Tribunale Firenze 03.01.2013 (sui requisiti dell’attestazione nel concordato preventivo)
N. 2/13 R.F.
N. 2/13 Sent.
Cron. Rep. 3/2013
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE
Sezione Civile 3°
Riunito in camera di consiglio e composto dai magistrati:
Dr. Isabella Mariani Presidente rel
Dr. Patrizia Pompei Giudice
Dr- Silvia Governatori Giudice
Ha pronunciato il seguente
Decreto
nel procedimento n. __ – 2012
domanda per l’ammissione a concordato preventivo avanzata da __________________ S.p.a. in liquidazione difesa da Avv. ______________ con istanza depositata l’11.09.2012;
e nei procedimenti ___, ___ e ___ – 2012 istanze di fallimento avanzate da _________________ Soc. Coop difeso Avv. ________, Dr. ______ difeso Avv. __________ e ________________ S.r.l. difeso Avv. ___________ contro _________________ S.p.a. in liquidazione, depositate il 8.6 – 30.7 e 6.8.2013;
premesso che:
in presenza di pregresse istanze di fallimento, con istanza depositata l’11 settembre 2012 la _____________________ S.p.a. in liquidazione avanzava domanda di c.d. pre – concordato ai sensi del rinnovato art. 161 6 comma l. fall.; il Tribunale di Firenze con provvedimento del 19 settembre 2012 concedeva il termine massimo richiesto e concedibile al 13 novembre 2012 successivamente prorogato, su richiesta della proponente del 12 novembre 2012, al 10 dicembre 2012, fissando la Camera di Consiglio al 12 dicembre 2012, sospendendo la trattazione delle istanze di fallimento; alla udienza si dava atto della avvenuta presentazione della proposta e del piano di concordato e della attestazione ex art. 161 l. fall.; il Tribunale all’esito dell’esame in Camera di Consiglio, anche su domanda della proponente ex art. 162, I c.; l. fall., richiedeva integrazioni sia alla proposta che alla attestazione con provvedimento dello stesso 12 dicembre 2012; con provvedimento del 28 dicembre 2012 veniva fissata Camera di Consiglio per la udienza del 3 gennaio 2013, per la instaurazione del contraddittorio su dette integrazioni. A tale udienza il P.M. non faceva pervenire conclusioni ulteriori rispetto a quelle già formulate in data 11 dicembre 2012 di presa d’atto della proposta di concordato; il legale della ______________ Coop rinunciava alla istanza di fallimento mentre il legale del Dr ______________ insisteva nella istanza di fallimento.
Il Tribunale discuteva del procedimento nella Camera di Consiglio del 3 gennaio 2013;
ritenuto quanto segue sulla ammissibilità della proposta di concordato avanzata da _______________:
secondo le deduzioni della parte proponente il passivo della società ammonta ad € 38.500.000,00 di crediti privilegiati ed € 33.000.000 di crediti chirografari (oltre spese in prededuzione indicate in € 8 milioni e mezzo circa).
Il piano e la proposta presentati in data 10 dicembre 2012 e successiva integrazione sono stati qualificati come concordato in continuità ai sensi del rinnovato art. 186 bis l. fall.
Le attività per fare fronte a tale passivo sono individuate:
1- In primo luogo nella sottodescritta cessione aziendale. Uno degli elementi di qualificazione del piano prevede infatti la cessione della azienda _____________ a acquirenti da individuarsi all’esito di procedura competitiva. In vista di tale cessione la società stipulava contratto di affitto di azienda (subordinato alla autorizzazione del Tribunale) con promessa irrevocabile di acquisto al prezzo di € 13 milioni. L’affitto di azienda contenente proposta irrevocabile di acquisto è stato stipulato con due società individuate dalla stessa proponente il concordato, __________ S.r.l. e _______________ S.r.l., la prima, futura cessionaria del ramo di azienda costituito dal magazzino, materie prime e semilavorati e delle strutture tecniche dell’opificio industriale e dal Know how industriale, al prezzo di acquisto di € 3 milioni. Le proposte, sia di affitto che di acquisto, sono reciprocamente condizionate (“sono rispettivamente condizionate l’una alla accettazione dell’altra, ma non devono essere lette né considerate come idonee a creare responsabilità solidale”: così l’attestatore a pag 7 dell’integrazione) e altresì condizionate alla autorizzazione del Tribunale.
