Cass. 30.03.2016 n. 6277 (sui rapporti tra concordato preventivo e procedimento prefallimentare)
Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la sentenza n. 6277 resa dalla Sez. I Civile della Corte di Cassazione in data 31.03.2016 (relatrice Dott.ssa Magda Cristiano).
Nel caso portato all’attenzione della Corte la società fallita ha contestato la dichiarazione di inammissibilità di una domanda di concordato preventivo e la successiva dichiarazione di fallimento.
Nel rigettare il ricorso, il Collegio ha modo di sottolineare che il termine concesso ex art. 161 comma 6 L.F. ha natura perentoria, con conseguente inammissibilità della proposta e del piano depositati successivamente.
Inoltre, si ribadisce che il medesimo termine non è prorogabile a semplice richiesta della parte, ma solo in presenza di giustificati motivi che debbono essere allegati dall’istante e verificati dal Giudice. La relativa pronuncia, inoltre, costituisce espressione di un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione.
La Corte si chiede, infine, se una volta pronunciata l’inammissibilità della domanda di concordato sia necessario, prima di dichiarare il fallimento del debitore in caso di pendenza di altra domanda medio tempore presentata, esaminare la nuova proposta.
L’interrogatorio si pone a seguito delle note sentenze delle Sezioni Unite nn. 9935 e 9936 del 2015 le quali, pur escludendo che la procedura di concordato e quella di fallimento si pongano tra loro in rapporto di pregiudizialità tecnica, hanno stabilito che in pendenza di una domanda di CP non sia possibile dare autonomo corso al procedimento prefallimentare.
Il Giudice di legittimità in proposito rileva:
- che il concordato non può che essere unico e, pertanto, quando la procedura è pendente non può configurarsi una nuova domanda di ammissione;
- che le Sezioni Unite hanno espressamente sanzionato le domande meramente dilatorie, che costituiscono evidente abuso dello strumento concordatario;
- che, nelle more del procedimento prefallimentare, è consentito al debitore il deposito di una nuova domanda dalla quale si deduca, anche implicitamente, la rinuncia a quella con riserva.
Buona lettura.
Simone Giugni
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo - Presidente -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere -
Dott. FERRO Massimo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19048/2013 proposto da:
_________________________ S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, (c.f. (OMISSIS),
in persona dei Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA _________________________, presso l'avvocato ________
__________, rappresentata e difesa dall'avvocato __________________,
giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO DELLA ____________________S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in
persona del Curatore dott. S.E., elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA _____________, presso l'avvocato ________________,
rappresentato e difeso dall'avvocato ___________________, giusta
procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
____________________. IN LIQUIDAZIONE;
- intimata -
avverso la sentenza n. 84/2013 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI,
depositata il 27/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/11/2015 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato ______________ che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato __________________, con
delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 6.3.2013, dichiarò il fallimento di _________________________s.p.a. in liquidazione e, con coevo decreto, l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo presentata dalla società il 28.9.012, ai sensi del 6 comma dell’art. 161 l. fall., a seguito della mancata approvazione da parte dei creditori di una prima domanda depositata nel gennaio del 2011.
Con successivo decreto, del 25.3.013, dichiarò improcedibile -
attesa l’intervenuta dichiarazione di fallimento – una seconda domanda di concordato, depositata dalla _________________________ il 19 febbraio 2013.
Il reclamo proposto da _________________________contro la sentenza e contro i due decreti è stato respinto dalla Corte d’Appello di Napoli, che, per ciò che nella presente sede ancora interessa: ha ritenuto sussistenti i requisiti dimensionali di fallibilità della società; ha confermato la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo depositata ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6, rilevando che la _________________________ non aveva presentato la proposta, il piano e la documentazione entro il termine assegnatole e che andava condiviso il giudizio del tribunale in ordine all’assenza di giustificati motivi per prorogare detto termine, atteso che la reclamante – che era in liquidazione, non svolgeva più alcuna attività ed era priva di beni – solo pochi mesi prima aveva presentato una domanda di concordato ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 1, corredata di analitica proposta; ha infine escluso che il fallimento non potesse essere dichiarato a seguito dell’avvenuto deposito, in data anteriore alla sentenza dichiarativa, di un’ulteriore domanda di concordato preventivo, che appariva strumentalmente preordinata ad evitare l’esame del ricorso per l’accertamento dello stato di insolvenza presentato dalla creditrice _________________________s.a.s.. La sentenza è stata impugnata da _________________________s.p.a. in liquidazione con ricorso per cassazione affidato a tre motivi e illustrato da memoria, cui il Fallimento ha resistito con controricorso.
