App. Firenze 30.01 – 18.02.2014 (sull’integrazione della proposta di concordato)

Sentenza n. 262/2014 – Rep. N. 357

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Firenze, Sezione I Civile, composta dai magistrati

 

(omissis)

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa n. ________ R.G.

Promossa da

AAA S.r.l. in liquidazione, (omissis)

Reclamante

Contro

Fallimento AAA S.r.l. in liquidazione, (omissis)

Reclamato

E contro

BBB S.r.l. e CCC S.rl., (omissis)

Reclamate

E contro

DDD S.r.l., (omissis)

Reclamata

E contro

Banca EEE S.p.a.

Dott. FFF

Dott. GGG, quale C.G. del concordato della AAA S.r.l. in liquidazione

Reclamati contumaci

E contro

Il P.G.

Intervenuto

avente per oggetto reclamo avverso sentenza dichiarativa di fallimento e contestuale rigetto della richiesta di omologa della proposta di C.P. ex artt. 180 u.c. e 18 L.F.;

trattenuta in decisione all’udienza del 21/1/2014 sulle seguenti

conclusioni

parte reclamante: revocare il decreto che ha rigettato la richiesta di omologazione del C.P. proposto dalla AAA S.r.l. in liquidazione e la susseguente sentenza di fallimento n. 242/13 con ogni consequenziale pronuncia e condanna alle spese dei creditori istanti per il fallimento.

In ogni caso: porre tutte le spese di procedura del fallimento a carico dei creditori istanti o comunque a carico dell’erario.

Parte reclamata___________: respingersi il reclamo con vittoria di spese.

P.G.: è intervenuto, ma non ha concluso.

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso depositato in data 2/8/2013la AAA S.r.l. in liquidazione ha proposto reclamo, ex artt. 173 e 18 L.F., avverso la sentenza 242/13 emessa dal Tribunale fallimentare di Firenze notificatagli il 24/10/2013, con la quale, ex artt. 180 u.c. e 16 L.F., è stato dichiarato il suo fallimento, previa emissione in pari data di decreto di rigetto dell’omologa della proposta di concordato preventivo per l’accertata esistenza di carenze formali della proposta in quanto:

1)      contenente modifiche sostanziali inammissibili in quanto proposte dopo il termine di cui all’art. 175 comma 2 L.F., ovvero in data 26/7/2013 dopo la conclusione delle operazioni di voto in data 24/6/2013 con il raggiungimento delle maggioranze sulla proposta originaria;

ed inoltre in quanto la detta proposta, come sopra modificata:

2)      non era assistita dalla relazione del professionista ai sensi dell’art. 161 comma 3 ultima parte in quanto contenente modifiche sostanziali e non soltanto migliorative;

3)      che in particolare la modifica sostanziale andava riferita all’offerta di pagamento immediato, anziché dilazionato, dei beni tutti aziendali, ivi compreso il marchio (peraltro non valutato a parte) e la merce, ma con trasferimento immediato della proprietà nonostante la dilazione di pagamento non garantita, come nella prima proposta, dai beni, ma solo dal credito verso l’acquirente _____ con capitale deliberato in € 1.800.000,00, ma effettivamente versato di € 500.000,00, del tutto inidoneo a garantir l’impegno assunto dall’acquirente per il complessivo importo di quasi 6.000.000,00 di euro;

4)      che il fallimento andava dichiarato considerate le richieste dei creditori _______________________ e tenuto conto della condizione di insolvenza della società quale esposta nella medesima proposta di concordato.

A sostegno del reclamo il fallito ha dedotto i seguenti motivi:

a)        erronea definizione della proposta del 26/7/2013 come modifica sostanziale anziché come migliorativa di quella originaria.

Il reclamante afferma che il concordato si articola nella proposta di rientro come sottoposta ai creditori (percentuali di soddisfazione); e nel piano di rientro, come modalità e tempi di adempimento della proposta. E sostiene come l’art. 175 comma 2 L.F. si riferisce solo alla proposta e non al piano, cui invece farebbe richiamo l’art. 179 L.F., per cui la proposta sarebbe modificabile con il limite dell’adunanza dei creditori, mentre il piano, come specifica delle risorse per dare adempimento alla proposta, sarebbe modificabile fino all’omologa al fine di eventualmente migliorarlo per favorire la modifica del voto da parte dei dissenzienti, cui solo è rivolta.

