Corte di Giustizia dell’Unione Europea 07.04.2016 (sulla falcidia dell’IVA nel concordato preventivo)
Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in data 07.04.2016.
Nella stessa la Corte di Giustizia è stata chiamata a decidere se un imprenditore in stato di insolvenza possa presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito IVA attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore in caso di proprio fallimento.
E’ questa, come sappiamo, una delle domande alla quale le sezioni fallimentari hanno cercato di dare più volte risposta nell’ultimo periodo. Sappiamo anche che, nella stragrande maggioranza dei casi, la falcidia dell’IVA veniva negata sulla base dell’obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse dell’Unione Europea, indirizzo che aveva spinto molti commentatori a parlare di “superprivilegio”.
Nell’ampia e pregevole motivazione della sentenza, la Corte di Giustizia osserva che la procedura di concordato preventivo comporta che l’imprenditore in stato di insolvenza (qui forse sarebbe stato più corretto parlare di “stato di crisi”) liquidi il suo intero patrimonio per saldare i propri debiti. Se tale patrimonio non è sufficiente a rimborsare tutti i crediti, il pagamento parziale di un credito privilegiato può essere ammesso solo se un esperto indipendente attesta che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento del debitore.
Inoltre, dato che la proposta di concordato preventivo è soggetta al voto di tutti i creditori ai quali il debitore non proponga un pagamento integrale del loro credito, e che deve essere approvata da tanti creditori che rappresentino la maggioranza del totale dei crediti dei creditori ammessi al voto, la procedura di concordato preventivo offre allo Stato membro interessato la possibilità di votare contro una proposta di pagamento parziale di un credito IVA qualora, in particolare, non concordi con le conclusioni dell’esperto indipendente.
Infine, supponendo pure che, nonostante tale voto negativo, detta proposta sia adottata e che, di conseguenza, il concordato preventivo debba essere omologato dal giudice adito, dopo che quest’ultimo abbia eventualmente statuito sulle opposizioni sollevate dai creditori in disaccordo con la proposta di concordato, la procedura di concordato preventivo consente allo Stato membro interessato di contestare ulteriormente, mediante opposizione, un concordato che preveda un pagamento parziale di un credito IVA e a detto giudice di esercitare un controllo.
Di conseguenza, tenuto conto di tali presupposti, l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA nell’ambito di una procedura di concordato non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA e non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantirne il privilegio integrale dell’IVA nel loro territorio nonché, evidentemente, la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione.
Buona lettura.
Simone Giugni
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SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
7 aprile 2016
“Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – IVA – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Direttiva 2006/112 CE – Insolvenza – Procedura di concordato preventivo – Pagamento parziale dei crediti IVA”
Nella causa C-546/14,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Udine (Italia), con ordinanza del 30 ottobre 2014, prevenuta in cancelleria il 28 novembre 2014, nel procedimento avviato da
D. S.a.s. in liquidazione,
con l’intervento del
Pubblico Ministero presso il Tribunale di Udine
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da M. Ilesic, presidente di sezione, C. Toader, A Rosas, A. Prechal ed E. Jarasiunas (relatore), giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
- per la D. S.a.s. in liquidazione da P.B., avvocato;
- per il governo italiano, da G. P., in qualità di agente, assistita da G. De Bellis, avvocato dello Stato;
- per il governo spagnolo, da A.G.L., in qualità di agente;
- per la Commissione europea, da F.T., A.C. e L.L.P., in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 gennaio 2016,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e della direttiva 2006/112 CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L347, pag. 1; in prosieguo: “la direttiva IVA”).
2 Tale domanda è stata sollevata dell’ambito di una proposta di concordato preventivo presentata dalla D. S.a.s. in liquidazione (in prosieguo la “D.”), dinnanzi al Tribunale di Udine (Italia).
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lettere a),c) e d), della direttiva IVA, sono soggette all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo l’”IVA”) le cessioni dei beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stat membro da un soggetto passivo che agisca in quanto tale, nonché le importazioni di beni.