2- in secondo luogo nella applicazione della c.d. legge Guttuso al debito tributario, da soddisfarsi mediante il retratto della cessione allo Stato dei beni museali (appartenenti a due diverse società, __________________________ S.p.a. e ______________________ S.r.l., tuttavia interamente partecipate dalla proponente il concordato), valutate in circa € 23 milioni. La compensazione col debito tributario pari a circa 16 milioni di euro già coperto da giudicato, (eliminata la dualità tra debitore tributario e proprietario dei beni, sulla quale infra) farebbe residuare un credito di circa € 6 milioni a favore della __________________ S.p.a. che la proponente prevede di recuperare o tramite la restituzione della somma da parte dell’Erario al termine di 5 anni o tramite la cessione del credito di imposta alla società cessionaria il ramo di azienda, che lo dovrebbe via via rimborsare alla cedente, dopo la compensazione delle proprie imposte, oppure in via ulteriormente alternativa mediante l’applicazione della legge Guttuso ad ulteriori debiti erariali, in particolare ai contributi previdenziali.
3- Ulteriore attivo per la soddisfazione dei debiti deriverebbe dalla riscossione di crediti insoluti e dalla cessione della “palazzina” (previa prosecuzione del contratto di leasing sino al riscatto) e dei residui beni artistici non vincolati, per l’importo complessivo di oltre € 12 milioni.
In definitiva la società prevede una soddisfazione del credito chirografario pari al 13%, rettificato al 10% dall’attestatore. Le cessioni della azienda e dei beni museali allo Stato mediante il meccanismo della compensazione con i rilevanti debiti tributari, sono indicate dalla proponente come intimamente connesse poiché il Ministero competente richiederebbe la garanzia della funzionalità del museo da parte del soggetto individuato come continuatore della attività di impresa e perché il Museo di Doccia nasce come Museo della manifattura della quale raccoglie la collezione a fare data dalla fondazione.
La proposta come sopra sinteticamente esposta è corredata dalla attestazione resa dal professionista individuato dalla società ex art. 161 l. fall. e, successivamente, su richiesta espressa dal Tribunale, dalla attestazione ex art. 186 bis lett b) l. fall. Il Tribunale all’esito dell’esame della attestazione depositata il 10 dicembre 2012 in data 12 dicembre 2012 ha così espressamente dedotto: “la relazione non contiene una precisa attestazione della fattibilità del piano condizionando il parere positivo al superamento di elementi di incertezza e criticità descritti nella relazione. Ciò non integra la chiara attestazione richiesta dall’art. 161 l. fall. In particolare si ritiene che l’attestatore … debba valutare se le criticità rilevate rispetto al contratto di affitto siano superabili e comunque se esse siano o meno ostative al rilascio di attestazione positiva”.
All’esito di tale segnalazione l’asseveratore ha depositato integrazione alla relazione ex art. 161 cit. in data 27 dicembre 2012 nella quale così conclude: “sulla base del superamento e dell’avverarsi di tutti i presupposti evidenziati nella relazione già depositata e nella presente integrazione, da considerarsi in ogni caso basilari alla comprensione delle ragioni che portano alle successive conclusioni, lo scrivente è ragionevolmente indotto a concludere: che le risultanze contabili alla data di riferimento risultano conformi e veritiere; che il piano è fattibile; che la prosecuzione della attività di impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori”.
Il Tribunale ritiene che la formulazione della asseverazione (sostanziale e formale) non abbia i caratteri della positiva attestazione richiesta dall’art. 161 e dall’art. 186 bis l. fall. e che anzi, letta a contrario, contenga una analisi negativa della fattibilità del piano che deve essere esaminato e valutato per come è presentato al Tribunale e non in relazione ad eventi futuri e incerti nella loro realizzazione.
L’art. 161 l. fall. deve essere interpretato nel senso che il professionista, dotato dei particolari requisiti di professionalità di cui all’art. 67 e 28 l. fall. e quindi tecnicamente competente, esamini le modalità che il debitore descrive e prevede per la realizzazione della soddisfazione del ceto creditorio, onde valutarne la concreta attuabilità, dando garanzia all’organo giudiziario della fondatezza della analisi compiuta dal debitore sui dati di attivo e passivo e della conseguente e correlata ragionevole certezza che quanto previsto come metodologia di realizzazione dell’attivo e quantificazione di soddisfazione del ceto creditorio, si concretizzi effettivamente nei modi e nei tempi previsti. Non altro può essere il significato dell’attestazione richiesta, laddove si rifletta sul fatto che essa integra per il Tribunale il giudizio tecnico sulla prognosi dell’esito favorevole del piano di concordato, sulla base del quale procedere alla ammissione (che postula la necessità che esso provenga da un organo terzo ed indipendente rispetto al proponente).