Nella specie la proposta, ovvero la percentuale e i tempi di soddisfazione dei creditori (integrale delle spese; integrale dei privilegiati entro 12 mesi; chirografari al 10,57% ed esdebitazione della società in esito all’adempimento) è rimasta immutata sia nella prima formulazione che in quella del 26/7/2013; mentre, in accoglimento dei suggerimenti del Commissario Giudiziale, erano state modificate le modalità del piano in modo da dare ad esso maggiore certezza.

b)        la proposta del 26/7/2013 conteneva, diversamente dagli assunti del Tribunale, un piano di rientro migliorativo rispetto al precedente, senza dunque modificare la proposta originaria, ma solo le sue modalità di attuazione. Pertanto correttamente di esse, ex art. 179 comma 2 L.F., il C.G. aveva notiziato i creditori dissenzienti per l’eventuale modifica del voto;

c)         nessuna modifica peggiorativa era riferibile alla proposta del luglio, dato che il trasferimento immediato dell’azienda e del marchio alla ____ erano previsti fin dalla prima proposta; e la sola modifica risulta relativa al magazzino, che dal contratto estimatorio è stato modificato in contratto di vendita immediata con tempi più ristretti, Segnalandosi al proposito la scarsa rilevanza della “riserva di proprietà” delle merci, dato che le medesime comunque dovevano essere recuperate dal debitore inadempiente e successivamente alienate in qualche modo dalla debitrice. Mentre la garanzia dell’acquirente era la medesima e valutata dai creditori;

d)        la relazione ex art. 161 L.F. non era necessaria tenuto conto dello stato della procedura e della presenza di verifiche del Commissario giudiziale; comunque il dott. ________ aveva allegato alla proposta migliorativa le sue considerazioni e confermato la fattibilità del piano e dei valori;

e)        il Tribunale era andato oltre i suoi poteri di verifica della regolarità formale del concordato non solo contraddicendo il parere favorevole motivato del C.G., ma sindacando nel merito la fattibilità del concordato con la critica della garanzia offerta dal promittente l’acquisto dell’azienda e del magazzino, delle possibilità di recupero crediti e della realizzabilità della percentuale promessa ai chirografari;

f)         ribadito che la proposta successiva doveva intendersi come miglioramento e non come modifica sostanziale, aveva in ogni modo errato il Tribunale a fare conseguire alla sua preposizione la pronuncia di fallimento: essendo la modifica inammissibile il Tribunale si sarebbe dovuto limitare a procedere all’omologa della proposta originaria, questa certo ammissibile, e non a dichiarare invece inammissibile anche la prima sull’assunto di inammissibilità della seconda; in tale senso si cita Cass. civ. n. 13582/99.

g)        Si propone infine domanda di sospensione della liquidazione dell’attivo ex art. 19 L.F.

2. Si costituiva altresì il Fallimento AAA S.r.l. in liquidazione in persona del Curatore, regolarmente autorizzato dal G.D., il quale assumeva:

-         la incongruenza logica della distinzione tra piano e proposta e la natura di nuova proposta di quella presentata nel luglio in quanto rimodulava l’attivo sulla base dei rilievi del C.G. (così evidenziando altresì l’erroneità della relazione che accompagnava la prima proposta relativamente a: prededuzione per debiti aziendali anteriori alla cessione; ammontare crediti recuperabili; valore dell’immobile sociale; debiti tributari) ed introduceva una serie di integrazioni tra cui in particolare la previsione di incasso anticipato dei crediti scaduti – ma senza indicare i criteri di tale possibilità di incasso anticipato e per gli importi indicati – indicata nell’anno al fine di confermare l’esclusione dal voto dei creditori privilegiati ex art. 186 bis L.F.;

-         la previsione, contra legem, sia nella proposta originaria che in quella del luglio della esdebitazione della debitrice con l’omologa del concordato anziché con la sua esecuzione ed in mancanza di un assuntore ex art. 186 comma 3 c.p.c.; con tale clausola secondo il fallimento si rende del tutto aleatoria, e quindi illecita, la causa del concordato sottraendo il debitore alla sanzione della risoluzione per inadempimento e privando i creditori di qualsiasi possibile rimedio in ipotesi di mancato adempimento della proposta concordataria;

-         la relazione di attestazione del tecnico è inadeguata in quanto:

a)      non attesta nulla nonostante la indicazione del medesimo proponente in sede di proposta;

b)      indica come essenziale il recupero di crediti scaduti per almeno € 1.500.000,00 ma non spiega come ciò sia praticabile, oltretutto con un anticipo di un anno rispetto alla originaria proposta;

c)       su tali considerazioni e tenuto conto anche dell’opposizione proposta il giudice è autorizzato a verificare la fattibilità giuridica del piano sulla base dell’attestazione o in mancanza di coerenza e idoneità di essa: nella specie del tutto carente in relazione al recupero crediti, che assume peraltro essenziale per la fattibilità del concordato.

-          Non poteva accogliersi la considerazione di controparte, volta ad ottenere comunque l’omologa della precedente proposta, dato che per ammissione della medesima debitrice tale proposta era inattuabile, quantomeno in relazione ai creditori ammessi al voto ex art. 186 bis L.F., che dovevano necessariamente essere saldati entro l’anno sì da rendersi ineluttabile il contenimento dei tempi dei pagamenti i rientri. Non senza considerare che la medesima AAA S.r.l. in liquidazione aveva formulato domanda di omologa della proposta per come integrata, così rendendo certamente ammissibile il provvedimento del giudice.

Chiedeva conferma della sentenza reclamata affermando la evidente correttezza della sentenza e l’oggettiva ricorrenza di un atto in frode ai creditori per l’omessa indicazione nella proposta di concordato del credito verso l’amministratore per indebiti prelievi.

-          Viene proposta opposizione alla richiesta di sospensione dell’attività liquidatoria dato che il fallimento non farebbe che dare seguito alla proposta liquidatoria concordataria, salvo rimanere aperto a offerte migliorative, invece escluse in ipotesi di concordato.

3. Si sono costituite anche la ____________ e la _______________, quali creditori opponenti nel giudizio di omologazione, che hanno ribadito le ragioni di infondatezza del reclamo in sostanza ribadendo quanto sopra si è detto riportando le considerazioni della curatela.

In particolare i suddetti creditori hanno insistito sulle minori garanzie previste dalla seconda proposta per il ceto chirografario, sostanzialmente garantito in modo del tutto aleatorio dal solo recupero crediti e con la perdita della garanzia costituita dalla proprietà del magazzino e del marchio.

4. Si è costituita anche la ______, quale creditore opponente e istante per il fallimento, che ha ribadito le ragioni di infondatezza del reclamo in sostanza ribadendo quanto sopra si è detto riportando le considerazioni della curatela.

In particolare la resistente afferma come l’art. 179 comma 3 non sia applicabile ad ipotesi di modifica volontaria del piano da parte del debitore, ma solo se la modifica dipende da circostanze esterne sopravvenute; e che la fattibilità del piano deve essere sindacata dal giudice sia in caso di opposizione, come nella specie, ma anche ove queste non ci siano.

5. All’udienza odierna sono comparse le parti ed in esito alla discussione il Collegio si riservava la decisione.

6.1 Gli assunti di irregolarità formale sui quali il Tribunale fonda i suoi provvedimenti non possono essere condivisi.

Non può anzitutto essere condiviso il richiamo al divieto di cui all’art. 172 comma 2 L.F. dato che la proposta del luglio ha evidente natura integrativa delle modalità esecutive della proposta, ovvero incide in senso positivo sulla fattibilità della originaria – ed immutata – proposta concordataria inserendo rispetto ad essa integrazioni migliorative che hanno infatti reso applicabile da parte del C.G. la previsione dell’art. 179 comma 2 L.F.

In particolare, pur non volendo prendere posizione sulla scindibilità normativa tra proposta e piano, è palese che la proposta concordataria è rimasta immutata, con il pagamento del 100% dei privilegi e dal 10,57% del ceto chirografario.

Ciò che è stato modificato in senso migliorativo sono le garanzie personali ed i tempi di esecuzione del piano di fattibilità della proposta medesima.

Si deve rilevare come dalla lettura della relazione del C.G. ex art. 172 L.F., si tragga in modo piuttosto evidente che l’integrazione del luglio è volta soltanto ad accogliere le osservazioni del C.G. in punto di fattibilità del piano, proponendo le modifiche dal medesimo consigliate a questo fine sia in punto di calcolo del fabbisogno, sia in punto di garanzie e tempi di adempimento.

La circostanza emerge chiaramente dalle tabelle alle pagine 35 ss. della integrazione del luglio e da quelle riportate nella relazione ex art. 180 del C.G. alle pagine 35 ss., ove si individua espressamente il rapporto tra la proposta integrativa e le osservazioni analitiche del C.G. Nelle parti relative all’attivo ed al passivo concordatari è palese che il più accorto riconoscimento dei valori, secondo le valutazioni espresse dal C.G., costituisce un miglioramento dei criteri di fattibilità del piano elaborato per consentire di dare corpo alla proposta di sistemazione del debito.

Inoltre i miglioramenti in termini di garanzie e tempi sono indicati alle pagine 6 e 7  e pure essi sono espressione di un adeguamento del debitore alle richieste integrative prospettate dal C.G. nella relazione ex art. 172 L.F. ove si lamentavano appunto le scarse garanzie di vendita dell’immobile aziendale e i tempi eccessivi di vendita del magazzino e di recupero dei crediti.

Tanto è vero che il C.G., avuta la proposta integrativa, l’ha comunicata ai creditori dissenzienti ex art. 179 L.F.; ed ha poi fatto seguito una relazione favorevole all’omologa ex art. 180 L.F., proprio in considerazione delle conseguite migliori condizioni di fattibilità del piano.

La stessa Cassazione a sezioni unite nella nota sentenza n. 1521/13, ha affermato, in relazione al disposto normativo dell’art. 179 comma 2 L.F. “innanzitutto è utile ricordare in proposito la modifica apportata alla L. Fall., art. 179, al quale è stato aggiunto un comma, che segnatamente recita “Quando il commissario rileva, dopo l’approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all’udienza di cui all’art. 180 per modificare il voto”.

Il dettato normativo, nel caso di specie chiarissimo sul punto, esclude dunque incontestabilmente che il tribunale debba avere notizia dell’eventuale mutamento registrato in ordine alle condizioni di fattibilità, il che lascia implicitamente intendere che l’organo giudiziario non dovesse essersene occupato prima, solo così potendosi giustificare la sua indifferenza, rispetto a mutamento di dati altrimenti potenzialmente rilevanti.

Sotto tale profilo non può sottacersi come, secondo l’interpretazione che qui si condivide, il comma 2 dell’art. 179 L.F., introdotto con l’art. 33 comma 1 lettera d ter del d.l. 83/12, introduce la possibilità di esaminare e sottoporre ai creditori non solo modifiche peggiorative, ma anche migliorative. In tale ottica correttamente il C.G., con condotta che è andata giustamente esente da critiche da parte del Tribunale, ha ritenuto di sottoporre i suddetti miglioramenti ai creditori dissenzienti per consentire loro, come poi è accaduto, di rimeditare la scelta di voto in funzione delle migliorie introdotte al piano, ovvero alle sue condizioni di fattibilità, come si esprime la norma.

Con tale meccanismo il concordato, come modificato, è giunto all’omologa con una maggioranza favorevole assai rilevante, con la rinuncia al voto contrario da parte della _____ (che pure lo aveva manifestato dopo la scadenza dei venti giorni di cui all’art. 178 comma 4 L.F., tanto che il Tribunale con decreto del 3/73/2013 affermava approvato il concordato con maggioranza del 63,64%) e da parte della __________.

Se ne deduce con ogni evidenza che quella del luglio 2013 costituiva mera integrazione migliorativa del piano di fattibilità, a seguito della quale la proposta aveva conseguito il voto favorevole della larga maggioranza dei creditori.

D’altra parte appare corretto il ragionamento logico proposto dal reclamante secondo il quale, ove la proposta del luglio si fosse dovuta qualificare come modifica sostanziale di quella originaria, come tale inammissibile ex art. 172 comma 2 L.F., il Tribunale non avrebbe che dovuto affermarla inammissibile, dando però seguito a quella originaria, che già aveva ricevuto il voto favorevole della maggioranza dei creditori, anche nella sua formulazione meno “fattibile” e nonostante la relazione negativa ex art. 172 L.F. comunicata loro dal C.G.

Mentre è contraddittorio l’assunto della difesa del fallimento secondo il quale la proposta originaria doveva intendersi come non più esistente in quanto modificata da quella successiva: ma se quest’ultima era inammissibile come affermare inesistente quella originaria? Ma come sarebbe poi stato possibile giustificare, dal punto di vista logico e giuridico, ai creditori che avevano modificato il loro voto in considerazione delle integrazioni migliorative, l’ammissione di una proposta concordataria invece peggiorativa?

Torna dunque evidente la correttezza logica, prima ancora che giuridica, della qualificazione della “seconda proposta” come mera integrazione migliorativa della prima sotto il profilo della sua fattibilità ex art. 179 comma 2 L.F.; e non quale modifica inammissibile ex art. 172 comma 2 L.F.

6.2 Impostato in questo modo il discorso si svuota anche la contestazione relativa alla necessità della seconda relazione di attestazione: in assenza di modifiche sostanziali sia del

la proposta che del piano, detta relazione non era necessaria ex art. 161 comma 3 ultima parte L.F.

In tale senso deve dunque essere condivisa la considerazione espressa dell’attestatore nella relazione che, comunque, aveva accompagnato anche la integrazione modificativa suddetta.

D’altra parte è appena il caso di rilevare che se l’attestazione era stata ritenuta valida per la prima proposta, nulla poteva aggiungere in più rispetto a quella che proponeva miglioramenti per maggiori garanzie e minori tempi di adempimento.

Neppure, poi, può introdursi come “controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità” espresso dal professionista attestatore, la questione relativa alla possibilità di incassare, nel termine di un anno anziché di due, ovvero entro il 31/12/2015, anziché entro il 31/12/2016, i crediti scaduti per l’importo indicato nella prima proposta in € 4.346.445,00 ed in quella integrativa  in € 3.493.396,00 (il minore importo determinato dalla prudenziale riduzione del C.G. e poi dall’avvenuto incasso di alcuni di essi).

Al riguardo il controllo di legittimità non potrebbe che essere riferito alla inesistenza giuridica degli stessi, per mancanza dei loro riscontri documentali; non mai alle effettive e concrete probabilità di incasso dei medesimi, che attiene invece ad una valutazione economica e di merito della fattibilità del piano, che non è più riconoscibile al giudice a seguito della riforma della legge fallimentare, ove tali giudizi sono rimessi esclusivamente ai creditori. Si veda da ultimo Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11.014 del 09/05/2013, ove si chiarisce “Con particolare riguardo al concordato preventivo con cessione dei beni, il controllo di legittimità consiste nella verifica dell’idoneità della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta”.

Sotto tale punto di vista si segnala che, come risulta fino alla relazione ex art. 172 L.F., sottoposta ai creditori prima del voto,. Alle pagine da 26 e successive, alla medesima risulta allegato un prospetto analitico dei crediti ed una loro “scrematura” da nominali oltre € 11.000.000,00 ad € 3.988.000,00 ritenuti recuperabili, e con indicazione della loro composizione.

I creditori hanno dunque avuto modo di valutare tale posta di attivo e la sua fattibilità sulla base della documentazione e delle informazioni ricevute.

Giova notare come le considerazioni contenute nella sentenza della corte n. 820/12, citata dalla reclamante, appaiono superate dalla decisione di legittimità a sezioni unite già sopra richiamata.

Non è però dubbio che anche questa sentenza afferma in modo chiaro come il giudizio di prognosi sulla fattibilità economica del piano – quale appunto quello sulla possibilità di incassare i crediti nei tempi prospettati e di dare soddisfazione ai creditori chirografari nella percentuale indicata – è rimesso esclusivamente alla valutazione dei creditori.