4 L’articolo 250, paragrafo 1, della direttiva IVA dispone quanto segue:
“Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione IVA in cui figurino tutti i dati necessari per determinare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare, compresi, nella misura in cui sia necessario per la determinazione della base imponibile, l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali detrazioni, nonché l’importo delle operazioni esenti”.
5 Ai sensi dell’articolo 273, primo comma, della direttiva IVA:
“Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera”.
Diritto italiano
6 Il regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267, recante “Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa” (GURI n.81 del 6 aprile 1942), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: la “legge fallimentare”), disciplina la procedura di concordato preventivo agli articoli 160 e seguenti.
7 Con tale procedura, che mira a evitare una dichiarazione di fallimento, l’imprenditore che si trovi in stato di crisi o di insolvenza propone ai suoi creditori di mettere a disposizione il proprio patrimonio al fine di rimborsare integralmente i crediti privilegiati e parzialmente i crediti chirografari. Il concordato preventivo può, tuttavia, prevedere un pagamento parziale di talune categorie di crediti privilegiati, purchè un esperto indipendente attesti che questi ultimi non riceverebbero un trattamento migliore nel caso di fallimento dell’imprenditore.
8 La procedura di concordato preventivo, cui partecipa il Pubblico Ministero, è avviata sua domanda dell’imprenditore dinanzi al giudice competente. Quest’ultimo si pronuncia anzitutto sulla ricevibilità della domanda, dopo aver verificato la sussistenza dei presupposti di legge per il concordato preventivo. In seguito, i creditori ai quali il debitore non proponga un pagamento integrale del rispettivo credito sono chiamati a votare la proposta di concordato preventivo, che deve essere approvata da tanti creditori ammessi al voto Se infine tale maggioranza è raggiunta, il tribunale – decise eventuali opposizioni di creditori dissenzienti e comunque verificati nuovamente i presupposti di legge – omologa il concordato preventivo. Il concordato preventivo così omologato è vincolante per tutti i creditori.
9 Peraltro, l’articolo 182 ter della legge fallimentare, intitolato “Transazione fiscale”, prevede che, con il piano di cui all’articolo 160 di tale legge, il debitore possa proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea. Con riguardo, tuttavia, all’IVA e alle ritenute operate e non versate la proposta del debitore può solo prevedere la dilazione del pagamento.
Procedimento principale e questione pregiudiziale
10 Il 22 maggio 2014, la D. ha presentato al giudice del rinvio una domanda di concordato preventivo. Trovandosi in stato di crisi, essa intende liquidare in tal modo il suo patrimonio, essa intende liquidare in tal modo il suo patrimonio, al fine di provvedere al pagamento integrale di taluni creditori privilegiati e al pagamento in percentuale dei creditori chirografari e di creditori privilegiati di grado inferiore, per i cui crediti sostiene che non vi sarebbe comunque capienza, neppure in caso di fallimento. Tra questi ultimi vi è un debito di IVA che la D. propone di pagare parzialmente, senza vincolare tale proposta alla conclusione di una transazione fiscale.
11 Dovendosi pronunciare in merito alla ricevibilità della domanda della D., il giudice del rinvio rileva, in particolare, che l’articolo 182 ter della legge fallimentare pone il divieto di concordare, nell’ambito di una transazione fiscale, un pagamento parziale dei crediti dello Stato relativi all’IVA – ai quali la legge riconosce il rango di crediti privilegiati di grado 19° -, ammettendone soltanto un pagamento dilazionato nel tempo.
12 Esso precisa che, secondo la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione (Italia), tale divieto – seppure posto all’articolo 182 ter della legge fallimentare, che disciplina la transazione fiscale – vale in ogni caso e rimane inderogabile anche nell’ambito di una proposta di concordato preventivo. Tale interpretazione del diritto nazionale s’impone, secondo detto giudice, alla luce del diritto dell’Unione, in particolare dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e della direttiva IVA, come interpretati nelle sentenze Commissione/Italia (C-132/06, EU:C:2008:412), Commissione/Italia (C-174/07, EU:C:2008:704) e B. Costruzioni (C-500/10, EU:C:2012:186).