Così già Trib. Firenze, 09/02/2012: “Al fine di effettuare l’attestazione della veridicità dei dati, il professionista che attesta la relazione di cui all’art. 161, R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare), deve verificare la reale consistenza del patrimonio dell’azienda, esaminando e vagliando gli elementi che lo compongono. Egli deve, quindi, accertare che i beni materiali ed immateriali esposti in domanda (diritti di esclusiva, brevetti, giacenze di magazzino, macchinario, beni immobili, eccetera) siano esistenti e correttamente valorizzati, anche prendendone visione diretta o, in caso di dubbio, richiedendo apposite stime (senza che ciò non lo esima da una valutazione critica della stima); deve accertare che i crediti vantati siano esistenti e concretamente esigibili, in quanto relativi a debitori solvibili, effettuando le opportune verifiche (circolarizzazione del credito, esame della situazione patrimoniale del debitore, ecc.); deve accertare il valore delle partecipazioni societarie calandosi nella realtà delle società partecipate. Il tutto con criterio di prudenza ovvero assumendo, nel dubbio, le attività esposte al valore più basso. Quanto alle passività, egli deve verificare che quelle esposte siano (quantomeno) quelle risultanti dalla contabilità e dagli altri documenti aziendali (non solo dal bilancio), nonché dalle informazioni che egli possa assumere presso clienti, banche e fornitori; che il debitore abbia tenuto conto, nella proposta, della natura dei crediti vantati nei suoi confronti (privilegiati o chirografari), indagando la condizione del creditore e la causa del credito; che il debitore abbia palesato l’esistenza di diritti reali di garanzia esistenti sui suoi beni; che abbia tenuto conto delle passività potenziali connesse agli obblighi contributivi o fiscali, ovvero la posizione di garanzia assunta rispetto ai lavoratori; che abbia adeguatamente considerato i rischi connessi ai contenziosi pendenti o prevedibili; che abbia risolto (o programmato di risolvere) secondo legge e contratto i rapporti giuridici pendenti. Anche in questo caso, dovrà seguire criteri di prudenza assumendo, nel dubbio, al valore più alto le passività accertate. Quanto al piano proposto dal debitore, l’attestatore deve verificare che sia concretamente attuabile, in relazione agli obiettivi che si propone e alla specifica situazione concreta. E’, infatti, noto che l’aspetto della fattibilità del piano è collegato al contenuto della proposta e alle modalità individuate dal debitore stesso di superamento della crisi di impresa. E’ evidente, allora, che diverse sono le condizioni di fattibilità a seconda che il piano sia liquidatorio o di ristrutturazione e contempli o meno la prosecuzione dell’attività di impresa. In ogni caso l’attestatore dovrà dar conto dei criteri seguiti per l’espressione del giudizio ed esplicitare il percorso logico seguito nell’esame della fattibilità. E’ altresì evidente che detto percorso deve essere tanto più analitico quanto maggiore è la complessità del piano e numerose sono le variabili cui è collegato. Tenuto conto della funzione che egli deve assolvere (assicurare ai creditori la serietà della proposta e la sua praticabilità), il giudizio di fattibilità non deve essere di “possibilità” o di “probabilità” – posto che nella realtà fenomenica quasi tutto è possibile e la probabilità non soddisfa alcun reale interesse dei creditori – ma di concreta verosimiglianza, nel senso che la situazione (necessariamente futura) prospettata nel piano deve apparire il naturale sviluppo, secondo logiche di esperienza e in base ai dettami delle discipline economiche finanziarie, delle premesse del piano e delle condotte attuative finalizzate alla sua esecuzione. Anche in questo caso, l’attestatore dovrà attenersi a criteri di prudenza, tenendo conto del fatto che ai creditori non interessa la possibilità astratta, ma la concreta praticabilità della soluzione proposta”.
La attestazione dell’asseveratore nel caso di specie non è dotata di tale qualità, e non attesta la fattibilità del piano né formalmente né ancor prima sostanzialmente. A monte ed indipendentemente, in Tribunale rileva che il piano si presenta dotato di intrinseca incertezza in ordine al verificarsi dei due principali eventi sui quali esso si basa e questa incertezza si rinviene nella attestazione.
