T. Pisa 28.02 – 04.03.2014 (sul rimedio cautelare applicabile alla restituzione dell’azienda)

(omissis)

Il G.D.

Letto il ricorso proposto nell’interesse della curatela del fallimento;

letti gli atti ed i verbali del procedimento cautelare e della causa di merito;

a scioglimento della riserva espressa in data 27.02.2014;

OSSERVA

In rito va dichiarata la contumacia della resistente la quale, benché citata, non ha provveduto a costituirsi in giudizio.

Deve essere preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. avanzata in via principale dalla curatela del fallimento sulla base del principio di residualità, essendo disponibili i rimedi tipici del sequestro nelle varie forme e, soprattutto, il rimedio disciplinato dall’art. 30 della l. 1978/382 che consente il rilascio dell’immobile con ordinanza costituente titolo esecutivo.

Deve considerarsi inapplicabile, difatti, la disposizione nell’ipotesi in cui, nelle more del giudizio di merito nel quale si richieda la risoluzione di un contratto di affitto d’azienda per mancato pagamento del corrispettivo periodico per l’affitto di azienda, venga richiesta d’urgenza la restituzione degli esercizi commerciali.

Ora, i presupposti per ottenere il provvedimento ex art. 700, secondo la lettera della legge, sono tre: in primo luogo che non esista una misura cautelare tipica atta a tutelare l’accertando diritto; in secondo luogo che tale diritto, nel tempo occorrente per la decisione di merito, subisca un pregiudizio; infine che tale pregiudizio possa considerarsi non solo grave ma anche irreparabile.

Se i presupposti per avvalersi della disposizione in esame sono, come sono, quelli appena richiamati, non sembra che si possa utilizzare l’art. 700 c.p.c. anche nell’oggetto della decisione che si annota.

Parte della dottrina ritiene che il provvedimento d’urgenza debba essere limitato alla tutela dei diritti assoluti, cioè solo di quei diritti che sono suscettibili di subire un pregiudizio “irreparabile”, dove irreparabile sta a significare non suscettibile di reintegrazione in forma specifica.

Dunque, seguendo tale logica interpretativa, il campo di applicazione della disposizione verrebbe ad essere limitato all’oggetto del procedimento di merito (in quanto è il diritto che con tale procedimento si vuol tutelare che ha necessità di essere assicurato nelle more) ed inoltre si dovrebbe escludere la concessione della tutela ex art. 700 sia per i diritti di obbligazione, sia per quelli potestativi.

I primi, come tali, non potrebbero essere mai pregiudicati dalle more del giudizio, salvo poi i riflessi di tale diritto su situazioni sostanziali sottostanti di rilevanza costituzionale o comunque a carattere non strettamente patrimoniale.

Per quanto riguarda i secondi, pregiudicato potrà essere soltanto il conseguimento del bene in seguito all’accoglimento della domanda; in tale caso, però, la tutela per tale pregiudizio può essere ottenuta anche con il tramite di un sequestro giudiziario, senza la necessità di ricorrere al provvedimento ex art. 700 c.p.c.

Nessun problema si pone, invece, per i diritti assoluti, rispetto ai quali la violazione che determina il ricorso alla tutela giurisdizionale si risolve in un impedimento all’esercizio o al godimento del diritto e quindi può determinare, se mantenuta o prolungata per tutta la pendenza del processo, un irreparabile pregiudizio. I casi più significativi sono rappresentati dalla tutela dei diritti della persona, per i quali qualsiasi somma concessa a titolo di risarcimento del danno sarebbe considerata inadeguata a compensare il titolare del pregiudizio subito per il periodo in cui permane la violazione del diritto.

Limitare, però, l’applicabilità dei provvedimenti di urgenza ai soli diritti assoluti, significa non tenere conto dell’intento perseguito dal legislatore con l’introduzione della disposizione e del ruolo che tale norma ha svolto nel tempo.

Deve, infatti, essere considerato che nella prassi non tutte le situazioni sostanziali tutelate con tale provvedimento rientrano nella categoria dei diritti assoluti; sicché tale rimedio viene spesso utilizzato per la tutela di situazioni “impensate ed impensabili” dal legislatore del 1942.

Ci si intende riferire a quei “nuovi” diritti che, nati dal diffondersi della evoluzione di massa e dallo sviluppo tecnologico dei sistemi informativi, non hanno trovato “o l’hanno trovata con il passare del tempo” una adeguata collocazione nel catalogo delle situazioni sostanziali tutelabili di derivazione codicistica.

Il vastissimo impiego del provvedimento d’urgenza trae origine, come già accennato, soprattutto dalla definizione adottata dal legislatore, dal carattere innominato ed atipico di tali provvedimenti, ma anche dal carattere sussidiario e residuale della tutela offerta dalla norma.

Ed è proprio dalla così ampia applicazione della disposizione da parte della giurisprudenza che, con l’intento di estendere la possibilità di avvalersi dei provvedimenti atipici, altri autori sono dell’avviso che non occorre prestare attenzione alla distinzione tra diritti assoluti e diritti relativi quanto piuttosto al fatto che il bene o l’utilità richiesti abbiano o meno la caratteristica della infungibilità: questa caratteristica determinerebbe la impossibilità, per il titolare, di procurarsi un altro bene di mercato in attesa della decisione sul merito.

Non potrebbero, quindi, rimanere esclusi dall’area di utilizzo dell’art. 700 i diritti relativi, sempre che <<il loro oggetto sia determinato o determinabile in modo sufficiente ad individuare il pericolo di irreparabile danno inerente alla durata del giudizio ordinario>>.

Lo stesso ampliamento si è poi verificato anche per quelle situazioni <<che debbono essere definite quali diritti di obbligazione>>; si è così ritenuto che anche un’obbligazione pecuniaria possa essere suscettibile di tutela in via d’urgenza, imponendo al creditore di pagare immediatamente, ove la lesione di quella situazione, per il nesso di strumentalità che la lega ad altre costituzionalmente garantite, <<sia suscettibile di rappresentare un pregiudizio imminente e irreparabile>>.

Esaminata, così, la condizione di irreparabilità del danno, al fine di individuare i limiti di applicabilità della disposizione si rende necessario esaminare l’altro presupposto nominato dalla legge: il provvedimento emesso deve essere quello che, secondo le circostanze, appaia più idoneo ad assicurare gli effetti della decisione sul merito.

Anche sull’ampliamento di tale requisito sono sorte opinioni contrastanti.

Si ritiene, in proposito, che la natura provvisoria e cautelare dei provvedimenti assicurativi ex art. 700 c.p.c. impone normalmente al giudice della cautela di assicurare, e per quanto possibile di disporre, misure a contenuto ed effetti di natura reversibile, o che determinino conseguenze facilmente rimovibili dalla futura sentenza definitiva.

In questo senso, con l’art. 700 c.p.c. si può concedere una tutela provvisoria, che tende ad imporre l’adempimento di obblighi di fare o di non fare la cui legittimità sarà poi oggetto del procedimento ordinario di merito.

Dunque, i provvedimenti d’urgenza assolveranno ad una funzione diversa da quella anticipatoria tutte le volte che vengano invocati per impedire non il pericolo insito nel perdurare della situazione antigiuridica (che sarà oggetto della tutela ordinaria), bensì il pericolo di un mutamento della situazione di fatto e di diritto, che possa ostacolare <<l’effettività pratica del provvedimento finale di merito>>. In questa ultima ipotesi il provvedimento di tutela urgente si discosterà, quindi, nel contenuto e negli effetti, dal provvedimento definitivo di merito e svolgerà rispetto ad esso una funzione tipicamente conservativa.

Nel caso di specie, invece, a fondamento della domanda di cautela atipica è stata posta, unicamente, la crescente morosità della società affittuaria in ordine al pagamento del periodico corrispettivo per l’affitto di azienda, per di più non incidente, almeno, in prospettiva irreversibile sulla sfera patrimoniale e/o sull’immagine della concedente.

Pertanto, una richiesta di tutela di una posizione meramente creditoria e quindi come tale non è suscettibile di subire un pregiudizio irreparabile, se non in linea di fatto ed in queste ipotesi soccorrono altri specifici istituti come il sequestro nel caso di perdita di garanzia del credito oppure nel caso di pregiudizio derivante dal ritardo i provvedimenti anticipatori di cui agli articoli 186 bis e ss. ed il procedimento monitorio ex art. 633 c.p.c.

Ciò posto, l’istanza cautelare in esame si inserisce in una controversia sorta tra le parti del presente giudizio avente ad oggetto l’azione contrattuale di restituzione dell’azienda a seguito del recesso esperito dalla Curatela anche a causa del dedotto inadempimento contrattuale della società affittuaria.

Com’è noto, è opinione consolidata dalla giurisprudenza di merito e di legittimità che anche chi fa valere un’azione contrattuale (ius ad rem) che, se accolta, importi una condanna alla restituzione della cosa, può ricorrere alla misura cautelare in esame. Da tanto consegue che anche la ricorrente, la quale ha esperito l’azione di risoluzione di un rapporto obbligatorio, collegata alla pretesa di ottenere la restituzione del bene, può azionare la tutela prevista dall’art. 670 c.p.c.

Si ritiene, difatti, che si ha controversia sulla proprietà o sul possesso non soltanto quando sia esperita azione di rivendica, ma anche in ipotesi di azioni personali aventi per oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta (Cassazione civile sez. I, 16 novembre 1994, n. 9645) o di controversie dalla cui decisione può scaturire una situazione di condanna alla restituzione o al rilascio di cosa a qualsiasi titolo pervenuta nella disponibilità di altri (Cassazione civile sez. II, 19 ottobre 1993, n. 10333; Cassazione civile sez. II, 28 aprile 1994, n. 4039).

Tra tali azioni rientra sicuramente quella preannunciata nella specie e, cioè, l’azione volta ad ottenere la restituzione dell’azienda a seguito dell’azionato recesso dal contratto di vendita. Conseguentemente deve ritenersi che allo stato vi sia “controversia sulla proprietà e sul possesso” del bene di cui al ricorso e che conseguentemente il ricorso sia ammissibile.

Passando al vaglio diretto della domanda cautelare, è diffusa opinione che il sequestro giudiziario – pur a seguito della entrata in vigore della nuova disciplina uniforme dei procedimenti cautelari (artt. 669-bis e segg. c.p.c.) – abbia dei propri peculiari presupposti, costituiti dalla sussistenza della controversia sulla proprietà o sul possesso e dalla “opportunità di procedere alla custodia o gestione temporanea”, nonché (secondo l’interpretazione più diffusa) del fumus boni iuris. Il secondo presupposto costituisce una particolare forma di periculum in mora, assai più “leggera” del periculum “standard” e consistente nel pericolo anche astratto (cfr. Cassazione civile, sez. III, 12 febbraio 1982 n. 854; Tribunale Taranto, 20 ottobre 1995; Tribunale Bologna, 11 ottobre 1993) che i beni controversi subiscano deterioramenti, alterazioni o sottrazioni nel corso del giudizio di merito nonché nella conseguente necessità di sottrarre i beni stessi alla libera disponibilità del sequestrato, allo scopo di assicurare l’utilità pratica del futuro eventuale provvedimento sul merito.

Nel caso di specie, parte resistente ha dedotto il grave pregiudizio che deriverebbe al fallimento dalla persistenza dell’affittuario nell’azienda senza la corresponsione del pagamento del corrispettivo che già da lungo tempo perdura.

E’ indubbio, allora, che nelle more del giudizio ordinario il comportamento inerte della resistente potrebbe determinare la chiusura dell’azienda la quale verrebbe sottratta alla pretesa restitutoria del ricorrente o quantomeno ne potrebbe alterare l’assetto complessivo.

Quale conseguenza di dette considerazioni deve ordinarsi il sequestro giudiziario dell’azienda di cui in ricorso, con contestuale nomina del custode.

Per quanto attiene l’identificazione del custode si ritiene opportuno nominare la società ricorrente, conferendole poteri di ordinaria amministrazione (con facoltà di avvalersi di ausiliari di sua fiducia), mentre per quanto riguarda gli atti di straordinaria amministrazione Il Custode dovrà richiedere apposita autorizzazione a questo Giudice ex art. 669-duodecies.

La pronuncia sulle corrispondenti spese di giudizio è differita all’esito del procedimento di merito in ragione del combinato disposto degli artt. 669 septies e 669 octies c.p.c.

P.Q.M.

autorizza il sequestro giudiziario dell’azienda per cui è causa;

nomina il curatore del fallimento quale custode giudiziario dell’azienda oggetto del contratto di affitto in oggetto, con gli obblighi di legge.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.

Pisa, 28.02.2014

Il G.D.

Depositato in Cancelleria il 04.03.2014

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