13 Il giudice del rinvio si domanda, tuttavia, se l’obbligo degli Stati membri di adottare tutte le misure legislative e amministrative necessarie a garantire il prelievo integrale dell’IVA, obbligo previsto dal diritto dell’Unione, impedisca effettivamente di ricorrere a una procedura concorsuale alternativa al fallimento, nel cui ambito l’imprenditore in stato di insolvenza liquidi tutto il proprio patrimonio per pagare i propri creditori e preveda pagamenti dei crediti IVA non deteriori rispetto all’ipotesi alternativa del fallimento.
14 Il Tribunale di Udine ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
“Se i principi e le norme contenuti nell’[articolo]4, paragrafo [3,TUE] e nella direttiva [IVA], così come già interpretati nelle sentenze della Corte [Commissione/Italia (C-132/06, EU:2008:142), Commissione/Italia (C-174/07, EU:C:2998:704) e B. (C-500/10, EU:C:2012:186)], debbano essere altresì interpretati nel senso di rendere incompatibile una norma interna (e, quindi, per quanto riguarda il caso qui in decisione, un’interpretazione degli [articoli] 162 e 182 ter [della legge fallimentare]) tale per cui sia ammissibile una proposta di concordato preventivo che preveda, con la liquidazione del patrimonio del debitore, il pagamento soltanto parziale del credito dello Stato relativo all’IVA, qualora non venga utilizzato lo strumento della transazione fiscale e non sia prevedibile per quel credito – sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente e all’esito del controllo formale del Tribunale – un pagamento maggiore in caso di liquidazione fallimentare”.
Sulla questione pregiudiziale
15 Dato che il giudice del rinvio precisa di sollevare il presente rinvio pregiudiziale in fase di valutazione della ricevibilità della domanda di cui è stato investito – sebbene la fase propriamente contenziosa della procedura di concordato preventivo abbia inizio solamente dopo l’approvazione di un siffatto concordato quando i creditori messi in minoranza possono proporre formale opposizione – occorre, in via preliminare, rilevare che tali elementi non ostano alla competenza della Corte a conoscere della presente domanda di rinvio pregiudiziale.
16 I giudici nazionali possono, infatti, adire la Corte se al loro cospetto pende una lite e se sono stati chiamati a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale (sentenze G. Fallimento, C-443/09, EU:C:2012:213, punto 21, nonché T., C-58/13 e C-59/13, EU:C:2014:208, punto 19), e la scelta del momento più idoneo per interrogare la Corte in via pregiudiziale è di loro esclusiva competenza (v., in tal senso, sentenze X, C-60/02, EU:C:2004:10, punto 28, e A., C-470/03, EU:C:2007:213, punto 45).
17 La Corte è quindi competente a conoscere della presente domanda di rinvio pregiudiziale, sebbene sia stata presentata dal giudice del rinvio in fase di esame non contraddittorio della ricevibilità della domanda di cui è stato investito, domanda diretta ad aprire una procedura di concordato preventivo che, come emerge dalle norme procedurali nazionali citate al punto 8 della presente sentenza, sfocia, se ricevibile, in una decisione di tipo giurisdizionale, adottata in presenza del Pubblico Ministero, dopo che il giudice abbia eventualmente statuito sulle opposizioni sollevate dai creditori messi in minoranza.
18 Con la sua questione il giudice del rinvio domanda, sostanzialmente, se l’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché gli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito IVA attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore in caso di proprio fallimento.
19 A tale riguardo occorre ricordare che dagli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA nonché all’articolo 4, paragrafo 3, TUE emerge che gli Stati Membri hanno l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative atte a garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio (sentenze Commissione/Italia, C-132/06, EU:C:2008:412, punto 37; B., C-500/10, EU:C:2012:186, punto 20, A.F., C-167/10, EU:C:2013:105, punto 25, e W., C-419/14, EU:C:2015:832, punto 41).
20 Nell’ambito del sistema comune dell’IVA, gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi e beneficiano, al riguardo, di una certa libertà in relazione, segnatamente, al modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione (sentenze Commissione/Italia, C-132/06, EU:C:2008:412, punto 38, e B., C-500/10, EU:C:2012:186, punto 21).
