformi del piano; l’unico rischio è quello connesso al fatto di operare con una società che sta risanando le proprie finanze e quindi devolvendo parte dei propri flussi di cassa non al pagamento dei debiti correnti ma al pagamento dei debiti passati;

-          ritenuto che questo genere di informazioni attenga alle notizie latu sensu ricollegabili alla solidità finanziaria dell’impresa: ma, se è vera la premessa, la domanda da porsi è se la pubblicità garantita dal registro delle imprese in ordine alla pendenza della procedura di concordato (già di per sé informazione imprecisa alla luce del contenuto dell’art. 181 l.f.) sia decisiva nel fornire al terzo una completa informazione in ordine alla situazione patrimoniale dell’impresa;

-          ritenuto che debba darsi risposta negativa a detto quesito, nel momento in cui si consideri che il terzo ha a disposizione informazioni molto più pregnanti rispetto al mero dato formale dell’apertura o chiusura della procedura, circostanze che – si ripete – non incide sulla validità degli atti che egli abbia a compiere con la società: il terzo infatti può prendere visione del decreto di omologa pubblicato nel registro delle imprese, che dice con chiarezza che la società dopo l’omologa rimanga assoggettata al controllo degli organi della procedura ed impone alla società specifici obblighi informativi nei confronti del commissario giudiziale (nel caso di specie sia sull’attuazione e tenuta del piano industriale, economico e finanziario che sulla liquidità aziendale e sugli affidamenti bancari); a sua volta il commissario deve relazionare semestralmente il Tribunale ed il terzo che abbia un concreto e tutelabile interesse può chiedere informazioni al commissario in ordine alla tenuta del piano; il terzo può esaminare i bilanci della società, che dopo l’omologa del concordato deve tornare ad operare in equilibrio finanziario, venendo meno l’esenzione di cui all’art. 182 sexies l.f.;

-          ritenuto pertanto che il complesso di informazioni disponibili al terzo in ordine alla situazione patrimoniale e finanziaria in cui opera la società renda  ultroneo il permanente richiamo nel registro delle imprese alla pendenza della procedura di concordato;

-          ritenuto allora non vi sia ragione per negare alla società richiedente un provvedimento che dia atto della chiusura della procedura di concordato ai sensi dell’articolo 181 l.f., pur proseguendo la fase di esecuzione del concordato medesimo;

PQM

Accerta la chiusura della procedura di concordato preventivo di O.M. s.p.a. per effetto dell’intervenuta omologa del concordato.

Manda alla Cancelleria di comunicare il presente provvedimento alla Camera di Commercio per ogni annotazione di competenza.

Padova, 16.7.2015.

Il Presidente

Maria Antonia Maiolino

Scrivi una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *