Trib. Massa 02.02.2016 (sulle vendite competitive nel fallimento)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio il decreto reso dal Tribunale di Massa in data 02.02.2016.

Il provvedimento, con il quale il Collegio ha accolto il reclamo proposto ex art. 26 L.F. contro la decisione del Giudice Delegato, rappresenta un interessante tentativo di coordinamento tra la disciplina delle vendite competitive previste nel fallimento ed il sistema delle vendite nell’esecuzione immobiliare “codicistica”.

Dal punto di vista processuale, il Tribunale osserva che il Curatore non è legittimato ad adire il Giudice Delegato per la sospensione della vendita ex art. 108 L.F. L’assunto è interessante perché, in altre occasioni, si è ritenuto che il Curatore debba essere ricompreso tra gli “latri interessati” ai quali il citato art. 108 L.F. riconosce legittimazione attiva.

L’esclusione del Curatore viene motivata con espresso riferimento alla previsione, nell’art. 107 L.F., di analogo potere di sospensione, che se non esercitato precluderebbe la successiva iniziativa. Personalmente non ritengo di aderire a questa impostazione giacché, a ben vedere, i presupposti della sospensione prevista dall’art. 107 L.F. sono assolutamente diversi da quelli richiesti dall’articolo successivo.

Scendendo all’esame del merito, esame che condivido invece integralmente, il Collegio rileva come l’offerta migliorativa presentata dal concorrente non fosse accompagnata dal versamento di cauzione, circostanza che non consentiva di inquadrare questa proposta tra le “offerte irrevocabili migliorative” disciplinate dall’art. 107, comma quarto, L.F.

L’avviso di vendita non prevedeva poi, in ogni caso, la possibilità di proporre offerte migliorative. Tale clausola indicava, a parere del Tribunale, la volontà del Curatore di uniformare la vendita allo schema tipico della vendita senza incanto (che, per sua natura, esclude offerte successive migliorative).

La precisa volontà evidenziata nell’avviso di vendita esclude pertanto in toto l’applicabilità del rilancio ex art. 107, comma quarto, L.F.

Vengono quindi, in questa sede, esaltate sia la “libertà” che la “responsabilità” del Curatore nel disciplinare le vendite competitive.

Tra le ragioni di invalidità del provvedimento impugnato, infine, viene inserita anche la mancata richiesta di parere al comitato dei creditori.

Buona lettura.

Simone Giugni

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REPUBBLICA ITALIANA

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MASSA

Sezione Civile Unica

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in composizione collegiale nelle persone dei Signori Magistrati:

 

Dr.             Paolo Puzzone                                                  Presidente

Dr.             Alessandro Pellegri                                         Giudice Relatore

Dr.             Elisa Pinna                                                         Giudice

 

A scioglimento della riserva assunta all’esito dell’udienza collegiale tenuta, nella medesima composizione sopra specificata, il giorno 06.10.2015, ha pronunciato il seguente:

 

DECRETO

(art. 26, L.F. – R.D. 16.03.1942, n. 276 – s.m.i.)

nel procedimento                (Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi)  promosso

da:

                            P.I.              corrente in                  alla                  , nella persona del suo legale rappresentante pro tempore;

Difensore: Avv.

Domicilio eletto: c/o Studio legale

PARTE RICORRENTE-RECLAMATA

Contro

                            , nella persona del suo curatore pro tempore;

CONTUMACE

PARTE RESISTENTE

                            , corrente in                          , nelle persone dei suoi rappresentanti legali pro tempore;

DIFENSORE: Avv.

DOMICILIO ELETTO c/o Studio legale in

PARTE RESISTENTE

OGGETTO: reclamo contro decreto del giudice delegato.

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RILEVATO CHE:

mediante ricorso depositato in data 12.03.2015, parte ricorrente-reclamante                       – premesso (per sintetizzare gli argomenti di fatto e di diritto ritenuti giuridicamente più rilevanti): che il curatore del fallimento                (                                                                             ) aveva pubblicato il bando della vendita giudiziaria per l’aggiudicazione dei diritti spettanti alla società fallita quale concessionaria dell’agro mammifero denominato              , sito in                       loc                ; che nel bando della vendita giudiziaria era stata disposta, per il 18.07.2014, vendita senza incanto per il prezzo di base di Euro 365.000,00 (pari alla stima peritale); di aver inviato offerta in busta chiusa contenente assegno circolare dell’importo di Euro 38.100,00; che la vendita si era tenuta in data 18.07.2014; di essere stato l’unico soggetto partecipante; che, pertanto, il curatore fallimentare aveva redatto verbale di aggiudicazione a suo favore al prezzo sopra menzionato; che l’aggiudicazione era divenuta definitiva; che infatti (si riportano i termini testuali in cui parte reclamante si è espressa) “si trattava di vendita senza incanto non essendo prevista la possibilità di far pervenire proposte migliorative successivamente alla conclusione della gara stessa”, di aver fatto presente al curatore che lo stesso aveva omesso di richiedere l’autorizzazione al Comune di Massa (proprietario dell’agro marmifero quale cespite del patrimonio indisponibile) normativamente indispensabile per il valido trasferimento della concessione; che la mancanza dell’autorizzazione avrebbe potuto comportare la sanzione della caducazione dalla concessione o il pagamento di due annualità di canone concessorio; di aver pertanto domandato una proroga del termine per il versamento del saldo; che (si riportano i termini testuali in cui parte reclamante si è espressa) “ in data 27 ottobre la maggioranza del comitato dei creditori concedeva la ridetta proroga”, di aver, da allora, atteso e sollecitato ripetutamente il rilascio dell’autorizzazione da parte del Comune; che (si riportano i termini testuali in cui parte reclamante si è espressa) “del tutto irritualmente in data 29 ottobre 2014 l’avv.                   In qualità di patrocinatore della società            comunicava che quest’ultima aveva proposto offerta migliorativa del 12% ex art. 107, comma 4 l. fall., decorsi ormai tutti i termini previsti per legge”, che (si riportano i termini testuali in cui parte reclamante si è espressa) “in data 2 marzo 2015 lo scrivente patrocinatore veniva a conoscenza, tramite un membro del comitato dei creditori, della presentazione di una istanza datata 13/11/2014 nella quale il curatore chiedeva al GD di rimettere in vendita l’agro marmifero”, di aver richiesto al curatore, tramite pec in data 3.3.15, “l’istanza, il provvedimento nonché i documenti allegati, facendo presente che nel fascicolo della procedura fallimentare non era stato rinvenuto alcun documento” ; che (si riportano i termini testuali in cui la parte reclamante si è espressa) “solo in data 11 marzo 2015 veniva reperita tutta la documentazione che, erroneamente, era stata inserita in un altro fascicolo” evento che “non  ha portato a buon fine il deposito prescritto per legge”, che il provvedimento del Giudice delegato era stato notificato al comitato dei creditori “ma non alla                   , aggiudicataria dei diritti di concessione sull’agro marmifero” in questione; di proporre dunque reclamo contro il decreto, depositato in data 13 novembre 2104, con cui il giudice delegato aveva disposto “nuova gara”; che tale decreto è illegittimo per mancanza di legittimazione attiva del curatore fallimentare, per mancanza del parere del comitato dei creditori e per mancanza dei “gravi e giustificati motivi richiesti dall’art. 108 L.F.; che l’offerta migliorativa della società                         non era stata “accompagnata dal deposito di un assegno circolare pari al 10% del prezzo di aggiudicazione maggiorato del 12%, ossia dell’importo di euro 40.880,00”; che (si riportano in termini testuali in cui la parte reclamante si è espressa) “ la società                             aveva già il possesso mediato dei diritti concessori sull’agro marmifero de quo tramite la detenzione della totalità delle quote della società fallita                            “ – ha domandato: revocare il decreto reclamato e, per l’effetto, “dichiarare definitiva l’aggiudicazione” alla società reclamante, con vittoria di spese processuali;

 

mediante memoria depositata all’udienza collegiale tenuta in data 05.05.2015, parte resistente-reclamata                              – premesso (per sintetizzare gli argomenti di fatto e di diritto ritenuti giuridicamente più rilevanti): che la “vendita senza incanto” disposta in data 18.07.2014 non si era perfezionata poiché il prezzo non era stato versato; che l’art. 107, comma quarto, l.f., non prevede alcun termine entro il quale possa essere formulata l’offerta migliorativa né prevede che la stessa debba essere “cauzionata”, che l’offerta migliorativa effettuata da tale società resistente era pertanto tempestiva; che (si riportano i termini testuali in cui si è espressa la parte) “nella nuova procedura fallimentare il legislatore ha omesso consapevolmente il collegamento alle discipline del codice di rito in materia coattiva e ha fatto riferimento ai concetti del tutto nuovi come le vendite competitive contenute nell’art. 107 L. fall. senza alcun riferimento a termini o scadenze”, che (si riportano i termini testuali in cui si è espressa la parte) “il prezzo indicato nel bando di gara sospeso fosse comunque inferiore al prezzo di mercato e che con l’offerta avanzata dalla                      il Fallimento avrebbe ottenuto un miglior risultato”, che (si riportano i termini testuali in cui si è espressa la parte) “nell’ottica della maggior competitività introdotta dalla riforma della legge fallimentare si ritiene corretto il provvedimento adottato dal Giudice Delegato di fissazione di una nuova asta, il tutto anche nell’interesse della massa creditoria in quanto con un maggior realizzo si soddisferà una maggiore percentuale di riparto” – ha chiesto di confermare il provvedimento reclamato;

 

parte reclamata                                                                  non ha depositato la memoria;

OSSERVA

Il reclamo è fondato e pertanto meritevole di accoglimento.

Si premette che la Legge Fallimentare (R.D. 16 Marzo 1942, n. 267) è stata profondamente riformata, in rapida successione, dai seguenti atti normativi:

 

- Decreto legislativo delegato (D.lgs) 9 Gennaio 2006 n. 5;

- Decreto legislativo delegato (D. lgs) 12 Settembre 2007, n. 169;

- Decreto Legge (D.L.) 27 Giugno 2015, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge (l.)               6 Agosto 2015, n. 132.

Ciò posto, pregiudizialmente si premette che il Tribunale accerta, anche d’ufficio, la tempestività del ricorso che nella specie (pur depositato oltre i novanta giorni dal deposito del decreto reclamato (doc. 9 parte ricorrente, in relazione ai docc. 7 e 8 parte ricorrente).

Il deposito, in data 12.03.2015, del ricorso per reclamo rivela la tempestività dello stesso in perfetta conformità con i principi desumibili da costante giurisprudenza di legittimità: la stessa, con riferimento ai soggetti rispetto ai quali non sussiste obbligo giuridico di notificazione o comunicazione del solo dispositivo, individua il dies a quo nel momento della conoscenza fattuale, effettiva ed integrale, del decreto reclamato da parte dell’interessato (Cass. 20118/2015; 4698/2011; 4783/2010; 1746/2008).

Tanto premesso, il reclamo è fondato nel merito.

Il decreto reclamato presenta vari profili di illegittimità, procedimentale e sostanziale .

Dal primo punto di visto, il decreto reclamato è stato adottato dal giudice delegato su istanza di un soggetto privo di legittimazione attiva (il curatore fallimentare) ed in totale mancanza del previo parere del comitato dei creditori (espressamente richiesto dall’art. 108 comma primo l.f.).

L’art. 108 l.f. non annovera il curatore fallimentare tra i soggetti legittimati a formulare istanza al giudice delegato affinché quest’ultimo eserciti i suoi poteri di soppressione della vendita giudiziaria e di impedimento del perfezionamento della stessa.

Ciò è coerente con la previsione normativa, direttamente a favore dello stesso curatore, di un autonomo potere discrezionale di sospensione della vendita (rt. 107 comma quarto l.f.) potere che, nella specie, il curatore ha – dichiaratamente (nell’istanza al G.D.) – ritenuto di no esercitare.

Dal punto di vista sostanziale, il decreto reclamato è stato adottato in totale carenza dei relativi presupposti.

L’offerta della società                   non è stata accompagnata dal deposito di alcuna cauzione (tanto meno di una cauzione pari ad almeno il 10% del prezzo base così maggiorato): la circostanza fattuale è pacifica non essendo stata in alcun modo contestata da parte reclamata               .

Pertanto la c.d. offerta, di cui sopra, non può, in radice, essere qualificata in termini di offerta giuridicamente rilevante (trattandosi di aliquid tamquam non esset).

Inoltre lo stesso art. 107 comma quarto l.f. risulta violato nella parte in cui richiede, espressamente, il requisito della irrevocabilità adoperando la locuzione “offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa”: infatti, qualsiasi offerta non accompagnata da cauzione non può essere considerata irrevocabile.

Lo stesso avviso di vendita giudiziaria escludeva espressamente offerte migliorative successive: “nella vendita non verranno prese in considerazione offerte pervenute dopo la conclusione della gara, neppure se il prezzo offerto fosse superiore di oltre un quinto a quello di aggiudicazione” (doc. 1, parte ricorrente-reclamante, clausola n. 10).

Tale clausola assume rilevanza giuridica centrale:

- la stessa indica la volontà del curatore fallimentare di uniformare la vendita allo schema normativamente tipico della vendita senza incanto che per sua natura esclude       offerte successive migliorative (previste solo nella vendita con incanto);

- la “gara” cui la citata clausola  fa riferimento è semplicemente la gara che, nella vendita senza incanto, può essere istituita qualora siano presentate almeno due offerte;

- per contro nella specie, era stata presentata una sola offerta (quella di parte reclamante: l’aggiudicazione, nella vendita senza incanto, è considerato definitiva, salvo            decadenza nel caso di mancato versamento del saldo entro il termine);

- la precisa volontà evidenziata dalla suddetta clausola è tale da escludere l’applicazione dell’art. 107 comma quarto c.p.c. (offerte successive migliorative); infatti, l’ampia libertà che – la legge fallimentare, nel testo ragione temporis vigente all’epoca della redazione dell’avviso in questione, attribuisce al curatore fallimentare nella redazione del programma di liquidazione (art. 104 tre l.f.) consente a questi tanto il disboscamento quanto l’adesione alle rigide modalità della vendita giudiziaria disciplinata dal Codice di rito in relazione al processo esecutivo;

- nella specie, il contenuto dell’avviso di vendita nel suo complesso e con specifico riferimento alla clausola citata, rivela che il curatore abbia inteso aderire alle modalità della vendita giudiziaria senza incanto (che esclude offerte migliorative successive);

- di fronte ad una clausola (quale la n. 10 cit.) dal contenuto chiaro e netto, opinare  diversamente significherebbe violare fondamentali principi che la riforma fallimentare risalente agli anni 2006 e 2007 (pertanto applicabile al caso di specie) ha sancito per incanalare l’ampio potere discrezionale conferito al curatore all’interno di confini precisi a tutela di ogni interessato:

- tali principi sono evidenziabili in alcune parole chiave alle quali la Corte di Cassazione ha attribuito speciale rilevanza giuridica: “adeguate forme di pubblicità”, “massima informazione e partecipazione degli interessati” e “procedure competitive” (art. 107 comma primo l.f.);

- ammettere una offerta migliorativa espressamente e nettamente esclusa dall’avviso di vendita giudiziaria e ammettere una gara (tra l’aggiudicatario e l’autore della c.d. offerta successiva migliorativa) senza darne specifica, effettiva ed integrale comunicazione all’aggiudicatario stesso costituiscono condotte incompatibili con tali principi (condotta contraria ai principi richiedenti adeguate forme di pubblicità di una offerta migliorativa successiva e della conseguente gara non immediata, massima informazione e partecipazione degli interessati, tra cui certamente l’aggiudicatario, e procedure competitive, essendo stata resa di fatto impossibile la partecipazione dell’interessato alla gara con preclusione allo stesso della possibilità di competere elevando la posta in gioco);

- tali principi sono stati violati anche per effetto della omissione del previo parere del comitato dei creditori che avrebbe potuto esprimersi in senso contrario alla ammissione della nuova offerta e della conseguente gara dando prevalenza all’interesse alla celerità della liquidazione rispetto all’interesse al massimo realizzo;

- la logica e lo spirito delle recenti riforme sono improntati a conferire maggiore libertà al curatore nella scelta delle modalità di vendita giudiziaria dei singoli cespiti proprio nell’ottica di un bilanciamento, da compiersi caso per caso in relazione alle circostanze concrete, tra questi due opposti interessi, ossia l’interesse alla celerità della liquidazione (tale da suggerire in certi casi la perfettibilità di una liquidazione rapida anche se con minor realizzo) e l’interesse al massimo realizzo.

- Le valutazioni e le osservazioni sopra svolte sono ispirate all’insegnamento che   la Corte di Cassazione ha avuto modo di elaborare nell’interpretazione delle riforme che negli anni 2006 e 2007 hanno inciso sulla Legge Fallimentare:

L’art. 107 legge fall., pur attribuendo al curatore ampia discrezionalità circa le modalità di vendita dei beni del fallimento, esige che la vendita avvenga previa adeguata pubblicità e tramite procedure competitive, sia che si tratti di vendita con incanto, ovvero per offerte private od in altre forme, ed esclude quindi, in ogni caso, che essa avvenga a trattativa privata diretta tra il curatore e il terzo, senza che altri soggetti abbiano avuto la possibilità di partecipare alla liquidazione con le proprie offerte.” (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 27667 del 20/12/2001).

In ogni caso, mancano nella specie i presupposti sostanziali richiesti dall’art. 108 l.f. per l’esercizio, da parte del giudice delegato, del potere di sospensione delle operazioni di vendita e dello stesso potere di impedimento del perfezionamento della vendita.

Dal primo angolo visuale, non ricorrono nella specie i “gravi e giustificati motivi” (richiesti per la sospensione delle operazioni di vendita) ai quali non è riconducibile alcuno dei motivi esposti dal curatore nella istanza rivolta al giudice delegato che ha indotto quest’ultimo alla emissione del decreto reclamato (con motivazione per relazione alla suddetta istanza).

Dal secondo punto di vista, non ricorrono neppure i presupposti previsti per l’impedimento, con decreto del giudice delegato, del perfezionamento della vendita delineati dalla norma con la seguente locuzione: “quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto tenuto conto delle condizioni del mercato”.

Infatti la disamina della relazione peritali di stima (doc. 2, parte reclamante) rivela vizi logici od omissioni tali da inferire che il cespite sia stato aggiudicato ad un prezzo notevolmente inferiore a quello giusto secondo le condizioni del mercato (l’aggiudicazione è pacificamente stata fatta per un prezzo pari al valore di stima).

La mera presenza di una offerta successiva migliorativa (quand’anche avesse avuto in concreto i requisiti per poter essere effettivamente qualificata in tali termini) non è considerata di pr sé sola, requisito sufficiente per impedire il perfezionamento della vendita.

- per un verso, il comitato dei creditori, se fosse stato interpellato, avrebbe potuto              ritenere preferibile un rapido realizzo sia pure in misura inferiore ad un realizzo               maggiore ma richiedente più tempo;

- per altro verso, la valutazione circa la notevole inferiorità del prezzo rispetto a quello          giusto secondo le condizioni del mercato non può poggiare sulla sola ed unica circostanza della esistenza di un’offerta successiva migliorativa, ma deve essere corroborata dalla presenza di ulteriori elementi concreti.

Tali principi sono stati posti in rilievo dalla Corte di Cassazione che, pur riconoscendo l’ampio potere discrezionale che l’art. 108 attribuisce al giudice delegato, ne ha precisato i limiti (anche a fronte di offerte migliorative così effettivamente qualificabili ed aventi percentuale maggiore che nel caso di specie):

“In tema di liquidazione dell’attivo fallimentare, al giudice delegato è attribuito, ai sensi dell’art. 108 comma 3, legge fall. (nel testo “ratione temporis” applicabile), il potere discrezionale di disporre la sospensione della vendita anche ad aggiudicazione avvenuta, qualora sussista una notevole sproporzione tra il prezzo offerto e quello giusto, senza che peraltro la legge indichi un rigoroso criterio quantitativo cui correlare la conseguente determinazione, affidata al prudente apprezzamento del giudice; ne consegue che anche la presentazione di un’offerta in aumento (nella specie, del venti per cento) rispetto al prezzo di aggiudicazione – e prima del decreto di trasferimento – non costituisce, di per sé, requisito indispensabile per disporre la citata sospensione, qualora l’inferiorità del prezzo rispetto a quello giusto non sia ricavabile anche da altri elementi” (Cass., Sez 1, Sentenza n. 1610 del 22/01/2009).