In tal senso si legge in motivazione “Pertanto è altrettanto certo che, proprio in ragione della diversità del ruolo del giudice cui sopra si è fatto cenno, questi non può esercitare un controllo sulla prognosi della realizzabilità dell’attivo nel termini indicati dall’imprenditore, esulando detta prognosi dalla causa del concordato come precedentemente delineata ed essendo la stessa rimessa alla valutazione dei creditori quali diretti interessati, una volta assicurata la corretta trasmissione dei dati ed acquisite le indicazioni del commissario giudiziale, nell’esercizio delle funzioni di controllo e di consulenza da lui svolte nella veste di ausiliario del giudice”.

Trova allora conferma quanto si chiosa nella sentenza di questa corte sopra richiamata, ovvero che “In definitiva i problemi della detta fattibilità sono problemi da sollevare nella fase esecutiva del concordato, in particolare alle iniziative dei creditori circa il rimedio della risoluzione per inadempimento”.

6.3 Né può affermarsi fondatamente che la integrazione non sarebbe migliorativa in quanto darebbe minori garanzie per aver previsto il passaggio immediato della proprietà dell’azienda e delle merci, privando i creditori della garanzia costituita dalle medesime.

Al riguardo lo stesso fallimento ha ammesso che tale rilievo non è riferibile all’azienda, che fin dal piano originario, come in quello integrativo, era previsto che fosse ceduta in proprietà alla cessionaria entro 180 giorni dall’omologa in forza di preliminare, e per la quale l’integrazione indica solo i tempi di pagamento del prezzo di € 1.500.000,00 entro 11 mesi dall’omologa del concordato.

Quanto alla trasformazione del contratto estimatorio relativo al magazzino residuo in vendita immediata con l’azienda e con pagamento entro il 31/12/2015, si rileva come la perdita della proprietà dei beni mobili non importi poi in concreto modifiche sostanziali, ove si consideri, come correttamente rileva il reclamante, che anche in caso di inadempimento al contratto estimatorio i beni, comunque nel possesso della cessionaria, dovrebbero essere recuperati con equivalenti difficoltà pratiche e giuridiche.

Le migliorie inoltre sono palesi in punto di fattibilità della proposta, dato che si riconoscono le riduzioni di attivo proposte dal C.G. in una ottica prudenziale; è stata considerevolmente aumentata la garanzia offerta dalla famiglia _____, soprattutto in relazione ai valori conseguibili dalla vendita dell’immobile aziendale; sono stati contenuti i tempi di acquisizione dell’azienda e del magazzino e di incasso dei crediti. Tutte modifiche che hanno convinto due rilevanti creditori del ceto bancario, come si è visto, e lo stesso C.G., persona di conosciuto rigore ed esperienza nella materia concorsuale, a dare il loro consenso alla proposta.

Mentre va ribadito che le debolezze di tipo economico e relative alla fattibilità concreta del piano non possono essere oggetto di valutazione da parte del giudice.

6.4 Anche se il Tribunale non ha attribuito alcun rilievo di irregolarità o invalidità della proposta per la ribadita clausola di esdebitazione prevista con il passaggio in giudicato della sentenza di omologa del concordato, l’insistenza su di essa della difesa del fallimento impone di spendere alcune considerazioni anche su di essa.

La clausola deve ritenersi ammissibile in quanto, come affermato dal legale della reclamante interpellato espressamente sul punto, si limita a ribadire l’effetto normale della procedura concordataria di limitare la responsabilità del debitore alle percentuali contenute nella proposta, ovvero il 100% dei crediti privilegiati ed il 10,57% dei chirografari ed a liberarlo in caso di adempimento di tali percentuali per i debiti anteriori al concordato. Così disponendo ovviamente il debitore assume su di sé il rischio del mancato adempimento alle percentuali promesse, ovvero quello di risoluzione del concordato.

Né si pone in contrasto con tali rilievi il comma 4 dell’art. 186 L.F., che anzi li rafforza, dato che la inapplicabilità della risoluzione del concordato per inadempimento è prevista esclusivamente per il caso in cui il concordato sia stato assunto da un terzo (concordato con assuntore) e con la clausola di liberazione immediata del debitore. Il che non ricorre nella specie, ove non vi è alcun assuntore degli obblighi concordatari, né si ravvisa una clausola di liberazione del debitore dai suoi obblighi concordatari, come espressamente quantificati.