La creditrice istante non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione della L. Fall., art. 18, nonché vizio di omessa pronuncia e/o di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostiene che la corte del merito non solo sarebbe venuta meno al dovere di rivalutare complessivamente tutta la vicenda, ma non avrebbe dato risposta ai motivi di reclamo con i quali era stata dedotta l’erroneità della sentenza dichiarativa sia nella parte in cui affermava che non erano in contestazione i requisiti di fallibilità di cui alla L. Fall., art. 1, sia nella parte in cui, nonostante le ampie e tempestive difese da essa svolte per dimostrare l’infondatezza della pretesa creditoria di _________________________, aveva ritenuto sussistente lo stato di insolvenza.
Il motivo, in parte infondato e in parte inammissibile, deve essere respinto.
In primo luogo, la corte territoriale – premesso che col reclamo la società aveva censurato la sentenza dichiarativa per aver ritenuto incontestata la ricorrenza dei requisiti di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, – ha osservato che, indipendentemente dalla contestazione, dall’esame dei bilanci dell’_________________________ non emergeva il mancato superamento delle soglie al di sotto delle quali l’imprenditore commerciale non è assoggettabile a fallimento:
contrariamente a quanto si sostiene nel motivo, la questione è stata perciò espressamente affrontata dal giudice a quo, che ne ha negato la fondatezza nel merito, in base ad una valutazione in fatto che non risulta in alcun modo investita dalle critiche della ricorrente.
Non risulta, invece, che in sede di reclamo l’_________________________abbia dedotto l’erroneità dell’accertamento del tribunale concernente il suo stato di insolvenza, che, a prescindere dal mancato pagamento del credito della _________________________, il primo giudice ben avrebbe potuto fondare su ulteriori risultanze istruttorie, a cominciare da quelle emergenti dalla stessa domanda di concordato.
Va in proposito ricordato che il reclamo L. Fall., ex art. 18, pur non essendo soggetto ai limiti di cui agli artt. 342 e 345 c.p.c., deve comunque contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si fonda, con le relative conclusioni: esso, dunque, non si configura quale mezzo di impugnazione a critica illimitata, in cui è sufficiente lamentare l’illegittimità della decisione per ottenere il riesame completo della res iudicanda, ma come mezzo che devolve alla cognizione del giudice ad quem le sole questioni tempestivamente dedotte dal reclamante (cfr., da ultimo, Cass. nn. 12706/014, 6306/014).
La ricorrente, che sembra confondere il presupposto oggettivo di cui alla L. Fall., art. 5, (in effetti desumibile anche da un solo inadempimento) col presupposto soggettivo di cui all’art. 6, comma 1, (la cui eventuale mancanza, per l’accertata insussistenza del credito dell’istante, comporta il rigetto della domanda di fallimento in quanto presentata da soggetto non legittimato, indipendentemente dalla ricorrenza dello stato di insolvenza) non poteva pertanto limitarsi a denunciare sul punto un vizio di omessa motivazione, o di omessa pronuncia, della sentenza impugnata ma, in ossequio al principio di specificità del ricorso, avrebbe dovuto chiarire in base a quali fatti il giudice di primo grado aveva ritenuto che essa non fosse più in grado di assolvere con mezzi normali alle proprie obbligazioni e richiamare nel motivo quei passi del reclamo in cui aveva dedotto l’insussistenza e/o l’irrilevanza di quei fatti.
Peraltro, ove mai il tribunale avesse fondato il proprio accertamento sull’unica circostanza del mancato pagamento del credito di _________________________ (con la conseguenza che _________________________, assumendo in sede di reclamo che il credito dell’istante non era nè certo nè liquido, avrebbe contestato, ad un tempo, la ricorrenza di entrambi i presupposti di cui si è detto) la censura risulterebbe infondata, in quanto la corte territoriale ha esaminato e respinto la doglianza in base all’incontroverso (e indubbiamente dirimente) rilievo che il credito, rimasto insoluto, era portato da titolo esecutivo giudiziario definitivo.
2) Il secondo ed il terzo motivo del ricorso investono i capi della sentenza impugnata con i quali la corte del merito ha dichiarato inammissibile la domanda di concordato depositata ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6, ed ha escluso che la dichiarazione di fallimento fosse subordinata all’esame dell’ulteriore domanda presentata da _________________________ nel febbraio 2013.
2.1) La ricorrente sostiene che il giudice del reclamo avrebbe erroneamente applicato l’art. 161 cit., comma 9, che riguarda soltanto la nuova forma di domanda concordataria “con riserva” introdotta, con decorrenza dall’11.9.012, dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012, e non opera se nel biennio antecedente sia stata invece presentata, come nella specie, una domanda di concordato “piena” dichiarata inammissibile per il mancato raggiungimento delle maggioranze richieste. 2.2) Assume, inoltre, che altrettanto erroneamente la corte avrebbe decretato, sempre ai sensi del predetto comma 9, l’inammissibilità della domanda depositata il 19 febbraio, che non integrava una nuova proposta concordataria, ma costituiva mero scioglimento della riserva formulata nella domanda prenotativa anteriormente avanzata.
2.3) Lamenta, ancora, che la sua richiesta di ottenere una proroga del termine di 60 giorni assegnatole per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione, sia stata respinta con decisione sanzionatoria e contraria alla lettera, oltre che allo spirito, della legge, ovvero senza tener conto che il ritardo nello scioglimento della riserva era dipeso da fatti che non le erano imputabili.
2.4) Osserva poi che, in ogni caso, il termine di cui alla L. Fall., art. 161, u.c., non è perentorio, tanto che ne è prevista la proroga, sicché neppure potrebbe rilevare l’avvenuta presentazione della proposta, del piano e dei documenti in data successiva al suo scadere.
2.5) Deduce, infine, che il rifiuto dei giudici del merito di esaminare la nuova domanda non poteva fondarsi su un preteso abuso del diritto, non invocabile in materia e non rilevabile d’ufficio e che, poiché in caso di contemporanea pendenza di un procedimento di istruttoria prefallimentare e di uno di concordato preventivo il tribunale è tenuto a verificare preliminarmente l’attitudine della proposta e del piano al superamento dello stato di crisi dell’impresa, prima di decidere sull’istanza di fallimento il tribunale avrebbe dovuto convocarla in camera di consiglio per l’esame nel merito della domanda concordataria.
3) Anche questi motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, devono essere respinti.
3.1) Le censure della ricorrente muovono da un’errata lettura della decisione impugnata, atteso che la corte partenopea non ha fatto applicazione della L. Fall., art. 161, comma 9, ma si è limitata a rilevare che, per un verso, la domanda di concordato depositata ai sensi del comma 6, del predetto articolo era inammissibile in quanto la debitrice non aveva presentato la proposta, il piano e i documenti entro il termine di 60 giorni (non prorogabile, stante l’assenza di giustificati motivi) di cui al comma 10, della articolo medesimo e, per l’altro, che il deposito di una terza domanda, avente natura chiaramente dilatoria, non poteva pregiudicare l’esame dell’istanza di fallimento.
Risultano dunque inammissibili, perché prive di riferimento al decisum, le ragioni di doglianza sintetizzate sub. 2.1) e 2.2).
3.2) L’assunto della _________________________, secondo cui nel febbraio del 2013 essa non aveva fatto altro che provvedere allo scioglimento della riserva formulata nella domanda di concordato avanzata ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6, sembra poi non tener conto che la corte del merito, nel dichiarare inammissibile la domanda depositata il 19 febbraio, l’ha qualificata come nuova.
Tuttavia, poiché dall’esame complessivo dei motivi può desumersi tanto l’intento di contrastare detta qualificazione quanto quello di contestare, in ogni caso, la legittimità di una sentenza dichiarativa emessa nonostante la pendenza di una domanda di concordato completa in ogni sua parte (a prescindere dalla sua qualificazione ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 1 o 6), appare necessario seguire interamente il filo del ragionamento della ricorrente e chiarire le ragioni per le quali non può essere condiviso.
3.4) Va innanzitutto affermata la natura perentoria del termine concesso dal giudice al debitore per la presentazione della proposta, del piano e dei documenti relativi alla domanda di concordato c.d.
“con riserva” o “in bianco”.
Il termine in questione, infatti, non è prorogabile a mera richiesta della parte o addirittura d’ufficio, ma solo in presenza di giustificati motivi, che devono essere allegati dal richiedente e verificati dal giudice, cosicché la sua disciplina, lungi dall’essere assimilabile a quella di cui all’art. 154 c.p.c., risulta, piuttosto, mutuata da quella dell’art. 153 c.p.c..
Inoltre, come è reso chiaro dell’ultimo periodo dell’art. 161, comma 6, si tratta di un termine decadenziale, alla cui mancata osservanza si ricollega la sanzione di inammissibilità della domanda.
L’accertamento della ricorrenza di giustificati motivi per la proroga costituisce poi espressione di un apprezzamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione:
vizio che, nella specie la ricorrente non ha dedotto in rubrica, né ha specificamente illustrato in ricorso, limitandosi a rilevare (senza riprodurre l’istanza di proroga e gli eventuali documenti ad essa allegati, né indicare l’esatta sede processuale in cui gli stessi sarebbero stati prodotti) di non essere riuscita ad acquisire in tempo utile presso la Banca d’Italia, per fatti ad essa non imputabili, le informazioni (deve presumersi della c.d. Centrale Rischi) necessarie per valutare la sua esposizione bancaria, che non solo avrebbero potuto essere richieste alle banche creditrici, ma che (come implicitamente affermato dalla corte territoriale) dovevano, in ogni caso, essere già state acquisite in vista della presentazione della prima domanda di concordato.