A nulla rileva la circostanza che la massima si riferisca propriamente al testo normativo previgente, atteso che il presupposto (notevole inferiorità del prezzo rispetto a quello giusto) è restato concettualmente invariato ed il principio appare tuttora pienamente condivisibile.

Per tutte le ragioni sopra esposte, il decreto reclamato appare illegittimo e pertanto meritevole di essere revocato.

Per contro, la domanda di dichiarazione della definitiva della aggiudicazione non può trovare accoglimento non rientrando nelle attribuzioni del collegio in sede di reclamo (che, a norma dell’art. 26 ultimo comma l.f. può solo revocare, confermare o modificare il decreto reclamato) bensì in quelle del Giudice Delegato.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Le spese processuali sono liquidate, ratione temporis, in applicazione del D.M. Giustizia 10 Marzo 2014, n.55 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 – in G.U., Serie generale 02.04.2014, n.77, entrato in vigore in data 03.04.2014) e delle allegate “Tabelle parametri forensi”, in relazione ai “Giudizi di cognizione davanti al tribunale” (il presente reclamo, pur seguendo un rito speciale di competenza collegiale, appare equiparabile ad un normale giudizio di cognizione davanti al tribunale; per contro, la tipologia di giudizio in questione non appare equiparabile ad un reclamo contro un provvedimento cautelare, tale non essendo il decreto del giudice delegato, e non appare neppure  riconducibile, analogicamente, ad alcuno degli altri procedimenti e processi espressamente compilati nelle Tabelle parametri forensi) scaglione di valore da Euro 260.001,00 ad Euro 520.000,00 (così determinato sulla base del valore, Euro 365.000,00, di aggiudicazione del cespite nella vendita giudiziaria sospesa dal decreto reclamato), di studio della controversia, introduttiva del giudizio e decisionale (nulla ritenendo di liquidarsi per la fase di trattazione/istruttoria, in concreto non svolta), misura standard (ossia la misura indicata nelle suddette tabelle, senza applicazione di aumenti o riduzioni, pur ivi previsti).

Il Contributo Unificato (C.U.) non costituisce oggetto di liquidazione giudiziale, ma ciò non esclude che la rifusione dello steso sia dovuta dalle parti soccombenti e che il provvedimento giurisdizionale costituisca titolo esecutivo anche per tale spesa, trattandosi di obbligazione ex lege, in quanto tale: gravante sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese; avente un ammontare predeterminato per legge; incontestabilmente documentata, quanto all’effettivo avvenuto esborso, all’interno del fascicolo stesso (Cass. Ordinanza n. 18828/2015, conforme a Ordinanza n. 21207/2013).

P.Q.M.

Il Tribunale Ordinario di Massa, Sezione civile unica, nella composizione collegiale specificata in epigrafe, definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe, disattesa ogni contraria o diversa istanza, domanda, azione, eccezione, deduzione e difesa, provvede come segue:

1.  in accoglimento del ricorso per reclamo, proposto da                       contro                                      .

REVOCA il decreto reclamato, depositato in data 13 Novembre 2014 dal Giudice Delegato;

CONDANNA le parti resistenti-reclamate, in solido tra loro,                   NELLA PERSONA DEL SUO CURATORE PRO TEMPORE e                        , CORRENTE IN CARRARA ALLA                ,NELLE PESONE DEI SUOI RAPPRESENTANTI LEGALI PRO TEMPORE, a rifondere a parte ricorrente-reclamante                              , le spese del presente procedimento che liquida in Euro 11.472,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso, oltre I.V.A. e C. N. P. A. come per legge.

Così deciso il giorno 28/01/2016 nella camera di consiglio del Tribunale Ordinario di Massa, Sezione Civica Unica, nella composizione collegiale specificata in epigrafe.

 

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.

 

Il Giudice Estensore                                                              Il Presidente

Dr. Alessandro Pellegri                                                         Dr. Paolo Puzzone

Depositato in cancelleria il 2 febbraio 2016

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