Deve infatti rilevarsi che l’attestatore evidenzia una serie di criticità del contratto di affitto con proposta di successivo acquisto, inerenti il trasferimento dei lavoratori, la gestione del magazzino e dei crediti e la individuazione dei beni oggetto dei contratti, che determina una rilevante incertezza sulla futura stipulazione dei contratti stessi nel senso che dette criticità sono idonee a pregiudicarne la sottoscrizione da parte dei promittenti affittuari o viceversa a creare possibili effetti negativi sul realizzo finale. Né appare condivisibile rimettere la eliminazione di detti aspetti critici al futuro intervento del Tribunale sul testo contrattuale, come indicato dall’asseveratore in apertura della integrazione, non solo perché nessuna certezza vi è sull’esito positivo di tale intervento, ma soprattutto perché ai creditori e ancor prima al Tribunale deve essere proposto un piano preciso nella sua formulazione e nel caso di specie un testo contrattuale privo di elementi di incertezza e non dipendente da ulteriori modifiche. Permangono quindi incertezze sulla eseguibilità dei contratti e quindi sulla fondatezza della posta attiva come indicata, aggravate dalla circostanza, ripetutamente segnalata dal Collegio fallimentare, della insufficienza dell’ammontare della prestanda garanzia bancaria a prima richiesta che coprirebbe solo 10 milioni rispetto al maggior prezzo di 13 milioni (senza tenere conto di eventuali altri oneri e penali). Né vale obiettare che vi è la garanzia fornita dalle capacità economiche e patrimoniali (su cui l’attestatore a pag. 7 della integrazione) della capogruppo _______________ Co., poiché nessuna azione diretta è prevista per la procedura nei di lei confronti, anche atteso che le future acquirenti sono ______________________ S.r.l. e ______________________ S.r.l., ciascuna con capitale pari a € 10.000,00. Attualmente quindi il contratto non è in grado di fondare un giudizio di fattibilità che riposi sulla effettiva escutibilità della somma di € 13.000.000,00 ed infatti l’attestatore condiziona il giudizio positivo alla attualità contestualmente al giudizio di attestazione e la positività non è rimandabile al verificarsi di eventi futuri e incerti, proprio per la necessità che il Tribunale e i creditori devono fare affidamento su fatti certi e sui quali possono fondatamente valutare la soddisfazione dei crediti.
Similmente deve dirsi per il secondo corno della proposta attinente il pagamento del debito tributario mediante la cessione dei beni museali.
Già l’attestatore nella sua prima relazione evidenziava la non attuale concretezza della proposta su detto punto (v. pagg. 117 e 118), seppure deve darsi atto di plurimi contatti tra la società debitrice e i Ministeri competenti. Tuttavia non può non evidenziarsi non solo la assenza della autorizzazione alla compensazione ex lege 512/1982 (c.d. l. Guttuso), ma anche che il procedimento non è stato formalmente neppure iniziato (sul punto si veda il verbale di riunione presso il Mise del 28 novembre 2012 nel quale si dà chiaramente atto della necessità di individuare procedure istruttorie che quindi a tale data non erano ancora formalizzate né lo risultano ad oggi). Cosicché ancora una volta il piano è incerto in uno dei suoi eventi principali che si basa sulla intervenuta autorizzazione del ministero competente ad acquistare i beni museali contro debiti erariali (rimanendo inoltre ancora incerta la procedura di attuazione del conferimento di detti beni ad unico soggetto).
Ed ancora, seppure i proponenti abbiano in udienza ribadito quanto originariamente proposto in ordine alla utilizzazione dell’esubero di 6 milioni rispetto ai debiti compensabili in seguito alla applicazione della legge Guttuso, non può tacersi da una parte che tale ulteriore compensazione è soggetta a gravi incertezze che risiedono nella capacità del cessionario della azienda a conseguire debiti di imposta di misura adeguata, e che gli stessi proponenti indicano anche una strada totalmente alternativa ipotizzando nella integrazione la transazione tributaria, ex art. 182 ter l. fall., ancora una volta introducendo elementi di incertezza in ordine al piano presentato dei creditori e quindi in ordine alla sua concreta fattibilità.
Deve conseguentemente ritenersi la inammissibilità della proposta di concordato preventivo presentato da _________________________ S.p.a. in liquidazione.
P.Q.M.
dichiara la inammissibilità della domanda di concordato preventivo presentato da ____________________ S.p.a. in liquidazione.
Firenze, 3 gennaio 2013.