Converrà notare come prima della riforma l’art. 186 L.F. comma 2 affermava non risolvibile il concordato anche se non veniva soddisfatto il pagamento del 40% dei chirografi, allora previsto come limite minimo per addivenire alla ammissibilità della proposta di concordato.

Al contrario il vigente art. 186 L.F. prevede sia riferibile al concordato la regola generale in materia di risoluzione, senza prevedere la suddetta eccezione in punto di adempimento.

Ne consegue che la esdebitazione, ove prevista per effetto dell’omologazione della proposta, come nella specie, importa l’assunzione a carico del debitore anche del rischio del mancato rilevante adempimento alla proposta; e dunque della eventuale risoluzione in ipotesi di palesata non fattibilità del piano di adempimento della proposta.

Nonostante la suddetta clausola pertanto il debitore è comunque liberato da ogni concreta possibilità di aggressione da parte dei creditori solo dopo che la proposta avrà ricevuto adempimento. Il solo effetto della clausola è di precisare che, una volta omologato il concordato, il debitore non potrà più essere chiamato a rispondere dai creditori concorsuali se non nei limiti delle percentuali promesse. Questo naturalmente solo ove l’accordo sia adempiuto. In ipotesi di risoluzione del concordato per inadempimento invece l’accordo con i creditori viene meno, ovvero perde efficacia, e il debitore sarà nuovamente sottoposto ad eventuali istanze di fallimento e senza potere vantare alcun effetto esdebitatorio riferibile nei modi detti all’accordo medesimo.

7. In accoglimento del proposto reclamo deve dunque essere revocata la sentenza n. 242/13 di fallimento della AAA S.r.l. in liquidazione, emessa dal Tribunale fallimentare di Firenze il 25/9/2013 e depositata il 10/10/2013; e deve pure essere revocato il contestuale decreto di reiezione della omologazione del concordato con cessione dei beni e con temporanea continuità aziendale proposto dalla AAA S.r.l. in liquidazione con istanza depositata in data 11/3/2013 come integrata con la successiva istanza depositata in data 26/7/2013 con pronuncia di sua omologazione e rimessione degli atti al Tribunale fallimentare per l’emissione del provvedimento di cui all’art. 182 L.F.

8. Le spese della AAA S.r.l. in liquidazione, vittoriosa, si pongono a carico dei creditori dissenzienti ed istanti per il fallimento intervenuti nel presente procedimento per sostenere le ragioni del fallimento medesimo, ovvero in via solidale a carico ______________________.

La causa è di valore indeterminabile.

9. Non può essere esaminata in questa sede la domanda relativa alle spese di procedura del fallimento revocato. La domanda, formulata solo in conclusioni e senza che sia supportata da alcuna argomentazione, è infatti del tutto generica e non precisa a quali spese si faccia riferimento, cosicché non è neppure possibile determinare se la reclamante sua ad esse legittimata.

P.Q.M.

Dichiara

Inammissibile la domanda relativa alle spese di procedura del fallimento.

In accoglimento del reclamo proposto

revoca

1)      la sentenza di fallimento della AAA S.r.l. in liquidazione emessa dal Tribunale fallimentare di Firenze il 25/9/2013 e depositata il 10/10/2013;

2)      il contestuale decreto di reiezione della omologazione del concordato con cessione dei beni proposto dalla AAA S.r.l. in liquidazione con istanza depositata in data 11/3/2013 come integrata con la successiva istanza depositata in data 26/7/2013;

e per l’effetto

omologa

il concordato con cessione dei beni e con temporanea continuità aziendale proposto dalla AAA S.r.l. in liquidazione con istanza depositata in data 11/3/2013 come integrata con la successiva istanza depositata in data 26/7/2013;

dispone

trasmettersi gli atti al Tribunale fallimentare per i provvedimenti di cui all’art. 182 L.F.

condanna

___________________________________ in solido tra loro a pagare alla AAA S.r.l. in liquidazione le spese del provvedimento di reclamo (omissis).

Così deciso in Firenze in camera di consiglio il 30/1/2014.

Depositato in Cancelleria il 18/02/2014.

 

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