3.5) Esposte le ragioni di rigetto delle censure riassunte sub. 2.3) e 2.4) (che si sono esaminate percorrendo l’ipotesi che _________________________ il 19.2.013 si sia limitata a depositare il piano, la proposta e i documenti al fine di dare tardiva esecuzione agli adempimenti richiesti dalla L. Fall., art. 161, comma 6) resta da ancora da verificare se, nella diversa ipotesi (in concreto ritenuta sussistente dai giudici del merito) di avvenuta presentazione, in quella data, di una nuova domanda di concordato, la corte territoriale abbia errato nell’escludere che la dichiarazione di fallimento fosse subordinata alla preventiva delibazione della sua ammissibilità.
L’interrogativo si pone, giacché le SS.UU. di questa Corte, con le recenti sentenze nn. 9935 – 9936/015, hanno affermato che – ancorché
non si possa ravvisare un rapporto di pregiudizialità tecnica fra il procedimento di concordato preventivo e quello per la dichiarazione di fallimento – durante la pendenza del primo, sia esso in fase di ammissione, di approvazione o di omologazione, non può ammettersi l’autonomo corso del secondo, che si concluda con la dichiarazione di fallimento indipendentemente dal verificarsi di uno degli eventi previsti dalla L. Fall., artt. 162, 173, 179 e 180, essendo maggiormente coerente col sistema ritenere che il fallimento non possa intervenire finché la procedura di concordato non abbia avuto esito negativo.
Va osservato, d’altro canto, che, ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 9, al debitore non ammesso al concordato di cui al comma 6, è precluso unicamente di ripresentare nel biennio una nuova domanda di concordato con riserva.
Dal dato testuale, che non autorizza interpretazioni estensive od analogiche, può dunque ricavarsi, a contrario, che il medesimo debitore può presentare una nuova domanda di concordato ai sensi del comma 1, dell’articolo citato.
Va tuttavia considerato, sotto un primo profilo, che, poiché rispetto al medesimo imprenditore ed alla medesima insolvenza il concordato non può che essere unico, qualora la procedura di concordato sia pendente non è configurabile un’ulteriore domanda di ammissione avente carattere di autonomia (cfr. Cass. n. 495/015), a meno che da quest’ultima non si desuma l’inequivoca volontà del proponente (pur se non espressa con formule sacramentali) di rinunciare a quella in precedenza depositata.
Sotto altro profilo, va rilevato che le SS.UU., nelle sentenze sopra citate, hanno precisato che è inammissibile una domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa, ma per procrastinare la dichiarazione di fallimento: in questo caso, infatti, la domanda integra gli estremi dell’abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità deviate od eccedenti rispetto a quelle per le quali l’ordinamento le ha predisposte.
Sulla scorta delle considerazioni appena svolte, si può, in definitiva, affermare: che, In presenza di una domanda di concordato preventivo con riserva, il provvedimento del tribunale che abbia rigettato l’istanza di proroga del termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui ai commi secondo e terzo della L. Fall., art. 161, resta insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato; che, respinta l’istanza di proroga e scaduto il termine concesso L. Fall., ex art. 161, comma 6, la domanda di concordato deve essere dichiarata inammissibile dal tribunale, ai sensi della L. Fall., art. 162, comma 2; che, tuttavia, va fatta salva la facoltà per il proponente, in pendenza dell’udienza fissata per la dichiarazione di inammissibilità, ovvero anche per l’esame di eventuali istanze di fallimento, di depositare una nuova domanda di concordato, ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 1, (corredata della proposta, del piano e dei documenti), dalla quale si desuma la rinuncia a quella con riserva, sempre che la nuova domanda non si traduca in un abuso dello strumento concordatario.
Nel caso di specie è pacifico che, alla data del 19.2.013, in cui _________________________ depositò la terza domanda di concordato, era ancora pendente la procedura introdotta attraverso il deposito della domanda presentata ai sensi dell’art. 161, comma 6, che il tribunale non aveva ancora dichiarato inammissibile; può, peraltro, ritenersi altrettanto pacifico, proprio alla luce delle difese svolte nella presente sede dalla ricorrente, che nel presentare detta domanda la società non intese rinunciare a quella di concordato con riserva in precedenza depositata.
Tanto basterebbe ad escludere che, prima di dichiarare il fallimento, i giudici del merito fossero tenuti a valutare l’ammissibilità della nuova domanda.
Va aggiunto che il ricorso non contiene alcuna critica specifica al capo della sentenza impugnata con il quale la corte territoriale, nell’affermare che la reiterazione della domanda risultava preordinata ad evitare l’esame del ricorso di fallimento ed a procrastinare ulteriormente il diritto del creditore ricorrente a vedere deciso il procedimento da lui instaurato, ha accertato che _________________________ abusò dello strumento concordatario.
In conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto.
La novità delle questioni trattate giustifica la declaratoria di integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2016