21 Tale libertà è tuttavia limitata dall’obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione e da quello di non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti, e questo sia all’interno di uno degli Stati membri che nell’insieme dei medesimi. La direttiva IVA deve essere interpretata in conformità al principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA, in base al quale operatori economici che effettuino operazioni uguali non devono essere trattati diversamente in materia di riscossione dell’IVA. Ogni azione degli Stati membri riguardante la riscossione dell’IVA deve rispettare tale principio (v., in tal senso, sentenze Commissione/Italia, C.132/06, EU:C:2008:412 punto 39; Commissione/Germania, C-539/09, EU:C:2011, punto 74 e B., C-500/10, EU:C:2012:186, punto 22).
22 Le risorse proprie dell’Unione comprendono, in particolare, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L163, pag.17), le entrate provenienti dall’applicazione di un aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati determinati secondo regole dell’Unione. Sussiste quindi un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell’IVA nell’osservanza del diritto dell’Unione applicabile e la messa a disposizione del bilancio dell’Unione delle corrispondenti risorse IVA, poiché qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde (sentenza A.F., C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26 nonché giurisprudenza ivi citata).
23 Alla luce di tali elementi occorre esaminare se l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo come prevista dalla normativa nazionale di cui al procedimento principale, sia contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione.
24 Al riguardo occorre constatare che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 38 a 42 delle conclusioni, la procedura di concordato preventivo, come descritta dal giudice del rinvio ed esposta ai punti da 6 a 8 della presente sentenza, è soggetta a presupposti di applicazione rigorosi, allo scopo di offrire garanzie per quanto concerne, in particolare, il recupero dei crediti privilegiati e pertanto dei crediti IVA.
25 In tal senso, anzitutto, la procedura di concordato preventivo comporta che l’imprenditore in stato di insolvenza liquidi il suo intero patrimonio per saldare i propri debiti. Se tale patrimonio non è sufficiente a rimborsare tutti i crediti, il pagamento parziale di un credito privilegiato può essere ammesso solo se un esperto indipendente attesta che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento del debitore.
La procedura di concordato preventivo appare quindi tale da consentire di accertare che, a causa dello stato di insolvenza dell’imprenditore, lo Stato membro interessato non possa recuperare il proprio credito IVA in misura maggiore.
26 Inoltre, dato che la proposta di concordato preventivo è soggetta al voto di tutti i creditori ai quali il debitore non proponga un pagamento integrale del loro credito e che deve essere approvata da tanti creditori che rappresentino la maggioranza del totale dei crediti dei creditori ammessi al voto, la procedura di concordato preventivo offre allo Stato membro interessato la possibilità di votare contro una proposta di pagamento parziale di un credito IVA qualora, in particolare, non concordi con le conclusioni dell’esperto indipendente.
27 Infine, supponendo pure che, nonostante tale voto negativo, detta proposta sia adottata e che, di conseguenza, il concordato preventivo debba essere omologato dal giudice adito, dopo che quest’ultimo abbia eventualmente statuito sulle opposizioni sollevate dai creditori in disaccordo con la proposta di concordato, la procedura di concordato preventivo consente allo Stato membro interessato di contestare ulteriormente, mediante opposizione, un concordato che preveda un pagamento parziale di un credito IVA e a detto giudice di esercitare un controllo.
28 tenuto conto di tali presupposti, l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato che, a differenza delle misure di cui trattasi nelle cause che hanno dato origine alle sentenze Commissione/Italia (C-132/06, EU:C:2008:412) e Commissione/Italia (C-174/07, EU:C:2008:704) cui fa riferimento il giudice del rinvio, non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA, non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantirne il privilegio integrale dell’IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione.
29 Di conseguenza occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché gli articoli 2,250, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito IVA attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento.
Sulle spese
30 Nei confronti delle parti del procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinnanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché gli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito dell’imposta sul valore aggiunto attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento.
Firme